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Viaggio nella Sala Rossa

Il cammino ideale si snoda dal 1472, anno in cui la città acquistò una nuova sede, la "domus comunis Taurini", e il Comune si trasferì nell'area in cui sorge il nostro Palazzo di Città, fino ad oggi. Si tratta di un percorso affascinante alla cui conoscenza ha dato, e continua a dare, un contributo significativo l'Archivio Storico della Città di Torino; un percorso le cui tappe più indicative sono rappresentate dall'edificazione dell'attuale nucleo principale, realizzato su progetto di Francesco Lanfranchi nel periodo che va dal 1659 al 1663, e dall'edificazione, nel 1758, di quella che allora venne definita la nuova Sala del Consiglio, fin dall'origine tappezzata di velluto cremisi, e poi definitivamente denominata Sala Rossa.

Essa dal 1848 divenne la sede permanente delle adunanze del Consiglio Comunale, assemblea di origine elettiva, anche se con il diritto di voto riservato ad una esigua minoranza di cittadini e seguì il lungo iter che porterà solo nel 1946 alle prime elezioni veramente democratiche, con il coinvolgimento anche dell'elettorato femminile. Tra il 1880 e il 1882 l'aula subì le sue ultime modifiche, a seguito del fatto che le sedute vennero aperte al pubblico, finendo per assumere l'attuale configurazione.

Dopo tanto tempo si capisce il perché della necessità di un intervento radicale e urgente di restauro strutturale e conservativo, che, grazie alla perizia di ottimi tecnici, ha ridonato alla Sala Rossa, cuore del Palazzo di Città, il suo antico splendore. Così la culla della vita democratica torinese, luogo di storia, ma anche di lavoro quotidiano, viene restituita ai cittadini e ai consiglieri comunali, insieme alla scritta che compare nel cartiglio srotolato nel dipinto collocato nel centro del soffitto: "Ego Sapientia habito in Consilio", auspicio e monito per tutti coloro che entrano, a qualunque titolo, in essa.
Il Presidente del Consiglio Comunale, Mauro Marino

Palazzo Civico di Torino: cinque secoli di storia e arte

Francesco Lanfranchi, disegno progettuale per la facciata del Palazzo di Città, 1695 Era il 1472. Finalmente, l'amministrazione comunale torinese si insediava nell'area in cui ancor oggi sorge il Palazzo Civico. Per secoli il Comune, privo di una sede propria ove si potesse riunire il Consiglio, amministrare la giustizia e conservare le carte, aveva trovato di volta in volta ospitalità presso le residenze di importanti famiglie cittadine o in locali di fortuna. In quell'anno venne acquistato un edificio, e altri ne furono acquisiti in seguito - ancora fino a tutto il Settecento - finché l'intero isolato che si affacciava sull'antica piazza del mercato fu occupato dalla sede comunale.

Costruzioni, rifacimenti, ricostruzioni si susseguirono nel tempo. Il nucleo principale e più antico dell'attuale Palazzo Civico è costituito dall'edificio progettato dall'architetto ducale Francesco Lanfranchi, realizzato tra il 1659 e il 1663: un tipico palazzo nobiliare, caratterizzato dal portico, l'ampio scalone, il ricco salone e il cortile d'onore. Gli interni vennero decorati secondo i dettami barocchi di Emanuele Tesauro, letterato di corte.

Affreschi d'ispirazione storico/mitologica arricchirono il salone centrale; pitture allegoriche, tuttora conservate, abbellirono la Sala delle Congregazioni, posta accanto al salone, ove si svolgevano le riunioni invernali del Consiglio: qui spiccava il grande dipinto dal significato simbolico, allora collocato al centro del soffitto, intitolato "Ego Sapientia habito in Consilio", trasferito poi nella nuova Sala del Consiglio e sostituito da una raffigurazione de "La Fede e la Virtù vincono l'eresia". Nella Sala del Sindaco, posta all'altro lato del salone centrale, le decorazioni pittoriche furono dedicate alla celebrazione del Miracolo dell'Ostia.

Importanti interventi vennero realizzati nel corso del Settecento. In particolare, a partire dal 1756 l'architetto regio Benedetto Alfieri pose mano a un radicale riassetto urbanistico dell'area circostante il Palazzo Civico: l'edificio lanfranchiano venne inserito in una scenografia ordinata e simmetrica, centrata sulla fuga prospettica da piazza Castello. Furono aggiunte due campate per ogni lato della facciata, che, grazie allo stile architettonico adottato, determinarono una saldatura armonica tra il Palazzo Civico e il resto della piazza, e consentirono una più funzionale configurazione degli spazi interni. Nel 1758 venne realizzata, sul lato sud dell'edificio, la nuova Sala del Consiglio, fin dall'origine tappezzata di velluto cremisi, plafonata in legno, corredata di banchi, impreziosita da dorature e altri ornamenti.

Filippo Castelli, progetto di ricostruzione dell'Isola S. Massimo approvato dal Consiglio degli Edili. Facciata verso ponente, 14 aprile 1878

Nel 1788, completate le facciate a nord e a ovest, si chiuse il lungo processo di ampliamento del Palazzo di Città, che occupava ormai l'intero isolato denominato "di San Massimo".

L'edificio ospitava gli uffici comunali e i servizi connessi, quali l'archivio, l'armeria, la spezieria per i poveri, la cappella per i decurioni; ma anche altri uffici come il Vicariato, la Giudicatura, l'Insinuazione, il Magistrato del Consolato, le scuole. Numerosi locali, poi, erano dati in affitto a privati: librai e calzolai, acquavitari e minusieri, speziali e tappezzieri tenevano bottega al piano terreno e molti di loro abitavano i piani superiori; qui risiedevano anche nobili, professionisti, ecclesiastici e funzionari pubblici. Con il periodo francese, però, la crescita demografica della città e la riorganizzazione dell'apparato amministrativo, nonché la scomparsa di antiche magistrature e istituzioni, fecero sì che spazi sempre più ampi dell'edificio fossero destinati agli uffici comunali e ai funzionari cittadini: lentamente scomparvero gli affittuari.

Nell'Ottocento vennero realizzati gli ultimi significativi interventi sul Palazzo, soprattutto sulle decorazioni, gli arredi e la facciata sulla piazza, secondo i canoni del gusto neoclassico. Il principale rifacimento riguardò il salone centrale che fu rivestito di marmi (di qui la denominazione "Sala dei Marmi") e decorato con un monumento equestre del re Vittorio Emanuele I. Anche il portico d'ingresso venne ristrutturato e arricchito con statue di Carlo Alberto e di Vittorio Emanuele II. Tra il 1880 e il 1882 venne modificata la Sala Rossa, anche per rispondere alle nuove esigenze nate con l'unificazione nazionale: cambiava la composizione del Consiglio e le sedute venivano aperte al pubblico. Vennero rifatti e ridistribuiti i banchi destinati ai consiglieri e costruita una tribuna per i giornalisti e i cittadini; con l'occasione, venne sostituita la tappezzeria e fu decorato il soffitto, dando alla Sala l'aspetto che si è conservato fino ai giorni nostri.

La nuova Sala Rossa

La Sala Rossa prima dei lavori Nella primavera del 1999 sono stati eseguiti sondaggi e verifiche delle strutture lignee portanti di copertura della Sala Rossa: il risultato delle indagini ha posto in evidenza un preoccupante quadro di dissesto statico-strutturale riconducibile a fenomeni di degrado del materiale. In particolare, l'intero impalcato, composto da sei travi principali di rovere, appariva soggetto a preoccupanti cedimenti e fessurazioni. Gli abbassamenti lamentati coinvolgevano l'artistico cassettonato vincolato per mezzo di chiodature alla struttura sovrastante, provocando il distacco e la caduta dei fregi di legno, intagliato e dorato, visibili dalla Sala. Era necessario a questo punto un intervento radicale ed urgente di restauro strutturale e conservativo.

Nell'estate seguente sono iniziati i lavori, suddivisi in: impianto elettrico, impianto di termoventilazione, impianto di rilevazione incendio, opere murarie per il recupero delle strutture e di restauro della parte decorata del cassettonato, della grande tela a soffitto e delle tappezzerie in seta. Operando in ambiente di particolare valore artistico e storico, la prima fase dei lavori è consistita in un'accurata protezione degli arredi e degli elementi decorativi presenti nella Sala: scranni, porte e sopraporte, dipinti, lampadari e pavimento in tavolato di legno. Si è poi passati alla costruzione di ponteggi di servizio: due esterni (nel cortile della Griotta, all'interno del Palazzo, e sulla Piazza Palazzo di Città) ed uno interno avente la funzione di puntellamento e protezione. A questo punto, scartata la possibilità di sostituire le travi portanti esistenti che non garantivano più la capacità portante con nuove, a causa della difficoltà di movimentare in spazi ristretti travi di notevole lunghezza (oltre 11 metri), è stato deciso di intervenire direttamente sulle travi degradate con interventi di risanamento e rinforzo.

Dopo un accurato controllo dello stato delle strutture, mediante indagini visive e strumentali attraverso prove resistografiche, si è stilata una mappatura delle parti più degradate sulle quali intervenire. È stata pertanto eseguita un'accurata pulizia e rimozione del legno intaccato fino a raggiungere la tessitura del legno sano, e dopo l'inserimento di ferri d'acciaio sono state ricostruire con resine epossidiche le parti in legno in precedenza asportate.

In seguito sono state compiute piccole perforazioni a distanza stabilita, attraverso le quali è stata iniettata la resina nelle cavità interne alla trave. Lo stesso materiale è stato iniettato nelle diffuse fessurazioni longitudinali. Le travi così rigenerate sono state inoltre rinforzate staticamente per mezzo di piastre d'acciaio (spessore cm 1) e di una doppia trave di legno di larice. Terminate le opere di risanamento e di rinforzo strutturale delle travi, prima della posa della pavimentazione si è provveduto al controllo dei collegamenti metallici fra le travi ed il cassettonato, migliorati per mezzo di nuovi tenditori in cavo d'acciaio inox registrabili.

Dopo la posa di nuovi travetti secondari, è stato posto il piano di calpestio, realizzato con pannelli doppi di lamiera con interposto coibente con funzione di migliorare il comfort acustico e termico della Sala sottostante.

Il restauro del Cassonetto

Particolare di uno dei dodici riquadri del cassonettatto prima del restauroTerminati i lavori edili sulla struttura portante il solaio della Sala, è stato possibile avviare l'opera di restauro del soffitto cassettonato. La stabilità degli elementi decorativi di legno intagliato e dorati era molto precaria: alcuni fregi a ghirlanda che circondavano i rosoni erano quasi completamente staccati e aderivano all'assito soprastante per mezzo di chiodi ormai quasi del tutto sfilati. Le condizioni delle dorature e delle laccature erano gravi, e i danni più evidenti erano stati causati dalla concentrazione in volta di aria molto secca e calda; la pellicola cromatica era in molte zone sollevata ed erano presenti numerose cadute che lasciavano a vista il legno o la preparazione a gesso e colla; diffuse erano le rotture, con perdita di numerosi piccoli frammenti di modellato.

In seguito al cedimento del soffitto cassettonato, vistosamente "spanciato" nella zona centrale, e al naturale ritiro del legno avvenuto con la stagionatura, si erano creati vistosi dissesti: ampie fenditure si erano aperte lungo le linee di assemblaggio tra i vari elementi della decorazione (cornici, ghirlande, rosoni), alcuni dei quali si trovavano in equilibrio precario. Non meno gravi erano i danni provocati da interventi di restauro e di modifica eseguiti in passato, durante i lavori effettuati negli anni '60 per l'impianto di climatizzazione della Sala.

Viste le gravi condizioni della doratura, dopo una prima delicata spolveratura superficiale, si è provveduto al bloccaggio dei numerosi sollevamenti di doratura e laccatura: le scaglie di colore erano, in molti casi, deformate a ricciolo (larghe circa un centimetro ma lunghe fino a 18-20 centimetri), poiché la colla data come fissativo aveva provocato, con il forte calore, una violenta trazione sulla superficie.

Particolare della cornice del cassonettato durante la pulituraÈ stata poi eseguita la verifica degli assemblaggi tra i vari elementi lignei del cassettonato. Sono state ricollocate le ghirlande che, per precauzione, erano state staccate durante i lavori sulla struttura, e ripristinata la funzionalità degli innesti a farfalla originali che trattengono sul retro le due parti che compongono ogni ghirlanda, scolpiti in legno di tiglio. Le fessure presenti tra le tavole dei fondi e, in alcuni casi, quelle tra le cornici, sono state chiuse mediante l'inserimento di sottili listelli in legno frakè.

La disinfestazione con antitarlo non è stata necessaria: soltanto alcuni settori mostravano, infatti, danni provocati dagli insetti, comunque non più attivi, e si è intervenuti localmente. La pulitura, sia delle dorature sia delle laccature, è stata condotta per gradi e ripetuta più volte: i depositi di sporco erano penetrati in profondità e l'alterazione della colla usata come fissativo conferiva alle parti laccate un tono marrone scuro che è risultato poi, dopo la pulitura, un bel giallo dorato.

Per la rimozione dei ritocchi a olio si è dovuti ricorrere a un delicato intervento con bisturi; i numerosi frammenti di fregio mancanti sono stati ricostruiti riprendendo a calco l'impronta dall'originale; le cadute sono state stuccate a livello. Le parti mancanti della laccatura sono state reintegrate con colori a vernice in tono mimetico; sulle dorature, una volta ripristinato lo strato preparatorio, è stato steso il bolo e applicata la foglia d'oro zecchino, brunita con pietra d'agata e patinata, in accordo con i toni originali; le mancanze più piccole e le abrasioni sono state velate con colori per restauro.

I quattro pannelli di fondo dietro ai rosoni, rifatti negli anni Sessanta, sono stati gessati, preparati a bolo e dorati con oro a foglia trattato secondo la tecnica originaria.

"Ego Sapientia Habito in Consilio

La scritta nel soffitto della Sala Rossa"Ego Sapientia habito in Consilio" è la scritta che compare nel cartiglio srotolato da una cascata di angioletti nel cielo dell'allegoria al centro del soffitto della Sala Rossa. La fonte è la Bibbia e l'intento simbolico risulta evidente: il dipinto è organizzato come una pala d'altare, con la metà inferiore riservata ai membri del Consiglio e la metà superiore a Dio; tra i due, qualche esile squarcio di cielo invaso dal palco di nembi che sorregge l'impianto celeste e che, con la luce avvolgente, mette in comunicazione le due zone; su tutto, il cartiglio come suggello. Ispiratore dell'opera fu il letterato Emanuele Tesauro (1591-1675), autore forse il pittore Giovanni Andrea Casella, esponente della folta schiera di artigiani e artisti lombardo-luganesi attivi nel XVII secolo in Italia e oltralpe. Durante i sopralluoghi effettuati per la ristrutturazione della Sala Rossa, è stato possibile esaminare da vicino il grande dipinto (cm 518x317,5) collocato al centro della volta.

Le condizioni della tela si presentavano gravissime: su ampie zone, colore e preparazione erano sollevati a scaglie pericolanti, molte erano già cadute. La tela "spanciava" vistosamente in avanti e presentava evidenti deformazioni, piegature e raggrinzimenti, in corrispondenza dei quali la pellicola pittorica era fratturata.

La tela dopo il restauro In vecchi interventi, nell'intento di fermare la caduta del colore, era stato steso sulla superficie dipinta, a mo' di fissativo, uno strato di colletta animale che, però, riducendosi di volume in fase di asciugatura ha "tirato", strappando il colore e aggravando ulteriormente la situazione. Probabilmente nel corso dello stesso intervento, per limitare la "spanciatura" del dipinto e sostenerne il peso, la tela è stata in più punti incollata al telaio. Le porzioni di tela aggiunte, che modificavano la forma e le misure originali del dipinto, erano in alcuni punti staccate dalla tela di rifodero: i rifacimenti e i ritocchi, ampi e diffusi, erano stati eseguiti su grossolane stuccature piastronate e sollevate.

Esaminando i margini perimetrali si è avuto conferma che il dipinto era stato inserito dall'alto: la modanatura interna della cornice perimetrale, infatti, non è smontabile e si vede chiaramente che il dipinto era stato fissato alla cornice del cassettonato attraverso chiodi infissi da sopra, dal telaio verso la cornice (e non al contrario). La tela era distanziata dalla cornice per circa 8 centimetri, tenuta sollevata da patte metalliche a esse avvitate da sopra sul retro del telaio e sul bordo della cornice: in questa fessura erano state inserite, a suo tempo, le bocchette di aspirazione del vecchio impianto per l'aria condizionata.

Vista generale della telea reintelataLa rimozione del dipinto dalla propria sede ha comportato, pertanto, difficoltà notevoli che hanno richiesto uno studio attento e un intervento ben collaudato. Con una prima leggera pulitura sono stati rimossi i depositi di sporco più superficiali, asportati i collanti stesi a mo' di fissativo, responsabili in molti casi dei sollevamenti di colore, quindi eliminati i ritocchi ultimi e le riverniciature eseguite nell'ultimo intervento. In seguito, sono state scollate le numerose toppe di tela applicate sul retro a chiusura di strappi e lacerazioni avvenute successivamente al primo intervento di rintelo; sono stati rimossi i punti di cucitura che trattenevano il perimetro del dipinto originale alla tela di foderatura.

Consolidata la preparazione e fissato il pigmento, sono state suturate le numerose lacerazioni e il retro del dipinto è stato supportato con una nuova tela in puro lino, tessuta in un unico settore; sono stati poi asportati i vecchi rifacimenti, esclusi quelli più antichi presenti sulle fasce di ampliamento, resi necessari durante lo spostamento dalla Sala Congregazione alla Sala del Consiglio, avvenuto nel Settecento. L'operazione ha consentito il recupero dei toni e dei contrasti originali, riportando in luce le pennellate veloci eseguite talvolta con colore poco diluito, steso in strati sovrapposti a creare vibrazioni e trasparenze cromatiche.

Saggi dipulitura particolare Le numerose cadute di preparazione e colore sono state risistemate con stuccature a gesso e colla di coniglio. La reintegrazione delle parti mancanti è stata condotta nel pieno rispetto dell'originale e tenendo conto delle particolari caratteristiche tecnico-pittoriche dell'autore: le abrasioni più profonde sono state attenuate, gli ampliamenti settecenteschi sono stati schiariti. Il dipinto, riportato così a nuovo splendore, è stato collocato su un telaio in frakè stagionato, costruito sulla sagoma della tela, e fissato con una tecnica particolare, che consente di sostenere in modo omogeneo e bilanciato il peso a soffitto.

Con quest'operazione è stata conclusa la parte più consistente ed impegnativa del restauro, che sarà portata a termine nei prossimi mesi con il ripristino delle due porte in legno, della boiserie, della tribuna di accoglienza per il pubblico e la stampa ed il palco.