Interventi |
FERRERO Viviana Grazie, Presidente, Consiglieri e Consigliere. Dopo la presentazione del collega Carretto, io volevo aggiungere qualche elemento di riflessione proprio sui beni comuni. Le strade sono di tutti, ma non le sentiamo nostre, anche le piazze e i giardini sono nostri, ma perdiamo il senso di proprietà, perché chiusi nell'immagine privata dell'orticello del nostro pezzo di terra, in qualche modo, recintato del nostro appartamento con la porta blindata, il mio ha eroso il senso del nostro che è una misura infinitamente più grande. Viviamo in una radicalizzazione del neoliberismo che si legittima con la crisi che agisce nella precarizzazione del lavoro, nella privatizzazione dei beni in un sistema sempre in emergenza; al neoliberalismo va contrapposta l'economia informale dei beni comuni e questo è proprio una visione, una visione politica. Fu proprio una donna, un'economista statunitense Elinor Ostrom, prima donna Premio Nobel per l'economia nel 2009, che consegnò alle Amministrazioni il compito di rendere il bene comune un protagonista delle comunità e delle relazioni tra i cittadini e nel 1986 di nuovo un'altra donna Carol Rose sulla base degli studi di Hardin e Ostrom affermò che il libero accesso a determinati beni non solo non ne comporta il depauperamento e la distruzione, ma produce benefici economici e sociali sull'intera collettività. L'Italia è un Paese che già nella Costituzione non si prefigura come un Paese neoliberista, abbiamo 3 articoli della Costituzione, adesso io non vorrei citarli per non essere troppo lunga nella narrazione, comunque abbiamo l'articolo 3, l'articolo 43 che dà un breve cenno proprio al fatto che oltre agli Enti pubblici si debba dare anche, affidare anche alle comunità di lavoratori e utenti, quindi ci sono degli accenni anche all'articolo 118. Ecco, quella che noi vogliamo, secondo me, oggi portare avanti è un'idea, secondo me, rivoluzionaria perché significa riconoscere che quando i cittadini si attivano non sono utenti o amministrati, ma soggetti responsabili e solidali che in piena autonomia collaborano con l'Amministrazione nel perseguimento dell'interesse generale della cura dei beni comuni. Questi articoli li possiamo solo sviluppare negli usi collettivi, nell'autogoverno della cosa pubblica da parte di determinate comunità che dovranno necessariamente però utilizzare i quattro principi fondamentali degli usi collettivi, che sono l'accessibilità, l'inclusività, l'imparziabilità e la fruibilità. Lo stesso Stefano Rodotà scriveva che è necessario sprigionare le potenzialità di cui ciascun bene è portatore e l'Amministrazione Comunale non poteva non tenere conto dell'eccezionale fioritura culturale che Assemblea Cavallerizza 14/45 ha rappresentato. Ritornando su Cavallerizza Reale cosa vi è di più di aggregativo dell'arte e più veloce della condivisione come forma di cultura diffusa? Torino sta avviando un processo culturale che si concretizza nell'attivazione di cittadini che non si comportano più come semplici supplenti, che invece rimediano le inefficienze proprio strutturali delle Amministrazioni, buchi di bilancio, agli sprechi connaturati, con l'auto recupero, con la banca del tempo, come il dono delle competenze dello sviluppo della socialità, esperienze queste che fanno da volano ad altre esperienze e possono ricostruire il nostro Paese. L'Italia dei beni comuni è il contrario esatto di quell'Italia che, come diceva Guicciardini, pensa solo al proprio particolare, cioè ai fatti propri, convinta che ci si possa salvare da soli saltando sul carro e portando via qualcosa. FERRERO Viviana Grazie, velocissima. I beni comuni quindi possono essere veramente vettore di cambiamento, un cambio di passo e di paradigma, possono essere l'unico veicolo a superamento dell'apatia politica che devasta questo Paese, possono ancora generale socialità condivisa e creare comunità. Partiamo dai beni comuni, dall'uso civico, per ricreare comunità che si riconoscono nell'avere cura di un luogo. Grazie, Presidente. |