MOZIONE N. 28
Approvata dal Consiglio Comunale il 22 giugno 1998
OGGETTO: RILANCIO DELLE CAPACITÀ PRODUTTIVE DELLA CITTÀ.
Considerato che:
- dall'inizio degli anni '80 l'area metropolitana torinese è sottoposta ad una sconvolgente
trasformazione del suo sistema produttivo, che ha determinato una drastica riduzione della
manodopera tradizionalmente addetta alla produzione industriale (150.000 posti di lavoro
nell'industria perduti nell'ultimo quindicennio, 170.000 iscritti nelle liste di
disoccupazione), ed ha aperto drammatici vuoti nel tessuto urbano in corrispondenza
dell'abbandono o del trasferimento di vasti complessi industriali di antico insediamento (5
milioni di metri quadri di aree dismesse, in buona parte votate all'abbandono e al
degrado).
Verificato inoltre che:
- tale processo di dissipazione e di disgregazione si è rivelato in buona parte
impermeabile e refrattario ai tradizionali interventi previsti dalle politiche economiche
nazionali e locali, talora confuse e inconcludenti, comunque incapaci di realizzare, anche
parzialmente, quel rilancio, robusto, visibile, reale, di cui Torino (come polo industriale
manifatturiero unico in Europa per cultura sociale, densità di lavoro e proprietà di
esperienza e di saperi) avrebbe vitale necessità;
- si è rivelata illusoria e per molti versi fallimentare, o comunque inadeguata, la scelta,
tradotta nel nuovo PRGC, di tentare una nuova via allo sviluppo di Torino attraverso la
riconversione della sua composizione economica e sociale in senso postindustriale, nella
prospettiva di una più accentuata capacità di attrazione di capitali e di insediamenti
dall'area europea finalizzati prevalentemente all'utilizzazione delle aree dismesse per
importanti quanto vantaggiose operazioni immobiliari; mentre le politiche territoriali fin
qui adottate hanno spesso ottenuto il risultato di incentivare l'emigrazione delle attività
produttive tradizionali al di fuori del territorio urbano, senza peraltro sostituirne la funzione
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occupazionale con altri, equivalenti vettori di sviluppo e di aggregazione.
Tenuto conto, inoltre, che:
- il monopolio naturale Fiat nel campo della produzione di auto sta irreversibilmente
alleggerendo e rarefacendo la propria presenza nell'area torinese (dove ha ridotto ormai ad
un misero 20% la percentuale di unità di prodotto sul totale della propria produzione di
gruppo), nel quadro di un più generale processo di internazionalizzazione produttiva che
coinvolge ormai l'insieme dell'industria automobilistica ma che vede il gruppo Fiat tra gli
interpreti più radicali.
- a considerare con estrema attenzione ciò che è avvenuto proprio in questi giorni in Francia,
dove il gruppo automobilistico Toyota ha realizzato un importante insediamento produttivo
a Valenciennes (in una situazione socio-economica, cioè, analoga a quella torinese, segnata
da una profonda cultura industriale e da una radicata esperienza nel settore), con la
previsione di 2.000 posti di lavoro diretti e di 4.000 indiretti: un inserimento che, in un'area
come quella torinese avrebbe avuto il proprio naturale referente, e avrebbe potuto
scongelare e metter in movimento un potente indotto, con ricadute occupazionali elevate;
- a prendere in seria considerazione gli interessi della Honda o di altre case automobilistiche
estere a creare insediamenti produttivi nel nostro paese, manifestando la disponibilità della
Città a questa eventualità.
- ad attivarsi, anche coinvolgendo tutti i responsabili delle politiche economiche su scala locale (l'intera area della conurbazione torinese), affinché (ridimensionato il ruolo delle concessioni dall'alto, la logica dei risanamenti - o dei risarcimenti - romani, la pratica, sia pur necessaria, delle richieste al governo centrale di concessioni spesso dotate di un contenuto più simbolico che reale) favoriscano, ognuno nell'ambito delle proprie competenze, un rilancio della città a partire dall'opzione, forte e preliminare ad ogni altra considerazione, che Torino può contare sulle proprie forze; che possiede esperienza, saperi, forze di lavoro, competenze professionali, risorse ambientali, una cultura radicata in primo luogo nel suo mondo del lavoro, in sostanza una vocazione che è in primo luogo industriale, che la colloca in una posizione privilegiata per poter competere
nell'area internazionale al fine di attirare sul proprio territorio investimenti, attività
produttive, imprese (in modo particolare automobilistiche) tali da compensare l'emorragia
in corso e da invertire, per lo meno parzialmente, l'attuale tendenza alla
deindustrializzazione;
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- a proporsi l'obiettivo che Torino, da one company town, da città fabbrica a monocultura
Fiat, si trasformi in moderna metropoli capace di ospitare anche un vero e proprio distretto
industriale dell'auto: un territorio capace di catalizzare le attività produttive (oltre che di
ricerca e di sviluppo e di progettazione) di una molteplicità di soggetti industriali
automobilistici di rilievo mondiale;
- ad assumere perciò la concorde decisione di uscire in mare aperto e fare finalmente una
vera politica estera dinamica e spregiudicata, capace di non guardare in faccia nessuno,
di muoversi senza timori reverenziali nei confronti dei tradizionali poteri forti sul piano
cittadino, nella consapevolezza che il pluralismo produttivo, la molteplicità dei
committenti, la diversificazione dei soggetti industriali e finanziari è la condizione per un
assetto produttivo urbano capace di reggere alle sfide della competitività globale;
- a porre in essere tutte le iniziative atte a favorire la localizzazione a Torino di stabilimenti
di altre case automobilistiche, attivandosi a tutti i livelli e facendosi promotrice, a questo
fine, di un fattivo coordinamento fra tutte le rappresentanze sociali e le Amministrazioni
locali interessate;
- ad organizzare entro l'anno 1998 una Conferenza Intercomunale per lo Sviluppo e
l'Occupazione che favorisca il coordinamento tra le Amministrazioni locali, per
l'elaborazione di una strategia congiunta nell'intera area metropolitana torinese. Tale
conferenza TORINO, DISTRETTO INTERNAZIONALE DELL'AUTO, dovrà
caratterizzarsi per la partecipazione di dirigenti di case automobilistiche estere e come
appuntamento ideale per rendere nota la disponibilità della città ad accogliere sul proprio
territorio o su quello dell'area metropolitana nuovi insediamenti produttivi.
Ciò non significa rimanere chiusi nella consolidata monocultura dell'auto ma aprire Torino
alla molteplicità delle attività di produzione e di servizio, oltre i miti e le cattedrali dell'era
fordista senza tuttavia rinunciare alla propria vocazione originaria che va invece usata come
volano per attraversare la transizione verso un nuovo modello di città senza subire il costo di
una devastante crisi di occupazione e di aggregazione sociale. Accanto al potenziamento di
Torino come città capace di ospitare e di integrare nella propria conurbazione un distretto
industriale dell'auto di portata globale, si tratta infatti di attivare le necessarie misure per
permettere l'insediamento, nei vuoti purtroppo crescenti delle aree industriali dismesse, di quei
reticoli di piccole e medie imprese che tutta la pubblicistica scientifica in argomento indica come
tendenza prevalente nel nuovo modello produttivo, e che si rivelano assai più compatibili con gli
assetti urbani delle precedenti concentrazioni di tipo fordista.