Una manifestazione per convincere il Governo a firmare il trattato contro le armi nucleari

Convocato dalla rete “Italia ripensaci”, questa mattina davanti a Palazzo Civico si è svolto un sit-in per ricordare l’entrata in vigore del Trattato per la proibizione delle armi nucleari (TPNW) e sollecitare #Governo e #Parlamento del nostro Paese alla firma del trattato. L’Italia, infatti, nonostante abbia partecipato alla conferenza delle Nazioni Unite del 2017 che ha redatto il documento, non è fra gli oltre cinquanta Paesi che l’hanno sottoscritto. Il TPNW proibisce specificamente l’uso, lo sviluppo, i test, la produzione, la fabbricazione, l’acquisizione, il possesso, l’immagazzinamento, il trasferimento, l’installazione o il dispiegamento di armi nucleari. I Paesi che hanno partecipato alla conferenza del 2017 sono stati 129 oltre a 7 organizzazioni internazionali quali l’Unione Europea e la Croce Rossa Internazionale, oltre a numerose organizzazioni non governative. Alla votazione finale del trattato, il 7 luglio 2017, hanno partecipato 124 paesi, con 122 voti a favore, un voto di astensione (Singapore) e un voto contrario (Olanda). La manifestazione di oggi, alla quale hanno partecipato in rappresentanza del Consiglio comunale il presidente Francesco Sicari e il vicepresidente vicario Enzo Lavolta, replicata in diverse città italiane, aveva anche lo scopo di ricordare che l’Italia può ancora apporre la propria firma a ratifica del trattato. Un’adesione necessaria per Sicari, che rilancia: “E’ necessario mettere la parola fine a questa incresciosa situazione che vede il nostro Paese non ancora schierato dalla parte di coloro che chiedono il definitivo ripudio delle armi nucleari“. “Il rammarico maggiore – gli fa eco Lavolta – è vedere che il nostro Paese non ha ancora deciso quale ruolo e quale posizione assumere in questa storia. Noi abbiamo già deciso e siamo dalla parte giusta, quella che ha deciso, approvando all’unanimità in Consiglio comunale una mia mozione nel 2017, di stare dalla parte di chiede, propone e vuole il disarmo“.
Marcello Longhin