Il movimento per la Vita Indipendente: filosofia e diritto.

R.Belli:

atti del seminario “Indipendenza e Autonomia: dal sogno alla realtà” promosso dalla FISH Piemonte a Torino nel giugno del 2006

 

 

La filosofia

Enil è una organizzazione a livello europeo, nata nel 1989.

Sostanzialmente Enil coordina le iniziative e le idee che ci sono per

quanto riguarda la Vita Indipendente, soprattutto cercare di

contribuire a far sì che si possa capire meglio cosa vuol dire Vita

Indipendente e come attuarla. I l sito internet è http://www.enil.eu

 

La vita autonoma

Da un punto di vista strettamente lessicale sarebbe più corretto

parlare di “Vita Autonoma”, anziché di “Vita Indipendente”.

Però nel campo della disabilità per vita autonoma di fatto si intende anche

autosufficienza: in questo senso la vita autonoma è solo un possibile sotto insieme

della vita indipendente, e confondere le due cose significa confondere l'essenza

stessa della vita indipendente. Questo perché il movimento della vita indipendente,

quando è nato all'inizio degli anni '60, si contrapponeva al discorso della vita

autosufficiente a tutti i costi. Nel senso che a Berkeley si opponevano giustamente a

quei “riabilitatori” secondo i quali, se un disabile riesce, ad esempio, a vestirsi da

solo, doveva farlo anche se gli ci volevano due ore. I disabili di Berkeley dicevano

giustamente: “Se mi ci vogliono due ore allora devo essere io a decidere se ne vale

la pena o se mi ci vuole l’assistenza personale”.

Inviterei a porre l’attenzione su questa differenza essenziale.

 

L’autodeterminazione

A suo tempo Gianni Pellis tradusse giustamente “vita indipendente”

come “vita autodeterminata”; questo è il vero concetto della vita

indipendente, cioè l'autodeterminazione nonostante tutto.

L'autodeterminazione è la chiave della vita, perchè la vita non è solo

mangiare, dormire, andare in bagno: autodeterminarsi è l'unico modo

per essere veramente se stessi.

L'autodeterminazione è in realtà un discorso che riguarda tutti nel

mondo attuale, con i condizionamenti consci e inconsci che ci sono;

riuscire ad autodeterminarsi è una conquista per chiunque.

Accennando in breve al discorso del modello sociale di disabilità, si

vede come anche da questo punto di vista la disabilità è solo una

convenzione sociale, ma anche qui il discorso sarebbe molto lungo.

Il punto chiave dell’autodeterminazione, o della vita indipendente, è

che, anche se un soggetto a livello fisico, sensoriale, psichico o

mentale, non è autosufficiente, per quanto possibile deve essere lui o

lei a decidere tutto ciò che è possibile riguardo alla propria vita.

In proposito voglio sottolineare che autodeterminazione e

interdipendenza sono due cose diverse. Ma dobbiamo anche ricordarci

che l'interdipendenza, soprattutto nel mondo attuale, è una cosa che

riguarda tutti: se salta un qualche collegamento elettrico quanti dei

cosiddetti non disabili diventano disabili?

Per quanto riguarda l'autodeterminazione e la disabilità ci sono dei

grossi problemi specifici a cui potrò fare solo un breve accenno:

l'abitudine, purtroppo inconsapevole, per molti di noi, derivante dal

fatto che siamo stati inconsapevolmente abituati a vivere da disabili. E

uscire da questo è difficilissimo. In un recentissimo dizionario di

psicologia è stato giustamente scritto che la disabilità deriva dal fatto

che, a seguito dei condizionamenti circostanti, i disabili sono stati

abituati a focalizzarsi sulle loro incapacità, anziché sulle loro capacità.

La mistificazione sociale sta nel fatto che, se si guardasse alle

incapacità di tutti, si vedrebbe che tutti siamo disabili oppure nessuno

è disabile!

 

La vita indipendente

Un punto fondamentale della vita indipendente è che questa

rappresenta un percorso, e non un punto di partenza. È un gravissimo

errore dire: può fare vita indipendente solo chi è in grado di farla fin

dal primo momento.

Un altro punto fondamentale è che l'autodeterminazione e la vita

indipendente riguardano tutte le disabilità, fisiche, sensoriali, mentali

e psichiche, ovviamente con dei supporti diversi.

Voglio sottolineare con forza che, anche per chi ha disabilità mentali e

psichiche, la vita indipendente è possibile. E questo è dimostrato.

 

Il diritto

La Costituzione

Da un punto di vista giuridico l'autodeterminazione è nella prima

norma giuridica della Costituzione.

Infatti l'art. 1 della Costituzione è sostanzialmente un cappello. Invece

nell'art. 2, che è il primo ad avere valore giuridico vincolante, si

trovano due imperativi fondamentali: le libertà fondamentali sono

inviolabili e la solidarietà è inderogabile. Inoltre le libertà

fondamentali e la solidarietà inderogabile sono strettamente connesse

fra loro. Questo è anche il cappello giuridico della vita

autodeterminata, o indipendente, del disabile.

La Corte costituzionale ha stabilito più volte che si tratta di questioni

sulle quali confluiscono i valori fondamentali della Costituzione, anche

perchè questi 2 concetti basilari dell'art . 2 vanno letti in stretto

collegamento con l'art. 3 comma 1 della uguaglianza formale e il

comma 2 della eguaglianza sostanziale.

La legge 162 del 1998

Scendendo un pò più nel concreto, veniamo all'art. 39 della legge 104,

la legge quadro sull'handicap, così come è stata modificato dalla legge

162 del '98. La legge 104 è partita dicendo che le Regioni possono […]

prevedere l'assistenza personale. Così come è stato modificato dalla

legge 162, a una prima lettura tale art. 39 verrebbe così: le Regioni

possono […] garantire il diritto alla vita indipendente. Ebbene

"garantire il diritto", è espressione così forte che più di questa non

esiste nel diritto.

La legge 162 è successiva alla legge 104: come possiamo leggere

adesso l'art. 39 della legge 104? Le Regioni possono o devono

garantire il diritto alla vita indipendente?

Secondo me: devono garantire il diritto.

Ritengo giusto chiarire che da un punto di vista giuridico le Regioni

non si possono costringere a fare ciò che lo Stato incarica loro di fare.

Però si può intervenire giuridicamente quando le Regioni regolano una

cosa in maniera diversa da quello che gli ha imposto lo Stato. Ebbene

garantire il diritto alla vita indipendente e la possibilità di fare

qualcosa per la vita indipendente sono due cose ben diverse: fra

l’altro un diritto garantito deve essere esigibile davanti al giudice.

La legge 67 del 2006

C'è una novità giuridica, che sta passando troppo sotto silenzio, e

invece è molto importante: la legge 67 del marzo di quest'anno, cioè la

legge sulla non discriminazione e la tutela giudiziaria dei disabili.

Con questa nuova legge, che è già in vigore, quando c'è una

discriminazione verso un disabile, si può andare dal giudice anche

senza avvocato, chiedere un'ordinanza in tempi brevi, che, se non

impugnata dall'altra parte, è definitiva. Con questa ordinanza il

giudice può ordinare la cessazione della discriminazione e il

risarcimento del danno anche non patrimoniale. Qui sorgono questioni

giuridiche connesse con la vita indipendente. Intanto la mancanza

dell'assistenza personale per la vita indipendente, secondo me, può

essere una discriminazione indiretta, ai sensi di questa legge. Più

precisamente è una discriminazione indiretta perché è un’omissione in

genere di carattere legislativo.

Sorge un problema giuridico: il giudice, con la legge 67, può ordinare

al Comune di dare assistenza personale a un disabile quando manca,

purché tale mancanza costituisca una discriminazione. Però può farlo

solo se ha una copertura legislativa, nel senso che il giudice può

ordinare alla pubblica amministrazione di fornire l’assistenza personale

ad un disabile solo se c’è una legge, che comunque prevede che la

pubblica amministrazione debba fornire l’assistenza personale a chi è

nella situazione di quel determinato disabile.

In Piemonte è sufficiente la legge regionale 1 del 2004, con la legge

162/98, a dare una copertura legislativa sufficiente al giudice per

intervenire in questo campo? Ad un primo esame, secondo me, no,

però è un discorso che potrebbe essere approfondito.

In parte questo dipende anche dal fatto se, alla luce della legge 162

del 1998, la prima frase del comma 2 dell’art. 39 della legge 104 si

interpreta ancora nel senso di “possono”, o come “devono”. Su questo

potrebbe essere necessaria una pronuncia della Corte costituzionale.

E poi, anche se si conclude che può dare questo ordine, così come è il

quadro normativo, il giudice ordinario ha notevole potere discrezionale

su cosa ordinare alla pubblica amministrazione. Per cui è ancora più

importante avere gli avvocati giusti, ed essere noi disabili ben

consapevoli di cosa ci spetta.

Viceversa, per quanto riguarda l’accessibilità, l’utilizzo delle legge 67 è

più facile perché la normativa di settore contiene maggiori indicazioni

tecniche

 

L'assistenza personale

Per l’autodeterminazione sono molto importanti l’accessibilità (intesa

in tutti i sensi) e gli ausili tecnici. Però in una serie di situazioni è

indispensabile anche l’assistenza personale. Questa può essere

necessaria per tutti i tipi di disabilità, fisica, sensoriale, psichica e

mentale. Però deve trattarsi chiaramente di assistenza personale

differente per questi vari tipi di disabilità.

L’assistenza personale autogestita è una chiave fondamentale per

l’autodeterminazione di chi ha notevoli disabilità. È più complicata da

gestire, rispetto all’assistenza fornita da personale dei vari enti, però

le possibilità di autodeterminazione sono notevolmente maggiori. Per

via di tali difficoltà, in pratica, essa può essere attuata soltanto da chi

vuole veramente l’autodeterminazione.

Ai fini dell’autodeterminazione di regola deve trattarsi di assistenti

personali, che svolgono questa attività come un lavoro, non vanno

insomma bene i volontari, per vari motivi, su cui sarebbe troppo lungo

entrare. Un aspetto chiave è dato dal fatto che, ricorrendo ai

volontari, un disabile vero ne dovrebbe avere tantissimi alla settimana,

e quindi ne verrebbero pregiudicate sia l’autodeterminazione sia la

salute mentale.

Secondo la filosofia della vita indipendente è il soggetto disabile che

decide chi assumere come assistente personale, quando assumerlo e

quando licenziarlo, quali istruzioni dargli, quali orari fare, cosa,

quando e come farlo. Ovviamente nell’ambito di condizioni di lavoro

corrette e concordando prima tutto.

Per poter avere l’assistenza personale è necessario avere il denaro

sufficiente, le persone disposte e capaci di svolgere questo lavoro, e la

consapevolezza del soggetto disabile su quali sono le sue necessità.

Per quanto riguarda il denaro, secondo la filosofia della vita

indipendente, va erogato direttamente al soggetto disabile, che

provvede poi alla retribuzione degli assistenti personali.

Secondo me, la vita indipendente, se realizzata compiutamente, può

richiedere risorse finanziarie anche maggiori dell’assistenza

tradizionale. Però è inammissibile farne una questione di soldi anche

perché il tipo di vita è diverso quasi quanto il vivere dal morire.

I problemi

Ci sono alcuni problemi principali da risolvere per realizzare veramente

la vita indipendente.

Uno di questi principali problemi è quello finanziario. In realtà le

risorse finanziarie ci sarebbero eccome: il denaro per gli istituti e le

cooperative viene sempre trovato, inoltre la legge 104 lascia la libertà

di scelta al soggetto, infine oggi ci sono sprechi enormi, ad

incominciare dalle guerre in corso.

Il punto chiave è che oggi la cosiddetta industria privata non potrebbe

andare avanti senza enormi finanziamenti (plateali o indiretti) pubblici,

mentre gran parte del valore d’uso che viene prodotto è prossimo allo

zero. I l fatto è che, se andiamo in giro, vediamo tantissime merci di

cui si potrebbe benissimo fare a meno, ma che vengono prodotte con

vari sostegni pubblici. Inoltre tutto questo spreco di risorse aumenta

tantissimo l’inquinamento con il quale ci stiamo suicidando.

Infine il problema giuridico. In realtà, quando l’assistenza personale è

indispensabile per l’esercizio dei diritti inviolabili, non potrebbero

essere messi i limiti dalle scelte politiche che vengono fatte nelle varie

assemblee legislative.

 

Gli assistenti personali

Si possono riferire alcune cose, che si sono imparate nella gestione

degli assistenti personali per la vita indipendente, fermo restando che

si tratta di esperienze preziose, e non di regole dogmatiche.

Di regola, ma non sempre, i migliori assistenti personali sono quelli

senza esperienza in questo campo, perché così hanno la mente più

sgombra nell’apprendere come fare per quel soggetto disabile. La

formazione professionale per gli assistenti personali è contraria allo

spirito della vita indipendente, perché l’assistente personale deve fare

le cose secondo le esigenze del singolo soggetto disabile.

Si è visto che può essere molto utile, purché svolto correttamente, un

corso formativo su qual sia il corretto atteggiamento mentale da parte

degli assistenti personali.

È importante che il soggetto disabile sappia scegliere gli assistenti

personali in base alle proprie esigenze e li sappia istruire

dettagliatamente su quali esse siano. È meglio se il disabile non dà

ordini agli assistenti personali, ma esprime in maniera dettagliata i

propri bisogni. Infine, ma essenziale, è che il soggetto disabile

conosca e sia consapevole il più possibile in dettaglio di quali sono le

proprie necessità ed esigenze.

 

Commento del moderatore

G.Posati

Il sogno alla vita indipendente è iscritto nel DNA di ogni essere

umano. È lo scopo primo di ogni individuo e di ogni società per

realizzare se stessa; lo è in modo particolare per le persone con

disabilità.

Questo l’abbiamo molto bene capito quando nel 2003 a Tenerife

affermavano con estrema decisione: noi persone con disabilità

dobbiamo avere i mezzi per assumerci la responsabilità delle nostre

vite e delle nostre azioni alla pari delle persone non disabili. La

maggior parte dei problemi incontrati dalle persone disabili sono

infatti non medici, ma sociali, economici e politici. Dopo una lunga

storia di emarginazione e di esclusione noi persone con disabilità

chiediamo ora il diritto di scegliere come vivere le nostre vite nella

comunità, chiediamo le stesse opportunità e possibilità di scelta e lo

stesso grado di controllo e di autodirezione delle nostre vite

quotidiane che viene garantito alle persone non disabili. La nostra

piena e puntuale partecipazione alla società ci consentirà di

raggiungere il nostro massimo potenziale come esseri umani e in tal

modo potremmo contribuire alla vita economica e sociale della

comunità…