Criminali di guerra tra fascismo e Repubblica Italiana

Complice forse la giornata prefestiva segnata da calde temperature estive, l’incontro di sabato 21 aprile al ‘Polo del 900’ tra Davide Conti e i lettori non ha registrato l’affluenza che la materia trattata dallo storico avrebbe meritato. Al di là del titolo ‘pop’ attribuito dall’editore Einaudi – Gli uomini di Mussolini – non è complesso avvicinarsi ai contenuti del volume leggendone invece il sottotitolo: ‘Prefetti, questori e criminali di guerra dal fascismo alla Repubblica Italiana’.
L’esperto archivista introduce il suo testo ricordando il dipanarsi di una vicenda nascosta nelle pieghe della storia italiana del Novecento. Con un’indagine sui destini, le carriere, le funzioni svolte dai ‘presunti’ (in quanto mai processati e non ascrivibili alla categoria dei ‘colpevoli’) criminali di guerra nella Repubblica democratica e antifascista sorta nell’ormai lontano 1946. Ironia della sorte, la gran parte di loro venne accusata, al termine del conflitto bellico, da Jugoslavia, Grecia, Albania, Francia e dagli angloamericani per crimini di guerra. Nessuno fu mai processato in Italia o epurato. Nessuno fu mai estradato all’estero o giudicato da tribunali internazionali. Tutti furono reinseriti negli apparati dello Stato postfascista con ruoli di primo piano, divenendo questori, prefetti, capi dei servizi segreti, deputati e ministri della neonata Repubblica.
Conti si è servito dell’escamotage narrativo strutturando la sua opera in venti biografie postbelliche ricostruendo le funzioni svolte nel dopoguerra dagli ispettori di polizia Ettore Messana e Ciro Verdiana; dal colonnello dei carabinieri Ugo Luca; dai generali Giovanni Messe, Taddeo Orlando, Adolfo Infante, Gastone Giambara e Pirzio Biroli; dai prefetti Giovanni Ravalli e Temistocle Testa; dal capo della squadra mobile di Roma, Rosario Varranco; dal ministro Achille Marazza e da Giuseppe Pièche sino al generale Mario Roatta. Tutti personaggi che avevano ricoperto ruoli e funzioni centrali nell’apparato repressivo fascista o ai vertici del regio esercito vennero scelti dai governi della Repubblica nel quadro della ricostruzione dei servizi di sicurezza e dei dispositivi per il controllo dell’ordine pubblico caratterizzati dal nuovo contesto geopolitico della Guerra fredda.
La continuità e la mancanza di una rottura con il passato è lampante leggendo in particolare l’ultima biografia del volume centrata su Giuseppe Pièche, uomo di fiducia di Mussolini e poi di Mario Scelba, primo ministro della Repubblica negli anni Cinquanta.
La ricostruzione storica, spiega Conti, è un vettore unico per analizzare e ripercorrere alcuni dei principali eventi del dopoguerra italiano che segnarono gli anni della transizione alla democrazia: le tensioni filomonarchiche dopo il referendum del 2 giugno ’46; la strage di Portella della Ginestra e il caso del bandito Giuliano; la riorganizzazione degli apparati di forza dello Stato in chiave anticomunista negli anni duri della Guerra fredda (1947-55) e la nascita di strutture pubbliche e gruppi privati i cui membri saranno coinvolti in progetti eversivi, quali il golpe ‘Borghese’ del 1970 o il golpe bianco di Edgardo Sogno del 1974.
A fianco di Bruno Segre, Chiara Acciarini e Fulvio Grandinetti, per la Città di Torino è intervenuta la Consigliera comunale Marina Pollicino: “Lo scarto inerziale tra identità e realtà nella piena applicazione della nostra costituzione risiede ancora tenacemente nelle deviazioni, negli equivoci, nelle omissioni, che hanno condizionato la nostra vita democratica anche in tempi recenti; ricostruire tali percorsi e trattenere una corretta memoria è un impegno a cui non possiamo sottrarci” ha commentato la rappresentante dell’Amministrazione civica. E a testimonianza del personale interesse sul dibattito ha aggiunto: “Quello della transizione italiana dal fascismo alla democrazia è un tema che ha sempre provocato in me un senso di inquietudine, basato sulla riflessione che quel passaggio si innestava su un ventennio in cui un regime totalitario e antidemocratico aveva pervaso tutti gli aspetti della vita del nostro Paese, e nei quali la connivenza con il regime era il requisito indispensabile per l’avanzamento di carriera”.

Nelle foto: In alto, la Consigliera comunale Pollicino durante la presentazione del volume di Conti; più in basso, Bruno Segre dell’Anppia (Associazione nazionale perseguitati politici italiani antifascisti), l’associazione organizzatrice dell’iniziativa.

(Roberto Tartara)