La sociologia delle istituzioni totali e quella dedicata al fenomeno religioso non si sono frequentemente incrociate sul tema della religione in carcere. In particolare, relativamente limitata e recente è la produzione scientifica riguardante la dimensione soggettiva, esperienziale ed interiore della religione nella vita dei carcerati. L’indagine contenuta nel presente volume, ha scelto come proprio specifico obiettivo l’esperienza religiosa dei musulmani nelle prigioni italiane. Nel carcere i musulmani sembrano incontrare la replica esasperata del loro essere in quanto immigrati costretti in uno spazio caratterizzato da regole e da logiche estranee alla loro cultura di provenienza e spesso non facilmente mediabili con la spontaneità del loro comportamento. La religione quindi si presenta al musulmano, che vive una condizione di avvilimento, di sconfitta esistenziale e di mortificazione nell’istituzione totale, come una possibilità di ricostituzione di un’autostima, e come accesso ad una ritrovata esperienza d’ordine nell’organizzazione della vita, oltre che ovviamente ma anche problematicamente come affermazione identitaria. È un percorso difficile e complesso nel quale è possibile riconoscere situazioni che danno dell’immagine del musulmano in Europa una versione irriducibile a quelle proposte dalla secolarizzazione o dalle aggressive semplificazioni dei fondamentalismi.