FARSI SPAZIO
Arte al Muro 2001 - giovani artisti per luoghi non comuni
a cura di Francesco Bernardelli

12 luoghi nel cuore di una città. 12 situazioni pensate e immaginate nel contesto vivo e pulsante di un'agglomerazione sociale soggetta a spinte, a dinamiche e a tensioni che mettono costantemente in discussione e in ridefinizione il suo statuto, le sue caratteristiche.
Le aree coinvolte, chiamate in causa da progetti molto diversi fra loro, diventano situazioni aperte, episodiche, ma anche effettivamente "rilette" in un contesto, quello metropolitano, che equivale a un territorio ampio tutto da riscoprire.

Le proposte nate e sviluppatesi attorno alla nuova edizione di Arte al Muro non fuoriescono semplicemente dal desiderio di emergere nella sterminata disseminazione di segni, alquanto anonimi, presenti nel paesaggio urbano, quanto piuttosto dall'esigenza di tenere presente le anomalie e le contradditorietà di un modello di città, nell'accezione corrente "post-industriale", alle prese con un'evoluzione rapida, talvolta difficile e contrastata ma indubbiamente sviluppata nel senso di un'effettiva ricerca e reinvenzione a partire da caratteristiche meno visibili.
In questo senso, anche ripartire dal centro non vuole essere un'altezzosa giustificazione della presunta centralità del cuore storico, talvolta visto staticamente come isola-modello (in ottica turistica), bensì come epicentro "abitato" e fruito diversamente ogni giorno dalle fascie più ampie e stratificate di cittadini.
Così, proprio attraverso usi riimmaginati e reinventati, si è voluto dare un insieme di sguardi a luoghi che fossero punti di passaggio e di snodo già in partenza molto differenziati (per caratteristiche proprie e per destinazione d'uso) ma proprio per ciò adottati quale terreno esemplare per incontri e proposte nate tra suggestioni e progetti.
Non si è dunque dinanzi ad un richiamo autoritario alle priorità dell'arte, e nemmeno, al capo opposto, di fronte ad un'operazione interstiziale mimetizzata o relegata al margine, piuttosto ad un momento di rilettura a metà tra il giocoso e l'ironico, pensando a un lavoro in contesti aperti in città. Queste occasioni portano anzi a confrontarsi con gli ingombri della tradizione (storica, architettonica, etc.) senza dover ricorrere alle potenzialità dello "spettacolare" e dell'inaspettato ad ogni costo.
Da ogni proposta emersa si è registrato piuttosto un'esigenza, e un invito anche, a ripartire ognuno dalle proprie esigenze verso scelte e preferenze un po' più libere ed indipendenti, non lasciandosi intimidire dal peso della città "storica", ed evidenziando una serie di letture e di visuali, di tagli della città che fossero patrimonio collettivo emerso e riaperto attraverso spazi "condivisi".


Esposizione o Intervento ?
"L'esposizione non è qualcosa con un fine in sè ma un modo ed un mezzo di lavoro" dice Lars Frogier a proposito di recenti esempi di lavori artistici contestualizzati in spazi pubblici. Non è dichiarazione di poco conto. Spesso, presso molti artisti, si rileva una propensione a pensare e ad attuare lavori che si chiudono in termini legati a un'autoreferenzialità muta, poco disponibile a intrattenere rapporti con i contesti, gli ambienti e i fruitori.
In un certo senso, è all'interno di una sorta di "scoperta" reciproca che si vorrebbe pensare a simili ipotesi di lavoro. Molto lavoro è stato fatto: esempi forti, urtanti, conflittuali sono stati prodotti nel corso di decenni - e un tempo anche le spinte , per così dire, "politiche" hanno avuto una diversa ricaduta sulla società.
Sappiamo però come anche ogni gesto più leggero, invisibile, non possa passare inosservato e neutro.
Emerge così, necessariamente, un'evidenza: pensare al lavoro come a un intervento. L'arco delle possibilità si allarga, la casistica diventa pressochè infinita. Le scelte si responsabilizzano.
Si potrebbe parlare allora di uno "spazio critico" (nel senso più ampio del termine): attraverso il lavoro di confronto di un'attitudine personale con le caratteristiche registrate nell'ambiente circostante, gli artisti coinvolti danno il via alla risultante di un processo fisico, chimico. Gli "attori" seguenti saranno quindi i fruitori. Il lavoro rimane, o meglio, diviene "processo". Non si tratta neanche di operare su vasta scala: o meglio, non sarà necessario. In ogni scelta si rispecchiano la volontà e la capacità di confrontarsi con aspetti e caratteristiche emerse nell'analisi dei luoghi.
Per Arte al Muro 2001 a Torino, già attraverso la scelta dei luoghi in dialogo con i giovani artisti, è offerta una campionatura di lavori differenziati.
Spazi molto frequentati ma soprattutto legati ad esigenze pratiche e a usi specifici quali un grande mercato (Porta Palazzo), alcuni negozi posti in pieno centro (a contatto con la musica e la moda), librerie, musei storici, cinema, e centri culturali offrono situazioni di incontro che di volta in volta sono fruite diversamente. I margini tra dimensione pubblica e privata tendono a essere, in alcuni casi, rimarcati mentre in altri sfumano rapidamente.
In tal senso, è risaputo ormai quanto la sfera del tempo libero e dello shopping diffuso si siano espanse quali forme di comunicazione personale nell'organizzazione del tempo quotidiano e quanto in profondità abbiano scavato nelle abitudini.
Ecco allora emergere il lavoro fotografico ambientale di Carlo Gloria sulle evanescenti figure di passanti o quello di Stefano Bruna sulle caratteristiche fisiche dei luoghi attraversati, proposte che fissano una riflessione circostanziata ed attenta, senza essere invadente.
Marco Callea, in un'installazione che dialoga con i luoghi di passaggio del museo e con la luce naturale che li pervade, opta per una lettura leggera ed ironica, mentre Campana&Foresta lavorano su situazioni concrete in cui suoni, musiche, e voci fungono da veri e propri interventi immateriali ad ampia diffusione pubblica. Snejanka Mihaylova, in una costante attenzione che è lettura e analisi dei contesti architettonici, sociali, ambientali, opera uno spiazzamento delle aspettative suggerite dall'austerità del contesto.
Anche Maria Bruno lavora su uno slittamento di registro scegliendo di operare a stretto contatto con moda e design, territorio quest'ultimo che l'abile capacità di Capitano&Catena trasforma in camera delle meraviglie riattualizzata.
Anche il lavoro progettuale di Marco De Luca sa insinuarsi a sorpresa tra scultura minimal e design, mentre Francesco Sena registra in un'articolata disposizione le impressioni che l'anonima faccia della città lascia sugli osservatori occasionali.
Alessia Zuccarello prosegue una suggestiva analisi sulle forme (auto)rappresentative a stretto contatto con i dispositivi tecnologici, mentre Irene Zorio omaggia lo spazio storicamente e funzionalmente connotato di un museo d'arte antica con un'installazione che unisce scrittura alla scultura.

Il curatore
Francesco Bernardelli