Il Consiglio discute la delibera di revisione delle partecipazioni aziendali

A sinistra: l'assessore Rolando durante la discussione degli emendamenti alla delibera

La delibera di revisione straordinaria delle partecipazioni della Città di Torino, con la ricognizione delle partecipazioni societarie della Città, predisposta dalla Sindaca, Chiara Appendino, e dall’Assessore al bilancio, Sergio Rolando, è stata discussa durante l’odierna seduta del Consiglio comunale, ancora in corso. La votazione della delibera è prevista al termine della discussione e votazione di numerosi emendamenti presentati dall’opposizione.
Sono 21 le società di cui la Città, possiede quote in modo diretto e 24 quelle partecipate in modo indiretto, per il tramite di Finanziaria Città di Torino, Gtt e FSU (che detiene il 33,3% del capitale sottoscritto e versato di Iren spa).
Alcune di esse, come Virtual reality media park, Atm, Pra Catinat S.c.p.a., CSEA sono escluse dai procedimenti avviati con questo atto perché già in via di liquidazione.
Tra le società di cui si intende procedere alla razionalizzazione o alla liquidazione figurano gli incubatori d’impresa 2I3T e I3P, il Cei Piemonte, Environment Park, Finpiemonte s.p.a, Ipla e Caat (per il Centro agroalimentare torinese è prevista la dismissione del 5% delle quote di partecipazione sul totale del 92.96%).

Tra le società oggetto della delibera detenute indirettamente per il tramite di Finanziaria Città di Torino Holding S.p.a., figurano: Sagat, Fsu s.r.l., Finpiemonte partecipazioni, Finanziaria Centrale del Latte, Agenzia di Pollenzo s.p.a., Banca Popolare Etica s.c.p.a. e Autostrada Albenga Garessio Ceva.
L’atto conferma il mantenimento delle partecipazioni in: 5Tsrl; CCT srl; Farmacie comunali Torino spa, Fct Holding spa, Trm spa, Afc Torino spa, Soris spa e Infra.To srl, e in quelle detenute indirettamente (da Fct holding), Tne spa e Gtt spa.

Ecco la sintesi del dibattito che ha preceduto l’esame e la votazione, tuttora in corso, dei 101 emendamenti:

 Stefano Lo Russo (PD): Avremmo voluto come Pd che l’Amministrazione non ci facesse discutere a scatola chiusa. Invece si è scelta una procedura d’urgenza. La delibera non è condivisibile sotto molti profili. Uno riguarda la dismissione della Sagat, sbagliata perché non esiste un acquirente che non sia l’attuale proprietario del rimanente pacchetto azionario. Senza competizione di mercato quel che fate è vendere al ribasso le quote. Quando fu dismessa una quota del pacchetto azionario di Sagat si scelse di mantenere una quota per poter mantenere nel CDA un rappresentante della città di Torino ed è evidente che questo ha anche una valenza simbolica. Caso unico in Italia vendiamo una società sana che dà alla Città dividendi annuali. L’operazione è in perdita sotto tutti i punti di vista. Quanto incassiamo? non lo sapete? Perché non avete calcolato il dividendo che oggi frutta?

Una veduta di repertorio di Palazzo Civico (con allestimento di Luci d’Artista)

E sul Caat: la delibera prevede la cessione di almeno il 5%. Significa vendere il 6%, il 50%, o il 90%, ce lo dite? Ho dei dubbi sulla legittimità di una delibera con questa indeterminatezza. Noi abbiamo invertito il trend di debito della Città facendo importanti dismissioni ma abbiamo operato alla luce del sole.

Roberto Rosso (Direzione Italia): sono a favore delle privatizzazioni ma del Caat viene venduto almeno il 5% senza maggiori chiarimenti. Se perdiamo il controllo della società, si abbia il coraggio di vendere il 100%, se no sembra che si faccia qualcosa di sporco a favore di qualcuno. E anche su Sagat non vedo perché tenere azioni, dato che non si ha il controllo della società, si venda ma almeno si fissi un prezzo minimo di vendita.

Piero Fassino (PD): L’aeroporto di una città che continua a incrementare il numero dei turisti è una struttura strategica per lo sviluppo: non si può uscire da Sagat. Anche la Città di Milano è socia dell’aeroporto locale, così come accade a Venezia. È un grave errore uscire da Sagat.
Dovete poi valutare la situazione ereditata negli ultimi cinque anni: il trend di debito e derivati è positivo, così come quello della diminuzione delle spese del personale. E ricordatevi anche dell’eredità positiva di Iren.

Maria Grazia Grippo (PD): Da mesi cerco di affrontare in maniera strutturale il problema del Caat, ma questa Amministrazione è sempre stata sfuggente. Gli operatori sono disorientati e si rischia di fare perdere valore a una società che si sta impegnando per risanare i conti. Dovete prendere delle decisioni: non ci si può rifugiare dietro la legge Madia.

Osvaldo Napoli (Forza Italia): Nessuno parla di quello che il sindaco ha annunciato in questi giorni, dei tagli per 80 milioni, del piano di risanamento concordato con la Corte dei Conti, mai visto un sindaco andare alla Corte dei Conti per chiedere consigli. E’ una novità, però annunciamolo perché cambia il rapporto. E’ evidente che il taglio è per risanare il bilancio. Come avvenuto per la linea 2 della metropolitana, il sindaco convochi un tavolo istituzionale, con tutte le forze politiche, i parlamentari piemontesi per organizzare una lobby del territorio, e suscitare tutte le energie necessarie per risolvere i problemi del bilancio del Comune e delle partecipate. Non può essere solo una questione legata solo alla maggioranza.

Antonio Fornari (M5): Il Comune di Torino ha alcune partecipate assurde che la delibera di oggi vuole razionalizzare, come l’autostrada Garessio Ceva, i cui lavori non sono mai iniziati. Il debito di Torino non è calato, è stato solo spostato, negli anni il debito dei torinesi è aumentato. Avete lasciato il Comune con un deficit strutturale avendo speso più di quelle che erano le entrate. Il 10% di Sagat non è strategico, le competenze degli aeroporti sono in capo alle Regioni, mi auguro che la Regione acquisti il 10% di Sagat in modo che abbia una visione politica di più larga scala sugli aeroporti. Il Caat non viene considerato tra i servizi pubblici di interesse generale. Inserirlo nella delibera è corretto da un punto di vista normativo. Cerchiamo soggetti interessati al Caat e vediamo poi se conviene cederla. Concentriamoci su quali siano i servizi ai cittadini che devono essere garantiti in modo efficiente ed efficace.

Francesco Tresso (Lista civica per Torino): Contesto la mentalità del fare il compitino, di adempiere pedestremente agli obblighi di legge. Non stiamo parlando di un servizio, ma di una questione di prospettiva molto più ampia, purtroppo mancante. I conti sono in sofferenza da anni, ma ora diteci in modo concreto come porre rimedio, perché da questa delibera non è per nulla chiaro. Esiste una questione di fondo; razionalizzare le quote delle società partecipate ha un senso se l’acquirente potrà avere un ruolo di maggioranza, viceversa non esiste un interesse effettivo da parte di investitori non in grado di assumere il controllo dell’azienda. Oltretutto sono spesso società che non hanno un valore patrimoniale, in molti casi il valore tecnologico e di innovazione sono il riferimento effettivo. E se rispettiamo la legge Madia, di fatto svuotiamo il valore pubblico di queste aziende. Occorrerebbe una capacità maggiore di elaborazione. Ad esempio, come hanno fatto altre amministrazioni grilline, altrove sono state incorporate società del comparto innovativo, ma all’amministrazione mancano le idee e la creatività per sviluppare operazioni creative. E’ questo il punto, mi aspettavo un’operazione con caratteristiche diverse, di valore prospettico. Perché l’atto che stiamo andando a votare non offre traguardi, mancano le strategie future. E’ una delusione.

Chiara Giacosa (M5S): Le minoranze sembrano non essersi rese conto del nostro operato: in realtà, ci stiamo facendo una testa così per trovare i soldi e far andare avanti la città. Qualcuno sembra essersi dimenticato di come la Corte dei Conti ha certificato l’esercizio del 2015, attribuendo un deficit strutturale ai conti del bilancio comunale. Ma non solo, oggi qualcuno della minoranza parla addirittura di bilancio risanato negli ultimi anni. Nessuno adesso si deve permettere di accusarci di fare quello che altri hanno fatto prima di noi. Chi ci accusa oggi di distruggere Torino, dovrebbe avere l’onestà intellettuale di parlare ai cittadini di Torino spiegando cosa è stato fatto in passato e quello che, invece, non è stato fatto.

 Fabrizio Sicari (M5S): Il consigliere Sicari ha introdotto il suo intervento dicendo che nell’aula del Consiglio comunale ha posto molte domande ma in risposta c’è sempre stato il silenzio. Ha proseguito che ci sono state, dalla minoranza, parole ma non fatti tangibili. Così come negli emendamenti portati dai Consiglieri di opposizione si trovano solo contenuti politici e non considerazioni legate alla realtà dei fatti. Sicari ha chiesto di chiarire tutto il trend delle partecipate
o conoscere quale eredità ha trovato il Consigliere Fassino. Sicari ha infine concluso rivolgendosi alla minoranza chiedendo un apporto costruttivo.

Cataldo Curatella (M5S): La discussione non è sulle interviste o dichiarazioni sui giornali –  ha detto aprendo il suo intervento il Consigliere Curatella – mentre dovrebbe essere sulla delibera. Allora se si parla delle dichiarazioni sui giornali, ha proseguito il consigliere, parliamo anche della passata Amministrazione e quindi di Trm e Gtt. La Corte dei Conti è stata chiara nel febbraio 2017, e cioè, ha ricordato Curatella, di cedere le partecipazioni per le aziende non essenziali alla Città. Curatella ha ricordato ancora, citando la Corte dei Conti del giugno 2017, del debito strutturale del 2015 della scorsa Amministrazione che era oltre il 150% delle entrate correnti. Curatella ha concluso dichiarando che il debito è stato nascosto, prima dell’attuale Amministrazione, con i mancati pagamenti a Gtt e Infra.To.

Enzo Lavolta (PD): Da nessuna c’è scritto che si sta procedendo alle dismissioni per fare cassa. Solo l’assessore Rolando dice che lo fa perché lo chiede la Legge Madia. Voglio allora fare il punto su una di queste società, riservandomi poi ulteriori interventi in fase di discussione degli emendamenti. I centri agroalimentari come il CAAT sono infrastrutture strategiche istituiti da una legge speciale del 1986 per coniugare mercato all’ingrosso e logistica e comportavano che la società a partecipazione pubblica accendesse un mutuo, contando su una struttura di ricavi sostanzialmente rigida. Oggi, completata la restituzione del mutuo, il CAAT di Torino è una società che raggiunge per il 2016 un risultato d’esercizio pari a 112.369 euro, con un utile di 45.233 euro. Un fatturato medio nell’ultimo triennio di 7,5 milioni di euro e un unico debito residuo di 4 milioni di euro a fronte dei 30 iniziali del mutuo e buona liquidità di cassa. E’ una società dal patrimonio immobiliare imponente con un’area di espansione caratterizzata da elevato potere edificatore. Di tutto questo non c’è traccia nella delibera. Perché allora andare via da questa società, quando la legge non lo impone? Vale la pena tenerla perché offre un servizio pubblico a gestione diretta che garantisce alla collettività il libero svolgimento della concorrenza, la riduzione del costo di distribuzione dei prodotti, la più ampia informazione alimentare e commerciale. La struttura pubblica permette alle parti sociali la possibilità di operare a canoni e tariffe calmierati con un delicato equilibrio garantito proprio dalla componente pubblica. Come non ravvisare allora l’interesse pubblico verso questa società?

Alberto Morano (Lista civica Morano): Mi sembra che questa delibera, sotto il finto richiamo alla legge Madia, sia di fatto l’ennesima espressione della mancanza di una strategia e di una visione d’insieme da parte della maggioranza e della Giunta. Tutto per vendere partecipazioni “pulviscolari” che non hanno mercato. Un processo complesso con la messa in campo dell’advisor più bravo del mondo non serviranno a trovare un compratore. E comunque il prezzo sarà fatto dall’acquirente, non sulla base di una valutazione teorica. Perché, cosa può valere una partecipazione del 6% di un’azienda come Sagat? Vendiamo azioni che non hanno mercato e certo non si potrà “fare cassa”. Sarei già contento se i costi dei processi di vendita fossero inferiori a quello che sarà il ricavato della vendita delle partecipazioni. Inoltre, non dovessimo trovare un compratore, saremo costretti a vendere a “sconto significativo” sul patrimonio netto quando, probabilmente, gli utili attesi nei prossimi tre anni potrebbero essere più alti del ricavato di questa vendita, senza un ritorno economico davvero conveniente per la città. E poi manca una visione d’insieme perché in questa delibera non si parla delle partecipate più importanti quali Iren, Amiat, Gtt o Infra.To. Qual è la diversità fra le varie partecipazioni? Non hanno tutte un ruolo essenziale nella vita della città? Manca una visione strategica dello sviluppo di Torino nell’Amministrazione Cinquestelle e non è n questo modo che si risana la città. Non certo dicendo ai giornali “vendiamo le partecipate pulviscolo” si ottiene qualche risultato. Anzi, quest’annuncio ha già portato ad un calo del valore delle partecipazioni. Contesto allora la mancanza di una visione d’insieme e il diverso trattamento riservato alle società partecipate: Amiat vale quanto Sagat. Amministrando in questo modo non si risana la città ma si creano solamente problemi aggiuntivi.

Fabrizio Ricca (Lega Nord): Sono dispiaciuto per la scelta della maggioranza di non condividere i contenuti di questa operazione, come poteva lasciar sperare l’accordo raggiunto dopo l’estate sulla linea 2 della metropolitana. Occorreva un tavolo di confronto per capire insieme quale sia il bene della Città, poiché ogni azienda partecipata ha le proprie peculiarità. Invece, nulla: ecco il perché dei nostri numero di emendamenti. Criticammo la Giunta Fassino, in passato, su vendita azioni SAGAT nel 2013, siamo critici oggi. Il CAAT o si vende o non si vende, basta incertezze. E’ sui conti del Comune che dobbiamo rispondere ai cittadini. Se non vi è collaborazione da parte nostra, è perché la maggioranza non l’ha voluta nonostante la nostra volontà di essere propositivi.

Federico Mensio (M5S): Quando si parla di vendita di partecipazioni, si rischia di fare confusione: non vendiamo per fare cassa ma per ottemperare alle disposizioni di un governo che, peraltro, non è del M5S. La stessa Corte dei Conti ha rilevato l’inopportunità di mantenere partecipazioni che non danno modo alla Città di incidere sulle aziende. Già in passato il Comune ha ceduto aziende come AMIAT e TRM di cui deteneva il 100%, la maggioranza di allora sostenne che si sarebbero ottenute risorse per investimenti e che si sarebbero messe le aziende in grado di operare più efficacemente sul mercato, o che le risorse servivano a rientrare nel patto di stabilità.
Le cessioni che prevediamo oggi sono dovute a norme nazionali, ci atteniamo a disposizioni di governo e Corte dei conti: le maggioranze precedenti non hanno avuto questa motivazioni, e le loro dismissioni furono finalizzate a fare cassa. Se non vi piace, andate dai vostri referenti al governo e chiedete loro di ritirare questa normativa alla quale siamo costretti ad attenerci.

Eleonora Artesio (Torino in comune): ridurre e razionalizzare è il mantra che accompagna questi processi. E’ ragionevole assumere come elemento in grado di indurre le amministrazioni a cedere le partecipazioni il fatto che ci siano bilanci in disavanzo? E’ questo un criterio non oggettivo sul quale si può esercitare una discrezionalità politica. Pur dovendo ottemperare all’obbligo della ricognizione come mai questo atto viene motivato, come già si fece nel 2013, assicurando che non si tratta di fare cassa? Ci sono scelte incomprensibili come quelle su Caat e Sagat, e viene giudicata non necessaria la partecipazione alla Centrale del latte (terzo produttore italiano). Dovremmo ricordare come mai si è arrivati a trasferire dalla gestione diretta alle partecipate funzioni di interesse generale. Si disse che non era importante la proprietà pubblica e sarebbe bastato il meccanismo della partecipazione. Questa delibera non è all’altezza e non c’è differenza con quanto intrapreso dalle amministrazioni precedenti: rivolgersi al mercato e vendere gli immobili.

Monica Canalis (PD): Serve chiarezza: non stiamo contestando le dismissioni e la necessità di adeguarsi al nuovo testo unico sulle partecipate. Sosteniamo che con il pretesto della riforma si stiano alienando asset strategici. L’articolo 4 del nuovo TUSV dice che occorre procedere nel senso dell’interesse generale, non di fare infornate casuali di svendite. Questa è un’operazione grossolana che non entra nel merito della mission delle singole società partecipate e dal loro grado di strategicità. State abdicando al ruolo di indirizzo pubblico del Comune che sta scomparendo. Attenzione a uscire da Sagat. La partecipazione del 10% non è priva di strategicità. Essere in quel Cda non è ininfluente perché ci consente di creare sinergie con il territorio. La riforma Madia serve a far sì che scompaiano partecipate doppioni ma non a fare tabula rasa. Anche le cosiddette partecipazioni polvere degli incubatori degli atenei sono importanti perché hanno prodotto innovazione e questo è importante.

Sergio Rolando (assessore al bilancio): La delibera, alla presenza della Sindaca, è stata ampiamente illustrata il 18 settembre scorso. Il tema della delibera è ben descritto nel titolo. Qualcuno ha parlato di compitino ma ci sono le indicazioni della Corte dei Conti che ha dato brutti voti alla precedente amministrazione, noi aspiriamo almeno ad un sei meno.
Quali sono le partecipazioni non cedibili? Trasporti e rifiuti, perché sono di interesse generale, Iren, perché le norme ne vietano l’alienazione. Sagat, invece, si vende perché svolge un servizio di competenza della Regione. [Rolando cita a tale proposito le numerose società dismesse dal Comune di Roma, dalla Lombardia, dalla Toscana].  Sulla preoccupazione riguardante il prezzo di Sagat, ricordo che non è obbligatorio accettare un prezzo di vendita troppo basso.
Caat non risponde ai requisiti di interesse generale, ma è possibile vendere ad un prezzo adeguato, e mettendo in vendita una quota limitata si può vedere quale sia l’interesse del mercato. La scelta di cominciare dal 5% è prudente perché se provassimo a venderla tutta e non ci riuscissimo, saremmo obbligati per legge entro un anno a liquidarla sostenendone noi gli oneri.
Non si cerca di fare cassa ma di ottenere l’approvazione della Corte dei Conti sulle problematiche da essa evidenziate in rapporto alle partecipate del Comune di Torino e di ottemperare alle previsioni della riforma Madia.