“La Veja” cent’anni di Alpini a Torino

Il labaro della sezione torinese dell'ANA
Nella foto, da sinistra: l’assessore Marco Giusta, il generale Salvatore Cuoci, il presidente del Consiglio comunale Francesco Sicari, il vicepresidente nazionale ANA Mauro Buttigliero e il presidente de La Veja Guido Vercellino

Grande raduno di alpini, questa mattina in via Lagrange di fronte al numero 7, per la cerimonia di scoprimento della targa che ricorda il centenario della fondazione de “La Veja”, la prima sezione italiana dell’Associazione Nazionale Alpini (ANA). Alla cerimonia erano presenti: il presidente del Consiglio comunale Francesco Sicari, l’assessore Marco Alessandro Giusta, il presidente della sezione torinese dell’ANA Guido Vercellino, il vicepresidente nazionale ANA Mauro Buttigliero, il consigliere regionale Maurizio Marrone, il Comandante per la Formazione e Scuola di Applicazione dell’Esercito Salvatore Cuoci, il giornalista Michele Ruggiero cui è spettato il compito di ripercorrere la storia de La Veja. Come hanno ricordato molti degli intervenuti alla cerimonia, il 6 febbraio del 1920 un gruppo di ufficiali degli alpini, riuniti presso l’allora circolo ufficiali di via Lagrange 7, diede vita alla prima sezione distaccata dell’Associazione nazionale Alpini, nata nel luglio dell’anno precedente a Milano. “Da quella data in poi, gli alpini de La Veja non hanno mai smesso di intervenire per il bene del territorio – ricorda un emozionato Vercellino – adoperandosi in favore della popolazione civile ogni qual volta un’emergenza ne abbia richiesto il contributo”.

Una folta rappresentanza di sindaci del Piemonte, ha partecipato alla cerimonia

“E’ importante che la memoria di quanto hanno fatto le ‘penne nere’ della sezione torinese non vada perduta – ha sottolineato Sicari nel suo saluto – ed è anche per questo motivo che la Città ha sostenuto con forza la richiesta di quella targa che oggi andiamo a scoprire”. “Gli alpini furono forse la prima associazione realmente interclassista dell’Italia del ‘900, nata dopo il trauma collettivo della Grande Guerra, un’associazione che raccoglie reclute e generali, il vecio e il bocia, il laureato e chi non era andato oltre la terza elementare”, ha ricordato Giusta. “Un modello, popolare nel senso più positivo del termine, che dovrebbe essere preso ad esempio anche oggi – ha concluso l’assessore – in un mondo in cui ci si raggruppa per classe sociale, per grado d’istruzione, per etnia e per religione, diffidando degli altri”.

Marcello Longhin