I duecento anni di solidarietà dell’Opera Barolo

Era una domenica primaverile del 1814. La marchesa Giulia di Barolo riportò nelle ‘Memorie delle carceri’ cosa vide vicino alla Consolata quel giorno: una prigione con donne a malapena vestite rinchiuse in piccole celle sovraffollate costrette a dormire su pagliericci che ricevevano aria e luce da minuti abbaini. Diede loro qualche moneta su cui si gettarono per contendersi ciò che sarebbe servito a procurarsi un liquore che le aiutasse a offuscare la ragione. Dopo nove anni fondò con Tancredi di Barolo il Rifugio per le donne in difficoltà in via Cottolengo portando a Torino quanto di meglio la coppia aveva conosciuto in Inghilterra, Francia e Svizzera nel campo della prevenzione sociale e dell’educazione. In duecento anni il Rifugio è diventato il Distretto sociale Barolo, la cittadella che preserva l’intuizione originaria sostenendo le donne in difficoltà, i giovani fragili, i detenuti, i migranti e gli emarginati. Oggi si estende lungo diciannovemila mila metri quadrati di superficie e undicimila metri quadrati di cortili con diciassette organizzazioni impegnate nel sociale, fornendo sostegno in varie forme a quindicimila persone e milleduecento famiglie.

Tra gli appuntamenti organizzati in occasione del bicentenario, Palazzo civico ha ospitato oggi un convegno incentrato sul tema delle donne private della libertà, iniziativa del Consiglio comunale di Torino e dell’Opera Barolo introdotta dalla presidente del Consiglio comunale e da Anna Maria Poggi. Maria Grazia Grippo ha evidenziato l’importanza del tema per l’assemblea elettiva di Palazzo civico dimostrato anche da azioni simboliche come l’aggiornamento della denominazione della Commissione Legalità, ora comprensiva della dicitura ‘diritti delle persone private della libertà personale’. L’alto numero di suicidi che ha totalizzato 83 casi lo scorso anno – ha concluso – è la dimostrazione delle criticità presenti nel sistema carcerario ma occorre dimostrare – ciascuno nel proprio ruolo – che il sistema esiste e può fare la differenza. Dopo l’intervento di Arturo Soprano dell’Opera Barolo e di Anna Bello del Tribunale di sorveglianza di Torino, la Garante delle persone private della libertà personale di Torino Maria Cristina Gallo ha tratteggiato un risvolto personale ricordando la passione della detenzione femminile nata alla fine degli anni Novanta nella sezione femminile del Lorusso e Cutugno quando costituì un laboratorio per le detenute “incolumi” che non potevano convivere con le detenute comuni: “Lo chiamammo fumne provando a riattivare interessi sopiti con piccoli lavori di artigianato: ricordo la gioia di una carcerata che divenne simbolo del gruppo quando riuscì a tessere una sciarpa. Poco tempo dopo quell’esperienza i miei primi interlocutori disponibili furono proprio Marocco e Soprano dell’Opera Barolo che mi accolsero forse comprendendo la passione per i diritti dei reclusi”.

Il convegno moderato dalla giornalista Marina Lomunno è proseguitò con la testimonianza di una detenuta ora in affidamento in prova con un tirocinio lavorativo e libera da pochi giorni che ha ringraziato il Consiglio comunale di Torino per la disponibilità all’ascolto. Un secondo gruppo di relatori formato da Wally Falchi, Marzia Sica e Paola Fuggetta ha preceduto le conclusioni dell’assessora della Città delegata ai rapporti con il sistema carcerario. Gianna Pentenero ha ricordato l’azione della giunta soffermandosi sull’apertura dello Sportello Dimittendi di cui CittAgorà nei giorni scorsi ha ricordato la nascita nel corso della presentazione in Commissione Legalità presieduta da Luca Pidello, presente ai lavori del convegno. L’articolo di CittAgorà dedicato allo sportello è consultabile al link: http://www.comune.torino.it/cittagora/altre-notizie/sportello-dimittendi-un-ponte-tra-il-carcere-e-il-ritorno-alla-vita-fuori.html

(Roberto Tartara)