Casa Comune - L'osservatorio della condizione abitativa



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Tricarico: una nuova politica per la casa con al centro un nuovo intervento

Pubblichiamo un estratto dell’intervista che comparirà sul prossimo numero di ANCI Rivista, mensile d’informazione dell’Associazione nazionale dei Comuni d’Italia.

L’emergenza abitativa rappresenta per le aree metropolitane un problema nel problema. Anci Rivista ne ha parlato con l’assessore al Comune di Torino, Roberto Tricarico. Responsabile della Giunta Chiamparino per le Politiche per la casa.

I canoni di locazione incidono sul reddito dei cittadini in modo elevato: quasi la metà dello stipendio se ne va per l’affitto. Quale è la situazione dell’emergenza abitativa a Torino e nella sua area metropolitana?

E’ vero anche a Torino, l’incidenza del canone sul reddito è almeno del 40% con punte fino al 60%. Questo dato è ricavabile dall’indagine che l’osservatorio casa del Comune di Torino conduce da alcuni anni, seguendo l’andamento dei canoni in dieci tra le maggiori agenzie immobiliari della città. Dunque, anche Torino è tra le città a tensione abitativa, un primato che fino a qualche anno fa condividevamo con le grandi città  metropolitane. Invece, emerge sempre di più una situazione che colpisce anche i Comuni più piccoli, quelli con 50 mila abitanti e i capoluogo come Cuneo, Asti e Novara. Quindi è ormai improcrastinabile una nuova politica per la casa che sappia mettere al centro un nuovo intervento pubblico, sia per ridurre i canoni nel mercato privato, attraverso contributi, come già avviene, ed anche con una nuova disciplina del mercato libero, sia attraverso nuovi investimenti nell’edilizia pubblica.

Legge Finanziaria e emergenza casa. Quali le aree di maggiore criticità su cui bisogna agire nell’immediato?

La Finanziaria aveva lo scopo di risanare il debito pubblico e di puntare allo sviluppo. I Comuni ritengono che non ci sia sviluppo senza coesione sociale che è garantita dal soddisfacimento dei bisogni primari tra i quali, accanto alla salute ed al lavoro, c’è soprattutto la casa. Le maggiori criticità consistono nel fatto che al momento non risulterebbe finanziato il contributo all’affitto (bonus casa). Però, sappiamo - almeno in Piemonte è così - che le Regioni stanno tentando di fare la propria parte. In queste settimane è stato approvato in Consiglio regionale un nuovo piano casa che destina 756 milioni di euro per finanziare nuovi 10 mila appartamenti attraverso il recupero ed il risanamento da destinare all’edilizia pubblica. Ma quello che serve è una nuova legge sulla casa.

I comuni sono il termometro più sensibile delle dimensioni di una “nuova questione casa”. Quale ruolo devono svolgere di fronte alle trasformazioni demografiche e sociali della domanda?

Ieri l’edilizia pubblica era uno dei pilastri del welfare che aveva soprattutto come obiettivo dare una casa ai lavoratori che se la guadagnavano attraverso il pagamento dei contributi Gescal. Oggi la casa serve per dare risposte a chi cerca di formare una nuova famiglia, ai giovani che non riescono ad accendere un mutuo per la loro precarietà lavorativa, alle persone anziane che sono sempre più sole. Si tratta di trasformazioni demografiche e sociali che si sentono di più nelle aree metropolitane. Ieri la proprietà era legata più alla possibilità di pagare un muto grazie ad un contratto a tempo determinato che il lavoratore aveva. Per questo motivo, bisognerebbe fare in modo che la precarietà abitativa abbia un sostegno pubblico.

Oltre che dalla riduzione degli affitti l’emergenza abitativa passa anche dall’avvio di operazioni di recupero di vecchi stabili e la costruzione di nuovi insediamenti di edilizia popolare.

Assolutamente, la nuova politica della casa deve intrecciarsi con le nuove politiche urbanistiche e soprattutto far leva sulla fortissima esperienza di tutte le città italiane che hanno saputo puntare in questi anni sulla riqualificazione delle periferie ed il risanamento dei centri storici. L’edilizia pubblica può svolgere un ruolo fondamentale perché incide su tessuti urbani che sono quasi sempre destinati al terziario e riesce a portare risorse per recuperare insediamenti che sono ormai abbandonati al degrado.

Come viene vissuto a Torino il disagio connesso all'immigrazione sia regolare che clandestina,  che il Censis ha definito come un “fattore di rischio”?

A Torino si comincia a percepire che l’immigrazione è una risorsa. Essa diventa sempre più visibile quando si concludono i procedimenti del ricongiungimento familiare, quando all’immigrato si sostituisce la famiglia dell’immigrato. Ovviamente queste persone più di ogni altra scontano il bisogno di una casa. In questo senso abbiamo ancora normative troppo restrittive: basti pensare che in Piemonte uno straniero per accedere all’edilizia pubblica deve dimostrare di essere residente nel nostro territorio da almeno tre anni ed avere un reddito continuativo anche esso da almeno tre anni. Requisiti questi che non tutti, purtroppo, possiedono.

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