SE NON VUOI
la guerra come strumento di risoluzione dei conflitti tra i popoli (art. 11 della Costituzione italiana), se non altro perché sottrae risorse ai popoli e, al nostro interno, alla sanità, all’educazione e all’occupazione,
l’accumulo di armi, quasi tutte d’attacco, specie quelle nucleari, finalizzate ad un’improbabile e casomai disastrosa guerra futura (bastano cinque bombe nucleari su Roma, Torino, Bologna e Napoli per distruggere ogni organizzazione nazionale e ricondurre gli italiani alla civiltà delle caverne; ora nel mondo ci sono decine di migliaia di questa armi nucleari), il Nuovo Modello di Difesa italiano, che, al costo di un milione a cittadino italiano, istituisce un corpo di militari professionisti, veri “rambo”, che verranno impiegati al di fuori dei confini nazionali per salvaguardare gli interessi e il livello di benessere programmato per i ceti italiani,
lo scandaloso divario fra Nord e Sud, che il Nord mantiene con la sua supremazia culturale, il mercato dei consumi, il sistema industriale, il sistema bancario e, buon ultimo, lo strapotere militare (nucleare).
SE INVECE VUOI
una svolta cruciale nella politica della difesa nazionale, che privilegi la giustizia sociale e la solidarietà tra i popoli, mediante dei progetti sociali ed economici che diano stabilità alle aree di conflitto in Italia e nel mondo
seguire l’indicazione storica delle lotte nonviolente di Ghandi prima e poi di tanti popoli che si sono liberati da dittature e da oppressioni internazionali senza ricorrere all’uso delle armi; e cioè promuovere l’impegno di coloro che hanno scelto la pace (per primi gli ormai 300.000 obiettori italiani al militare) fino ad istruire un corpo di pace internazionale
una Scuola sulla risoluzione non violenta dei conflitti, la quale inizi una tradizione di questo tipo tra la gente e contro le oppressioni,
solidarizzare concretamente con il Sud del mondo che è sempre stato in svantaggio di armi e di eserciti rispetto al Nord,
esprimi
un chiaro ed inequivocabile “no” alla politica della guerra ed un “si” ad una
politica che ponga decisamente la pace al primo posto della politica italiana :
impegnati con noi a finanziare con le tue tasse invece che la preparazione
della guerra, la costruzione della pace, mediante nuove istituzioni statali non
armate e nonviolente di difesa, già anticipate da nostre iniziative e ora da
ottenere per legge del Parlamento
GLI OBIETTIVI
TERMINALI DELLA CAMPAGNA
GLI OBIETTIVI DELLA CAMPAGNA SONO STATI STABILITA
DALLE PASSATE ASSEMBLEE NEI SEGUENTI TRE PUNTI:
RICONOSCIMENTO DEL DIRITTO DI OBIEZIONE ALLE SPESE MILITARI, CIOE’ L’INSERIMENTO NELLA DICHIARAZIONE ANNUALE DEI REDDITI DI UNA “OPZIONE FISCALE” CHE PERMETTA AD OGNI CONTRIBUENTE DI DESTINARE ALLA DIFESA POPOLARE NONVIOLENTA, ANZICHE’ ALL’ATTUALE DIFESA ARMATA, LA RELATIVA QUOTA DI TASSE DA LUI PAGATE, COSI’ COME PREVISTO DALLA PROPOSTA DI LEGGE DEL 1989 PRESENTATA DALL’ON. GUERZONI E ORA RIPROPOSTA DAL SEN. RUSSO SPENA (N. 1490 AL SENATO).
UNA PRIMA ISTITUZIONE PUBBLICA DI DIFESA POPOLARE NONVIOLENTA, IN CONFORMITA’ ALLA SENTENZA N° 450 DEL 1989 DELLA CORTE COSTITUZIONALE E ALLA RIFORMA DELLA LEGGE 772/1972 SULLA OBIEZIONE DI COSCIENZA (ART. 8 ), RIFORMA ATTUALMENTE IN APPROVAZIONE DEFINITIVA DA PARTE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI.
ISTITUZIONE DI UNA SCUOLA PUBBLICA PER IL MIGLIAIO DI FORMATORI CHE SARANNO NECESSARI AI 50.000 OBIETTORI DI COSCIENZA ALL’ANNO PER FORMARSI AL SERVIZIO CIVILE, IN PARTICOLARE ALLA DIFESA CIVILE NON ARMATA E NONVIOLENTA.
PAGHIAMO PER
LA PACE
NON PER LA
GUERRA !!
SECONDA PARTE
LE SCELTE
POSSIBILI
In questa seconda parte presentiamo brevemente
quelle che possono definire scelte di pace.
Il nuovo modello di difesa investe il nodo
dell’epoca dei rapporti nord-sud, è la proiezione sul piano militare della
tensione a difendere co ogni mezzo la cittadella del benessere, sempre più
attanagliata dall’angoscia di un futuro che promette insicurezza, precarietà,
incertezza.
Non ci sono risposte sagge, efficaci e lungimiranti
a questa percezione, per lo più oscura e inconsapevole, del tramonto di un
modello di sviluppo sociale, se non la presa di coscienza della necessità e
urgenza di una svolta radicale.
Non basta ripudiare un modello di difesa aggressivo
e tendente a difendere i privilegi della parte più ricca dell’umanità e a ricacciare
lontano le masse di poveri che si accalcano ai confini di quell’area del mondo:
ciò che occorre è la disponibilità, a partire dalle scelte della vita
quotidiana, a rimettere in discussione questo modello di sviluppo
industrialista, energivoro, dilapidatore di risorse esauribili che appartengono
a tutta l’umanità, creatore di profonde disuguaglianze e di povertà e che oggi
– nel pieno di una fase di crescita senza aumento dell’occupazione – si dibatte
in contraddizioni insolute nel cuore stesso del suo centro propulsore, il nord
industrializzato.
Un nuovo modello di sviluppo – cui corrisponde un
modello di difesa completamente diverso da quello progettato – significa altri
stili di vita, altri modelli di consumo, nuovi modelli di condivisione e di convivenza
che ricaccino nella preistoria la competizione sfrenata e violenta per
l’accesso alle risorse.
Un discorso completo sui percorsi alternativi alla
violenza, sia essa militare sia economica, richiederebbe quindi di parlare
estesamente anche di quelle iniziative di pace non direttamente in relazione
con gli apparati militari, quali il Commercio Equo & Solidale, le
esperienze di risparmio Etico e Autogestito, la campagna Bilanci di giustizia,
le campagne di Boicottaggio dei prodotti realizzati da multinazionali in
condizioni di lavoro che negano i diritti umani.
Ed altre ancora.
Per coerenza con l’impianto logico della ricerca qui
presentiamo quelle proposte che più direttamente si pongono in alternativa alle
logiche e agli apparati militari.
Nell’indice dei riferimenti associativi sono
comunque riportate quelle realtà che lavorano in campi simili o complementari a
quelli qui trattati, per la realizzazione di un futuro migliore.
Prendendo atto che la difesa militare classica nelle
sue varie forme non è in grado di mantenere quello che promette – cioè
protezione della popolazione civile e della sovranità popolare, difesa del
territorio dello stato e della indipendenza nazionale – vogliamo accennare qui
ad una possibile strada alternativa: la DPN.
La Difesa Personale Nonviolenta, in sigla DPN, è una
di difesa non militare e non armata che basa la sua forza sul coinvolgimento e
sulla partecipazione attiva di tutta la popolazione.
La scelta della DPN implica non solo cambiamenti
tecnici al modello di difesa armato. Ma anche un mutamento complessivo dei
valori di riferimento; essa non è pensabile se innanzi tutto non modifichiamo
la concezione del modello di sviluppo e del modello di stato.
Infatti, la DPN propone un altro concetto di
sovranità e di sicurezza che non è tale se non è globale ed interdipendente, in
quanto la sicurezza o è di tutti o non è.
Attraverso la DPN la gente comune, ogni cittadino,
si appropria il diritto di scegliere le modalità di difesa e i valori da
realizzare. Invece di delegare a pochi uomini la scelta delle strategie della
difesa e degli strumenti militari, e quindi la possibilità di innescare
tensioni e guerre, la popolazione si dà le regole per organizzare la propria
difesa contro quello che avverte come proprie minacce, quindi non solo contro
minacce esterne, ma ad esempio contro il rischio di avvento di regimi
illiberali, di attuazione da parte del proprio governo di politiche
antipopolari, di minacce della malavita organizzata.
Si evita così che le minacce agli interessi
particolari avvertite da ristrette élite dominanti vengano spacciate come
minaccia in atto a tutta la società.
Da un difesa offensiva e di élite si passa così ad
una difesa difensiva e partecipata da tutti; cambia il rapporto tra cittadini e
stato, ma anche il rapporto tra cittadini e l’eventuale nemico. L’aggressione
ed il conflitto non vengono negati ma cambia il modo e gli strumenti con cui si
pensa di affrontarli.
La DPN non può essere improvvisata, va preparata
affiancando inizialmente a una difesa convenzionale (magari limitata
all’utilizzo di sistemi di arma fissi o a breve raggio) gruppi di individui che
hanno imparato ad usare le tecniche della DPN. A mano a mano che gli individui si impossessano di questa
forma di difesa, passano nelle loro mani quindi nelle mani di gran parte della
società, molte delle responsabilità e delle scelte attualmente nelle mani dello
stato.
Questo rende le persone provviste di una coscienza
reale delle loro responsabilità, e quindi, abituati all’azione civile,
sarebbero per l’invasore degli irriducibili avversari.
Un altro effetto della presa delle proprie mani
dell’iniziativa politica sarebbe la tendenza degli oggetti a cercare di
sopprimere le situazioni che avvertono come fonte di ingiustizia. Ciò svilupperebbe nella nostra società un
tessuto più egualitario e democratico, che in caso di conflitto, rafforzerebbe
la possibilità di resistenza.
Inoltre questa successione conduce i cittadini ad
esigere dal proprio governo un’apolitica estera realmente orientata verso la
giustizia e la pace.
Tutto questo rende non solo più ardua la scelta di
un aggressore esterno ma anche più difficile il compito del proprio governo
qualora cercasse il sostegno popolare per una politica bellicista.
Il termine Nonviolenza è abbastanza equivoco poiché
sembra la negazione di qualcosa; in realtà si deve pensare la Nonviolenza come
una forza attiva, interna al nostro essere. Questa forza può essere messa in
pratica attraverso comportamenti e metodi nonviolenti. I metodi nonviolenti
sono tutte quelle azioni tese a risolvere un conflitto senza l’uso della
violenza.
Essi sono pensati ed attuati sia dal singolo che da
intere popolazioni; naturalmente si ottiene una maggiore efficacia se ci si
addestra al loro uso.
Le strategie e i comportamenti di difesa sono
elaborate sulla base dei numerosi casi storici di popolazioni che, seppure
senza una particolare preparazione, si sono opposta a invasori e a dittatori.
A titolo di esemplificazione riportiamo di seguito
alcuni dei comportamenti di difesa civile e nonviolenta in un paese aggredito:
a)disobbedienza civile: le leggi dell’occupante non
hanno valore; b) non-collaborazione! Si può sbagliare in silenzio o
fraintendere gli ordini ricevuti; c) sottrarre alla forza occupante tutto ciò
che può tornarle utile; d) rendere evidente alla forza occupante che le sue
azioni sono immorali, basate su idee false e contrastate dalla popolazione; e)
rendere l’occupazione il più insostenibile rendendo i costi sociali
dell’occupazione estremamente elevati, o convertendo gli occupanti.
Contro un’aggressione un deterrente potente consiste
nel danneggiare l’immagine dell’invasore nell’opinione pubblica internazionale.
La popolazione si difende usando armi politiche,
economiche, sociali e culturali.
La DPN è un tentativo di risposta concreta ai
bisogni di difesa di una società. Come tale non va mitizzata, ma può essere,
già da oggi, un grande contributo per la riforma degli attuali sistemi
militari.
Su questa strada segnaliamo di seguito alcuni passi
per la definizione di una difesa alternativa.
In primo luogo la proposta di legge di iniziativa
popolare “norme per l’attuazione del principio del ripudio della guerra sancito
dall’art. 11 della Costituzione e dallo Statuto dell’ONU”, estensori R. La
Valle e D. Gallo, depositata in parlamento nel 1993 dopo la raccolta di 60.000
firme.
Tra i punti qualificanti della legge ricordiamo fra
l’altro il divieto per le forze armate di dotarsi di sistemi d’arma
finalizzabili alla proiezione di potenza; Riconoscimento per civili e militari
del diritto-dovere di resistenza alle autorità nel caso queste si rendano
responsabili di azioni belliche in contrasto col ripudio costituzionale della
guerra, la Carta delle Nazioni Unite e il Codice Internazionale dei Diritti
Umani, conformemente a quanto stabilito dal tribunale di Norimberga (ciò è
tanto più importante nel caso di un superamento nei fatti dell’obiezione di
coscienza al servizio militare tramite l’introduzione totale o parziale del
mercenariato); la punibilità dei responsabili militari e politici di tali
azioni in base alle norme del codice penale ordinario.
Inoltre è stato depositato il 18 settembre 1996, a
firma di Rifondazione Comunista, il disegno di legge 1291 “ordinamento della
difesa nazionale” che delinea l’introduzione del Corpo della difesa popolare
nonviolenta, per una difesa non armata, collocata accanto ad una difesa
militare rispettosa della Costituzione Italiana, mentre il Gruppo Verde ha
presentato una proposta di istituzione di un “Corpo Civile di Pace” europeo,
sviluppando il progetto di Alex Langer.
E’ obiettore di coscienza all’uso delle armi, chi si
dichiara contrario per imprescindibili motivi di coscienza all’uso personale,
istituzionalizzato ed illegale di armi in qualsiasi circostanza, sia per fini
difensivi che, a maggior ragione, per fini offensivi. Tale scelta risulta incompatibile con lo svolgimento del servizio
militare che in Italia è , per norma costituzionale , obbligatorio per tutti i
giovani di leva , dichiarati abili ed arruolati dopo la visita militare.
Tutti cloro che si ritengono obiettori di coscienza
e sono stati arruolati, possono presentare formalmente una dichiarazione di
obiezione di coscienza, generalmente definita domanda di obiezione di
coscienza, che deve ottenere anche la richiesta di svolgere il servizio civile
; il riconoscimento della domanda è tuttora regolamentato dalla Legge n. 772
del 15.12.1972 e dalle successive modifiche.
In questi, dovrebbe essere varata la legge di
riforma che si attende ormai da quattro legislature.
Con questa riforma l’obiezione di coscienza
diventerebbe finalmente un diritto soggettivo non più sottoposto a verifiche ,
la gestione del servizio civile verrebbe definitivamente smilitarizzata e si
aprirebbe la possibilità di prestare il servizio civile all’estero , di
partecipare a missioni di pace sotto l’egida ONU, di collaborare a progetti di
ricerca e sperimentazione di forme di difesa nonarmata e nonviolenta.
In questi 25 anni sono ormai più di 250.000 i
giovani che si sono dichiarati obiettori di coscienza (solo nel 1996 le domande
sono state più di 50.000).
E’ importante sottolineare che la Domanda di
Obiezione di Coscienza non è la facoltà concessa dallo Stato di scegliere
liberamente tra il servizio militare e il servizio civile, ma la richiesta
rivolta allo Stato di essere considerati Obiettori di Coscienza.
Una volta ottenuto l’accoglimento della domanda, lo
Stato considererà l’obiettore tale per tutta la vita.
Il servizio civile è solo il modo in cui lo Stato fa
adempiere ai cittadini maschi obiettori gli obblighi costituzionali di difesa
della patria.
Possono presentare la dichiarazione di obiezione di
coscienza tutti i giovani di leva dichiarati abili ed arruolati dopo la visita
militare.
Non possono presentare la domanda (vedi art. 1,
comma 2, L. 772) “coloro che al momento della domanda risulteranno titolari di
licenze o autorizzazioni relative alle armi indicate rispettivamente negli art.
28 e 30 del Testo Unico della Legge di Pubblica Sicurezza o che siano stati
condannati per detenzione o porto abusivo di armi”.
E’ molto probabile, infine, che la domanda venga
bocciata a coloro che hanno fatto domanda di essere ammessi in Polizia;
Carabinieri; Corso Allievi Ufficiali; Accademia Militare; Paracadutisti ecc. ed
abbiano intrapreso a tale fine i colloqui e le visite previste.
La scelta dell’obiezione non comporta discriminanti
di sorta, ad eccezione dei seguenti divieti:
a)assunzione in attività connesse alla
produzione-commercio d’armi o di corpi armati /Polizia, Carabinieri, ecc.); b)
rilascio del porto d’armi.
Il servizio civile si svolge in una delle oltre
5.000 sedi degli enti, pubblici o privati, convenzionati con il Ministero della
difesa. Il tipo di servizio richiesto è legato ai settori nei quali operano gli
enti; essi sono: assistenza, sanità, cultura, animazione, ecologia, ambiente,
nonviolenza, diritti umani, solidarietà con il terzo mondo, pace.
Anche se l’ultima parola in merito all’assegnazione
degli obiettori spetta al Ministero, vi è possibilità di farsi richiedere da un
ente.
La durata del servizio civile, parificata a quella
del servizio militare, è attualmente di 10 mesi.
La
domanda di obiezione di coscienza va presentata al Distretto Militare (o
Capitaneria di Porto) di appartenenza, entro: a) 60 giorni dall’arruolamento
(visita di leva), per chi non usufruisce di rinvio. B) il 31.12 dell’anno
precedente la chiamata alle armi, per chi usufruisce di un rinvio per motivi di
studio.
Via Mario Pichi, 1 – 20143
Milano
Tel.: 02/8378817 – 58101226;
Fax 02/58101220
L’obiezione
di coscienza alle spese militari consiste nel rifiuto di pagare allo Stato
quella quota di imposta che lo Stato stesso utilizzerebbe per le spese militari
e nella contemporanea destinazione di tale quota per fini di pace.
Per aderire alla Campagna occorre, in ogni caso,
compilare la dichiarazione che andrà spedita al Presidente della Repubblica e,
per conoscenza, al Centro Coordinatore Nazionale.
Sono possibili tre modalità di partecipazione:
1)
Versamento
della somma da obiettare al C.C.N.
della Campagna, che rilascia all’obiettore una ricevuta, contenente l’importo.
L’obiettore avrà poi facoltà di esercitare un’ulteriore pressione politica
mediante un gesto di disobbedienza civile, portando in deduzione la cifra
obiettata nella voce “Contributi ai paesi
in via di sviluppo” dei mod. 730 o 740 dell’anno successivo.
2)
Versamento
della somma da obiettare ad una
Organizzazione Nongovernativa (O.N.G.) che operi nei paesi in via di sviluppo,
impegnata in azioni di D.P.N. o in progetti collegati con le finalità della
Campagna. L’O.N.G. rilascerà una ricevuta ai sensi di legge, che verrà portata
in deduzione nei modelli 730 o 740, per realizzare una prima rudimentale forza
di opzione fiscale legale.
3)
Versamento
della somma da obiettare ad una
Tesoreria provinciale sul capitolo di spesa del Ministero degli Esteri relativo
alla legge 180/92 (Missioni di pace all’estero di O.N.G.) . Tale gesto,
finanziando direttamente un inizio di difesa alternativa, costituisce un primo
elemento di opzione fiscale. L’obiettore avrà poi la facoltà di esercitare
un’ulteriore forma di pressione politica detraendo quanto versato dalle tasse
dovute.
Il Coordinamento Politico della Campagna, ogni 4
novembre, consegnerà la somma raccolta sul Fondo
di Pace della Campagna al Presidente della Repubblica affinché venga
utilizzato a scopi di pace, con l’obiettivo di far riconoscere
istituzionalmente gli obiettori fiscali.
Solo
dopo l’eventuale rifiuto del Presidente, il fondo per la pace verrà reso
disponibile per proseguire le attività della Campagna.
Tutti i/le cittadini/e possono praticare l’obiezione
alle spese militari.
Solo gli obiettori che detraggono effettivamente
dalle tasse quanto versato ai titoli 1, 2, e 3 del paragrafo precedente, vanno
incontro a conseguenze amministrative (non penali): l’Amm.ne Finanziaria
chiederà infatti il pagamento della somma obiettata e, di fronte al nuovo
rifiuto dell’obiettore, procederà in via esecutiva, con il pignoramento dei
beni dell’obiettore e la vendita dei beni pignorati. Normalmente il momento del
pignoramento diventa una delle più importanti occasioni per pubblicizzare il
significato della scelta di obiezione
La promozione dell’obiezione di coscienza alle spese
militari è sostenuta e coordinata, in particolare, da un gruppo di movimenti
dell’area pacifista e nonviolenta che, ogni anno, danno vita ad una vera e
propria campagna in favore dell’obiezione; si tratta del Movimento Nonviolento
(M.N); del Movimento Internazionale di Riconciliazione (M.I.R.); della Lega per
il Disarmo Unilaterale (L.D.U.); della Lega Obiettori di coscienza (L.O.C.); di
Pax Christi; della Associazione per la Pace; del Servizio Civile Internazionale
(S.C.I).
Nell’anno di inizio della Campagna (1981) gli obiettori erano solo 419, per una somma complessiva obiettata di £ 17.629.000; dieci anni dopo, nel 1990, gli obiettori erano saliti a 4.861, pari a £ 252.733.000 ma, nel 1991, dopo la guerra nel Golfo, 9.603 obiettori hanno raccolto £ 492.967.975. Nel 1996 gli obiettori sono stati circa 1.700 per una somma totale di circa £ 62.000.000.
Gli obiettivi della Campagna OSM per la DPN
(stabiliti dall’Assemblea degli obiettori del nov. 1996) sono:
-
costituzione
del soggetto politico-giuridico, allargato a tutte le associazioni e alle
persone singole disponibili, che diventi l’interlocutore dello Stato nel
momento in cui, approvata la legge di riforma dell’OdC, si possa dare avvio
alla prima istituzione della D.P.N.; una scuola pubblica per formatori di
obiettori di coscienza.
-
Approvazione
della riforma OdC, senza nessuna modifica rispetto al testo varato dal Senato
il 29 gennaio 1997, perlomeno negli articoli riguardanti il diritto soggettivo
all’obiezione e l’avvio di riforma istituzionali di D.P.N.;
-
Riconoscimento
del diritto all’obiezione alle spese militari, attraverso una legge per
l’opzione fiscale;
-
Costruzione
di rapporti politici e conseguente partecipazione, sia alla Campagna venti di
pace che a tutte quelle iniziative che si oppongono al Nuovo Modello di Difesa e
si impegnano per la riduzione delle spese militari e la loro riconversione in
spese sociali;
-
Stimolare
l’organizzazione e la pratica istituzionale di esperienze di D.P.N.
Le motivazioni dell’obiezione di coscienza si
rifanno a due convinzioni fondamentali:
a) l’impegno di immense risorse nel settore bellico, anche indipendentemente dall’utilizzo o meno delle armi, sottrae risorse allo sviluppo; favorisce lo squilibrio fra paesi ricchi e paesi poveri; costituisce quindi per sé, un attentato alla pace;
b)
al
fine di contestare e contrastare le scelte di guerra, non è più sufficiente
rifiutare la collaborazione diretta alle attività militari dello Stato, ma
occorre rifiutare qualsiasi collaborazione, anche solo indiretta, superando
ogni atteggiamento di indifferenza o di consenso passivo.
Tali obiettivi sono diventati ancora più pressanti
dopo la guerra del Golfo: l’utilizzo delle Forze Armate italiane per scopi
aggressivi si è posto in palese contrasto con il ripudio della guerra, sancito
dall’Art. 11 della Costituzione; ne è derivata una situazione di clamoroso
conflitto tra l’ordinamento fondamentale dello Stato e le scelte dei
governanti.
Tale conflitto, è cresciuto sempre più in questi
ultimi anni (in perfetto accordo con quella che è la filosofia del Nuovo
Modello di Difesa), come dimostrano le richieste di incremento delle spese
militari, le proposte di ristrutturazione dell’esercito in forze di polizia
internazionale, la professionalizzazione delle forze armate, etc.
Da questo punto di vista il rifiuto di collaborare a
simili scelte di guerra si configura quindi non più con una disobbedienza, ma
come espressione del diritto (nel senso giuridico del termine) del cittadino ad
opporre resistenza di fronte alla illegalità del governo.
Gli obiettivi sopra elencati, fanno dell’obiezione
uno strumento di azione collettiva da affiancare agli altri, per orientare le
scelte dello Stato verso la Pace, riconsegnando al singolo cittadino il
potere-dovere di decidere in prima persona sull’utilizzo di una parte delle
imposte pagate.
Nello stesso tempo l’obiezione richiede anche una
precisa scelta del singolo, una forte mobilitazione delle coscienze, una
decisione personale e matura a favore della pace. E’ quindi uno strumento che
rientra nella tradizione della disobbedienza civile e della non collaborazione
nonviolenta.
Ovviamente l’obiettore di coscienza alle spese militari non ha nulla a che vedere con l’evasione fiscale più o meno ideologicamente qualificata (del tipo : “non pago le tasse perché, questo Stato non mi piace”): l’obiettore infatti non solo compie un gesto pubblico, informando fedelmente lo Stato in ordine a tutto il proprio reddito (laddove l’evasore tende invece ad occultarlo, falsando una denuncia inveritiera), ma paga tutto il dovuto, anche se decide egli stesso l’utilizzo di una parte delle somme pagate.
L’obiezione non intende quindi contestare il diritto dello Stato ad esigere le imposte ( e proprio per rendere evidente che non di questo si tratta il Fondo Nazionale, prima di stabilire gli utilizzi di cui si è detto sopra, offre ogni anno le somme obiettate al Capo dello Stato, che puntualmente le rifiuta); contesta invece l’utilizzo di tali imposte in ordine ad un punto (la pace o la guerra) che è del tutto diverso da qualsiasi altro aspetto del bilancio statale, trattandosi di una questione assolutamente determinante per la sopravvivenza dei popoli più poveri e dello stesso genere umano, nonché, per i valori di coscienza di ciascuno.
L’OBIEZIONE NON E’
UN REATO
L’obiezione di coscienza alle spese militari è, ad oggi, un gesto non riconosciuto dall’ordinamento e quindi illegale: non è però un reato e non ha pertanto alcuna conseguenza sul piano penale.
L’unica conseguenza che né deriva è il recupero coattivo delle somme obiettate, con il pagamento di relative sanzioni.
Per approfondimenti e ulteriori informazioni
Sull’obiezione fiscale alle spese militari:
CENTRO COORDINATORE NAZIONALE CAMPAGNA
OBIEZIONE ALLE SPESE MILITARI
PER LA DIFESA POPOLARE NONVIOLENTA
Via Milano, 65 – 25128 Brescia
Tel.: 030/317474 – Fax 030/318558
LEGA OBIETTORI DI COSCIENZA
Via Mario Pichi, 1 – 20143 Milano
Tel.: 02/8378817; Fax 02/58101220