La solita domanda “dove sono i pacifisti?” quest’anno i giornalisti più malevoli se la sono risparmiata: i pacifisti erano ovunque. Sono stati così tanti da mettere in difficoltà non solo loro ma anche noi che qui tentiamo un resoconto complessivo. Nella parte cronologica dell’Annuario della Pace quest’anno è stato veramente impossibile fare una panoramica completa ed esaustiva delle tantissime manifestazioni e iniziative svoltesi dal giugno 2002 al giugno 2003. Nel solo periodo che va dal 20 al 31 marzo il Ministero degli Interni ha annotato – con burocratico dettaglio – che si sono svolte 516 manifestazioni, di cui 259 cortei, 21 fiaccolate, 177 presidi, 20 sit-in. E prima? E dopo? Quando la cronaca si fa così fitta ed entra nella dimensione della quotidianità diffusa vuol dire che siamo in presenza di un evento di portata storica. Nessuna cronaca potrà perciò rendere conto della ricchezza di iniziative che ha animato e caratterizzato il movimento per la pace italiano. Per non parlare di quello mondiale, a cui qui si fa cenno solo in maniera episodica. Pertanto questo resoconto cronologico ha dovuto compiere una difficile e imbarazzante selezione delle informazioni: la complessità è stata ridotta per migliorare la leggibilità.
Le fonti privilegiate del lavoro di ricostruzione sono stati i siti Internet di Vita, Carta, PeaceLink, Manifesto, Misna ed altri ancora che sono emersi con i motori di ricerca.
Gli eventi “sfuggiti” a questa cronologia li si potrà rintracciare ad esempio in questi siti Internet:
http://web.vita.it/categorie/index.php3?CATID=25 (Vita – categoria eventi Guerra & Pace)
http://www.carta.org/cantieri/index.htm (Carta - Cantieri)
http://www.misna.it/ita/arcnews/g_newsearch.asp (agenzia Misna – archivio)
http://www.unimondo.org (cliccare su archivio notizie di Unimondo)
In particolare è stata realizzata una consultazione sistematica della newsletter giornaliera “La nonviolenza è in cammino” inviata tramite e-mail da Peppe Sini e diffusa sulle liste
http://lists.peacelink.it/pace/maillist.html
http://list.peacelink.it/news/maillist.html
Va annotato che è difficile fare una cronologia del pacifismo senza collegamenti ad altri movimenti connessi (noglobal, antimafia, volontariato internazionale, consumo critico, sviluppo sostenibile, ecc.) e pertanto, qualche cenno lo si è tentato. Nel complesso cosa emerge? Si delinea nettamente il profilo di una società civile in grado oggi di organizzarsi autonomamente anche senza l’apporto dei partiti e ben al di fuori delle classiche logiche di schieramento politico. Alex Zanotelli parla a questo proposito di società civile organizzata. Ciò significa che le segreterie di partito - che un tempo con i propri funzionari, le proprie assemblee, i propri fax e i propri manifesti ritenevano di avere esse sole il potere di promuovere e coordinare iniziative nazionali, movimenti e cortei - oggi hanno perso il monopolio dell’iniziativa sociale di massa. Gli apparati di partito sono stati rimpiazzati con Internet, con strutture di rete e iniziative di movimento basate sul volontariato. E così accade oggi una cosa nuova: gli apparati di partito non sono più in grado di controllare e di far morire tutto ciò che non è nei loro piani. Questa è una grande conquista dell’attuale movimento pacifista e in ciò si registra una differenza rispetto al movimento pacifista degli anni Ottanta. La società civile è oggi in grado di gestire con Internet – scavalcando gli apparati di partito – quelle funzioni di comunicazione, coordinamento, informazione e monitoraggio complessivo che un tempo potevano svolgere solo partiti altamente ramificati e strutturati (come il Pci). Oggi la rinascita del volontariato sociale, suscitato da una spinta ideale che buona parte del mondo partitico sembra aver perso, è in grado – se ben organizzato - di competere in termini di efficienza ed efficacia con gli apparati basati su logiche di carriera e di monetizzazione del tempo. Se molti apparati di partito sembrano essersi trasformati in “incubatori” di carriere, i movimenti riscuotono simpatia e consensi per la loro estraneità a tali usi della politica a scopi privati. Nei sondaggi d’opinione il volontariato gode la massima stima mentre i partiti no. L’opinione pubblica è oggi quindi più propensa a dare credito e fiducia a chi si impegna per la pace dedicando all’impegno sociale il proprio tempo in termini di volontariato. Il movimento della pace dovrà perciò ora – per non perdere la sua credibilità – fare attenzione a non diventare a sua volta un trampolino di lancio di leader destinati ad una cooptazione partitica. La storia di questi mesi – qui sommariamente tratteggiata – dimostra che “dal basso” sta nascendo una nuova forza di partecipazione e di controllo – dotata di consenso e legittimazione - che è in grado di fare proposte e critiche ai partiti. I movimenti possono svolgere verso il Palazzo una sana azione di critica e di proposta costruttiva capace di riorientare i partiti e promuovere un “potere dei cittadini” così come aveva auspicato Aldo Capitini sviluppando il concetto di “onnicrazia”. Il movimento pacifista si sta rivelando una risorsa democratica per promuovere sia un riequilibrio del potere fra l’alto e il basso della società, sia un nuovo rapporto fra cittadini e sfera politica. Che cosa è questo processo se non un’occasione di rinnovamento democratico dei partiti stessi?
·
Parata militare. Il 2 giugno si svolge la
parata militare per la celebrazione della Repubblica. “Ma la Repubblica si
fonda sull’esercito?” Con questo titolo il settimanale Vita dà voce al disagio
dei pacifisti.[1] Il salesiano
don Maurizio Spreafico espone i suoi dubbi: “E’ importante infatti
sentirsi 'popolo' anche nella sua accezione squisitamente civica e politica. La
perplessità sta nel fatto che tutto questo avvenga sotto forma di 'parata
militare'. Sarebbe davvero triste pensare che soltanto o soprattutto le Forze
Armate sono l'amalgama della nazione”.
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Poliziotti educati. Una idea del pacifista Peppe
Sini – quella di introdurre nella formazione delle forze di polizia il
principio della non-violenza - diviene proposta di legge. E’ presentata il 6
giugno in una conferenza stampa alla Camera da Achille Occhetto (primo
firmatario), Alfiero Grandi (DS), Paolo Cento (Verdi), Alfonso Gianni (Prc),
Vittorio Agnoletto leader del movimento no-global e Claudio Giardullo
segretario Silp-Cgil.
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Pacifisti respinti. Il 24 giugno le autorità
israeliane vietano l'ingresso in Israele ai partecipanti alla catena umana
per la pace in programma a Gerusalemme il 29 giugno. La
catena umana è la prima iniziativa organizzata congiuntamente da israeliani e
palestinesi dall'inizio della seconda intifada. Perché il divieto ai pacifisti?
Secondo le autorità israeliane "partecipare alla catena umana non è una
ragione sufficiente a giustificare l'ingresso in Israele".
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Pernacchie antimilitariste. Il 4 luglio
il pacifista sardo Antonello Repetto - accusato di "vilipendio delle
Forze Armate" – esce dal tribunale soddisfatto. "Non luogo a
procedere", è infatti la conclusione del pretore di Carbonia. La sua
"colpa" era quella di avere scritto, in un manifesto da lui affisso
in cui era disegnato uno scheletro in divisa, una frase ritenuta lesiva
dell'onore delle Forze Armate: "Ragazzi vi mandano al macello,
boicottate il nuovo modello di difesa, alla divisa fate una pernacchia!!"
Repetto si stava battendo contro lo scandalo dell'uranio impoverito forse
impiegato nei poligoni di tiro sardi: una brutta storia di tumori e
malformazioni riscontrata attorno alle aree dove per anni è stato lanciato di
tutto, senza informazioni e senza precauzioni. Repetto viene prosciolto
dall'accusa perché manca l'autorizzazione a procedere del Ministro di Grazia e
Giustizia, indispensabile per processi di questo tipo. Repetto rilancia la sua
campagna rendendo noto il caso di Marco Diana, 33 anni, il maresciallo
dell'esercito malato di cancro a cui è stata ritirata la pensione che gli era
stata riconosciuta in un primo tempo per cause di servizio. "Devono
dimostrarmi che non sto morendo per missili e polveri che ho maneggiato durante
le missioni in Bosnia e Africa per conto della Nato", aveva detto il
maresciallo.
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Contro i sottomarini nucleari. Nei giorni dal
4 al 19 agosto si svolge presso Coulport, nei dintorni della base atomica
di Faslane, il campeggio internazionale contro i sottomarini nucleari. Due
attivisti riescono ad entrare nella base e a dipingere la fiancata di un
sottomarino, rinominandolo "vile" (che in inglese vuol dire
"detestabile"). Nel frattempo il 13 agosto, presso il
tribunale di Helensburg in Scozia, si svolge il processo al pacifista italiano
Francesco Iannuzzelli, portavoce di PeaceLink. E’ accusato di aver
condotto nell’ottobre 2001 – assieme ad altre centinaia di persone - un’azione
nonviolenta di blocco della base militare nucleare di Faslane. Viene infine
multato. La manifestazione antinucleare è un appuntamento tradizionale per i
pacifisti britannici che si svolge ogni anno allo scopo di bloccare
pacificamente la base militare di Faslane, in Scozia, che ospita i sottomarini
nucleari balistici Vanguard. Questi sottomarini sono armati con missili
balistici Trident, che in media trasportano 3 testate nucleari. Nell’ottobre
2001 circa mille persone avevano bloccato le attività della base per quasi 5
ore, legandosi e resistendo pacificamente alle richieste della polizia di
liberare gli ingressi della base. Alla fine 171 persone erano state rimosse di
peso e arrestate. E' importante sottolineare il carattere completamente
nonviolento della manifestazione, che coinvolge anche bambini, anziani, preti,
parlamentari, e che si è sempre svolta in un clima pacifico di collaborazione
con la polizia. Dall'inizio della campagna contro i Trident (nell'agosto 1998)
sono state arrestate 1220 persone, si sono svolti 110 processi e sono state
notificate multe per un totale di circa 15.000 sterline. Per maggiori
informazioni sulla campagna contro i Trident si segnala il sito di Trident
Ploughshares http://www.tridentploughshares.org
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Missione di pace in Iraq. “Vi andremo insieme
a pacifisti e volontari di tutto il mondo, nell'immediata vigilia dell'attacco,
per tentare di rendere visibili i volti di coloro che saranno le vittime della
guerra, per difendere il nome del nostro paese, per difendere la civiltà, la legalità
e l'Onu. Vi andremo nella speranza di essere un deterrente all'attacco e di
poter conquistare, in extremis, qualche giorno od ora, per l'azione diplomatica
e per la ricerca di una soluzione politica. Vi andremo anche perché non si
possa dire in futuro che l'Italia stava solo dalla parte di chi bombarda.
Invitiamo tutti i pacifisti italiani ad unirsi a noi per organizzare insieme
una ampia missione di pace”. Con queste parole “Un Ponte per...” (www.unponteper.it/nontagliolacorda)
organizza ad agosto una missione di pace per l’Iraq.
· Giubileo degli oppressi. Parte il 5 settembre da Verona la carovana. Arriva domenica 15 settembre a Bologna. "La pace nelle nostre mani: non solo utopia!" è lo slogan. E’ un successo. Migliaia di persone vi partecipano. Determinante è il contributo organizzativo dei missionari comboniani. Le prime bandiere arcobaleno cominciano a diffondersi in quanto Il 15 settembre – alla fine della carovana - nasce la campagna "Pace da tutti i balconi". La “battezza” il missionario Alex Zanotelli. Ne sentiremo riparlare…[2]
· “Musica: Bono, non sono più un pacifista". E’ questo l’annuncio dato dall’Ansa del 9 ottobre (ore 16:01). Il tutto nasce dallo “scoop” del mensile Rockstar che viene ripreso da tutte le agenzie fino ad arrivare sulla prima pagina del Corriere della Sera del 15 ottobre.[3] Ma la giornalista di Vita, Carlotta Jesi, indaga e scopre che è una bufala.[4]
·
“Mentalità stupidamente pacifista”. Il 24
ottobre il generale Luigi Raponi, ora deputato di Alleanza
Nazionale, se la prende con i pacifisti, colpevoli dei “tagli alle Forze
Armate” e delle “poche risorse” nel bilancio della Difesa: “Spendiamo la
metà di quanto stanziano gli altri paesi a cui amiamo confrontarci", è
la protesta dell’on. Ramponi che, non a caso, è anche presidente della
commissione Difesa della Camera. Il generale accusa: “Questo è inaccettabile
ed è conseguenza dei continui attacchi da parte di una mentalità stupidamente
pacifista, nel senso che identifica le forze armate come uno strumento di
guerra e non di sicurezza, di pace, come in realtà sono sempre state
dall'inizio della Repubblica”. Pronta la replica di Massimo Paolicelli
(Associazione Obiettori Nonviolenti): "Quello che afferma l'on. Ramponi
parte da un presupposto non corretto, perché la Difesa confronta con gli altri
paesi solo una parte delle spese militari; vi sono spese che restano fuori
bilancio, come le missioni all'estero e i progetti compresi nel bilancio
dell'Industria”. Infatti, i dati statistici della Nato attribuiscono
all'Italia una spesa per la difesa del 2% del P.I.L. esattamente in linea con
altri paesi Nato che non hanno armamento nucleare. Intanto padre Angelo Cavagna
(Gavci) si prepara a digiunare contro l’aumento delle spese militari.
· Festa delle Forze armate. Il 4 novembre PeaceLink propone un volantinaggio nelle piazze italiane durante le parate militari e lancia un appello: “Bisogna ricordare che la "festa" del 4 novembre fu una ricorrenza istituita dal fascismo per celebrare il culto dell'eroe e la nobilitazione delle guerre, trasformando le vittime della prima guerra mondiale, una guerra spietata e non voluta, in eroi coraggiosi che si immolavano per la Patria”. Il volantino è su Internet all’indirizzo: http://www.peacelink.it/dossier/4novembre/4nov.pdf
·
Forum Sociale Europeo. Il 9 novembre
mezzo milione di persone sfilano pacificamente in corteo a Firenze per
il Forum Sociale Europeo (FSE). Berlusconi aveva temuto la devastazione della
città. Flavio Lotti (Tavola della pace) propone: "Il movimento deve
accrescere la sua capacità di unire, e il suo successo dipende dalla nostro modo
di agire e di comunicare. Questo dipenderà da due concetti: pace e
nonviolenza". A Firenze in una atmosfera di grande commozione parla
Coleen Kelly, della fondazione "Peaceful Tomorrow" che riunisce le
famiglie delle vittime degli attentati dell'11 settembre: "Il giorno
dell'attacco all'Afghanistan io ho pianto perché ho pensato che lì potevano
essere uccisi centinaia di giovani come mio fratello Billy, morto al WTC. In
quel momento non mi sono riconosciuta nel mio governo, e non mi sono sentita
rappresentata".
· Kamikaze, bombe sui pacifisti. Il 12 novembre in Israele – dopo un sanguinoso attacco kamikaze - gli abitanti del kibbutz pacifista affermano: "Non vogliamo vendette. Non seppelliremo il sogno della pace e della coesistenza con i nostri vicini arabi”. Sono 300 i membri del kibbutz (azienda agricola collettiva) di Metzer che piangono sulla tomba del loro segretario Yitzhak Dori, 44 anni, preside di liceo, assassinato poche ore prima da un membro delle 'Brigate dei martiri di al-Aqsa'.[5]
· Digiuno contro l’aumento delle spese militari. A novembre si svolge un lungo digiuno a staffetta per denunciare l’aumento della spese militari: “Le motivazioni del digiuno si rivelano di giorno in giorno più che mai fondate - dichiara padre Angelo Cavagna - I soldi del misero rimborso spese per vitto e alloggio degli obiettori sono in ritardo di sei mesi. I soldi per la cooperazione internazionale sono ridotte al minimo, comprese le risorse per il servizio civile internazionale di pace degli obiettori (caschi bianchi) che sono poche o nulle”. Intanto per bocca del sottosegretario Filippo Berselli, il governo ribadisce l'obiettivo di incremento del bilancio della Difesa: arrivare all'1,5% del PIL entro fine legislatura (rispetto all'attuale 1,05%). E per il passaggio dalla leva al servizio professionale si prevede che alcuni servizi, come quello di mensa, vengano esternalizzati riducendo così l’incidenza sul bilancio della Difesa. “Tra il 2002 e il 2003 l'aumento delle spese per la difesa è stato del 3,1% in termini monetari, dell'1,4% in più in termini reali, ma che dovrebbe salire quasi del 50% entro il 2006, come scritto nel Dpef del governo”, protesta padre Angelo Cavagna. L'iniziativa di “digiuno preventivo” per una Finanziaria di pace viene condivisa e praticata a staffetta da decine di persone in Italia. Il digiuno di padre Angelo Cavagna dura 21 giorni e viene continuato da don Albino Bizzotto (Beati i Costruttori di Pace) che in una lettera denuncia: “E' tutto il complessivo panorama politico ed economico delle scelte contro la pace che rimane inquietante. Raddoppiano negli Usa gli investimenti per le armi, l'Europa si attrezza per competere anche sul piano militare; la Nato si allarga e cambia natura; il terrorismo, preso a pretesto, serve anche a Russia e Cina per repressioni devastanti di interi popoli, delle minoranze in particolare”.
·
Scuola Usa di tortura. Ettore Masina (ettore.mas@libero.it) segnala nella sua
newsletter su Internet: "Otto piccole suore americane vengono
condannate da sei a dodici mesi di reclusione per avere partecipato, nel
novembre 2002, alle manifestazioni che si svolgono tutti gli anni davanti alla "Escuela
de las Americas", che ha sede in Georgia in una base militare chiamata
Fort Benning. La "Escuela", un tempo, era situata nella Zona del
Canale di Panama, poi è stata trasferita negli States. Vi sono passati,
complessivamente, in trent'anni di attività, decine di migliaia (ottantamila,
secondo alcuni) di "quadri" degli eserciti delle dittature militari
latino-americane: dal colonnello Noriega, losco dittatore di Panama e già
figlio diletto della Casa Bianca al colonnello D'Aubuisson, mandante
dell'assassinio del vescovo Romero e agli autori dell'uccisione dei sei gesuiti
di San Salvador, dai torturatori brasiliani a quelli cileni a quelli
uruguaiani. La vergognosa bandiera di Fort Benning, detta l'Università della
Tortura, sventola invece nel cielo del grande paese che fu di Lincoln e di
Franklin Delano Roosevelt".
· Editoria di pace. Nei giorni 6, 7, 8 dicembre si tiene il secondo “salone dell'editoria di pace”. E’ un appuntamento nazionale per editori, riviste, associazioni, movimenti e realtà istituzionali, come occasione di incontro, di conoscenza, di confronto chi opera per la pace. Nell'ambito dell’iniziativa viene presentato il secondo numero dell'Annuario della pace promosso dalla Fondazione Venezia per la ricerca sulla pace, curato da Salvatore Scaglione, edito da Asterios.
·
Fiaccolate. Il 10 dicembre, in occasione
dell'anniversario della Dichiarazione Universale dei diritti Umani, vengono
organizzate fiaccolate per la pace in molte città italiane. La mobilitazione
contro la guerra diventa sempre più incalzante. Settimana dopo settimana
centinaia di iniziative si susseguiranno: non sarà qui possibile menzionarle
tutte.
· Afghanistan. Viene pubblicato il rapporto di Human Right Watch. La newsletter femminista e pacifista "Testarda" segnala: "Il rapporto, di 52 pagine, insiste sulle misure repressive sempre più pesanti imposte alle donne e alle bambine da Ismail Khan, il governatore locale di Herat che beneficia dell'assistenza militare e finanziaria degli Stati Uniti. Human Rights Watch documenta anche come la situazione di Herat sia sintomatica di un peggioramento delle condizioni di vita di donne e bambine in tutto il paese”.[6]
· Consulente Nato cita in giudizio PeaceLink. PeaceLink è citata per danni da un consulente Nato. Padre Renato Kizito Sesana riassume la vicenda: “Sono solidale con PeaceLink che è stata citata in giudizio da un consulente Nato che chiede un risarcimento di 50 mila euro. La "colpa" di PeaceLink sta nell'aver riprodotto fedelmente nel febbraio del 2000 - citandone la fonte - un appello per la difesa dell'ambiente, largamente circolato su Internet, che conteneva anche alcune critiche alla Nato e all'uso dell'uranio impoverito in guerra. Tale appello non conteneva alcuna frase diffamatoria nei confronti né della Nato né di alcuno. Era un appello firmato da 69 persone del mondo della cultura e del giornalismo ed era stato promosso da un gruppo di persone non appartenenti a PeaceLink. Ora a tre anni di distanza uno di questi 69 firmatari cita PeaceLink per danni dicendo di essere un consulente Nato e di essere stato danneggiato da quell'appello. Come giornalista - oltre che come missionario - ritengo ingiusta e priva di fondamento questa citazione in giudizio contro PeaceLink; è una causa civile non condivisibile per chi difende la libertà di informazione e che mira a colpire una rete distintasi per le sue attività di pace e di solidarietà”. Anche il noto linguista e scrittore Noam Chomsky e il missionario comboniano Alex Zanotelli si sono aggiunti agli oltre mille messaggi di solidarietà telematica. "Questa faccenda è strana - ha scritto a PeaceLink Noam Chomsky - Non riesco a credere che questa citazione possa andare a buon fine, e credo che si tratti solamente di una intimidazione. Mi unisco volentieri alla vostra protesta". [7]
· Palestina. Negli ultimi giorni del 2002, a Gerusalemme e in altre città dei Territori occupati dagli israeliani, si riunisce il Forum sociale mondiale dedicato alla Palestina.[8]
· Giornata della Pace. Il primo gennaio viene diffuso il messaggio di Giovanni Paolo II per la Giornata della Pace, in cui afferma: “Quanti ritengono che la vita pubblica internazionale si esplichi in qualche modo fuori dell'ambito del giudizio morale, non hanno che da riflettere sull'impatto dei movimenti per i diritti umani sulle politiche nazionali e internazionali del XX secolo, da poco concluso”.
·
Un nuovo movimento con Internet. E’ appena
iniziato il 2003 e Riccardo Orioles scrive nella sua newsletter
telematica: "E avanza cautamente un anno nuovo. Il vecchio da un lato
fa orrore, perché è quello in cui per la prima volta, dopo Hiroshima e
Nagasaki, i potenti della terra hanno annunciato di essere pronti a usare di
nuovo la Bomba. Dall'altro è stato l'anno dei giovani, che da Porto Alegre a
Firenze sono riusciti a riconoscersi come una generazione di affini in tutto il
mondo. C'è molto Sessantotto nell'aria, anche se non pare (ma neanche allora
sembrava: il Sessantotto esplose). In più, noi abbiamo l'internet. Noi possiamo
coesionarci molto più facilmente, e molto più velocemente, dei compagni di
prima. Siamo liberi, e soli. Siamo - siete - una generazione. Siete una classe
dirigente, una delle possibili dell'Occidente. E l'Occidente, se si sprigiona,
oggi per la prima volta ha le tecnologie per cambiare tutto per tutti.
Non tradite".
·
La pasta antimafia. Buone notizie dalla Sicilia.
Le terre confiscate ai boss di Cosa Nostra cominciano a dare buoni frutti. Dopo
anni di abbandono i campi delle zone di Corleone, Monreale, San Giuseppe Jato e
Piana degli Albanesi vengono coltivati secondo i dettami dell'agricoltura
biologica dai ragazzi della cooperativa sociale “Placido Rizzotto”, fornendo un
grano ricco di proteine, ideale per la produzione di pasta artigianale. Nasce
così la prima pasta "anti-mafia" che da marzo sotto il marchio
'liberaterra' si potrà acquistare nei supermercati Coop di tutt'Italia.
Acquistando gli spaghetti “liberaterra” si potrà contribuire al sostegno del
progetto varato da Libera (www.libera.it),
l'associazione presieduta da don Luigi Ciotti che si pone come obiettivo
il recupero dei beni confiscati ai mafiosi. La pasta artigianale
“liberaterra" è lavorata a mano nell'antico pastificio di Corleone. E' un
simbolo importante di impegno e rinascita voluto da un gruppo di giovani che ha
accettato con passione questa scommessa, dimostrando che combattere il potere
della mafia è davvero possibile. Accanto alla pasta sono da tempo disponibili
presso la Bottega del Mondo anche l'olio prodotto sui terreni confiscati a
Bernardo Provenzano e il vino prodotto sui vigneti confiscati a Romualdo
Agrigento.
· Vuoto di democrazia. L'accordo generale sul commercio dei servizi (Gats), che rientra negli obiettivi dell'Organizzazione mondiale del commercio (Wto) arriva alla sua fase più delicata. Infatti tutti i paesi (compresi Unione europea e Italia) devono entro marzo 2003 dichiarare quali servizi (dalle telecomunicazioni, all'energia, all'istruzione, alla sanità, ecc.) accettano di liberalizzare completamente secondo le regole Wto. La Commissione europea fa finta di "consultare" la società civile chiedendo di esprimere un parere con un formulario su Internet. Quasi nessuno ne conosce l'esistenza; anche per chi lo avesse trovato in rete, le informazioni sono scarse e il tempo per rispondere è pochissimo. Attac denuncia questo ennesimo “vuoto di democrazia”.[9]
· Luoghi di Pace. Aumenta in tutt'Italia la mobilitazione antiguerra. Tra i tanti messaggi che circolano su Internet scegliamo questo, proveniente dal Coordinamento comasco per la pace (comopace@cracantu.it): "Per convincerci della bontà di questa guerra preventiva, si semina paura. La televisione s'incarica di far sì che le torri gemelle di New York crollino tutti i giorni, si aumenta la tensione con una minaccia tremenda: l'Iraq potrebbe di nuovo usare armi chimiche e, cosa molto più grave, un giorno potrebbe arrivare ad avere armi nucleari. L'umanità non può permettersi quel pericolo, proclama il presidente dell'unico paese che abbia mai usato armi nucleari contro la popolazione civile. Le guerre preventive uccidono nel dubbio, non per le prove. Infatti di prove dell'esistenza dell'armamento nucleare, batteriologico, chimico di Saddam Hussein non se ne sono viste. Ma la guerra pare inevitabile, anche se non si capisce perché l'arma atomica può essere pericolosa nelle mani irachene e non anche in quelle indiane, pakistane, russe, nordamericane, israeliane e di chiunque altro. Noi proponiamo di continuare ad aprire Luoghi di Pace che possano servire come occasione di riflessione condivisa, serena, documentata e non preconcetta per chiunque ne senta il bisogno, come modalità nonviolenta ed aperta di interazione tra singoli e gruppi. E' possibile prevedere scambi di opinioni spontanee, conferenze, animazioni, proiezione di audiovisivi e filmati, creazione di documenti, di materiale fotografico, celebrazioni religiose, laboratori di approfondimento, cene, concerti, spettacoli e tanto altro".
· Global March. Cinque anni dopo aver lanciato a Manila nelle Filippine una crociata contro lo sfruttamento del lavoro infantile, la Global March against Child Labour, di cui Mani Tese (www.manitese.it) è il coordinatore europeo, celebra il 17 gennaio il suo quinto anniversario con un appello alla comunità internazionale per un'azione urgente. Kailash Satyarthi, segretario internazionale della Global March, si rivolge alla comunità internazionale: "Come possiamo stare comodamente seduti nelle nostre case e nei nostri uffici mentre la vita e lo spirito di milioni di bambini spariscono davanti ai nostri stessi occhi? Bisogna agire ora". Il dramma dello sfruttamento del lavoro infantile non risparmia l'Europa. Secondo i recenti dati dell'Istat sui 144.000 bambini economicamente attivi in Italia ben 31.500 sono da considerarsi sfruttati. Nel suo messaggio di sostegno alla Global March, il segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan dichiara: "Poche violazioni di diritti umani sono così largamente condannate, e allo stesso tempo così ampiamente praticate".
· Porto Alegre. Il terzo Forum sociale mondiale (Fsm) si apre il 23 gennaio a Porto Alegre, in Brasile. E' il più partecipato dei tre forum sociali mondiali, avviati ad ogni inizio di anno dal 2001. Sono presenti centomila persone provenienti da tutte le nazioni. Il prossimo Fsm si terrà in India.[10]
· Lotta alla lebbra. Il 26 gennaio in Italia le piazze si riempiono dei volontari dell'Aifo (www.aifo.it), ossia gli amici italiani di Raoul Follereau, che ricordano al mondo l'esistenza di milioni di malati di lebbra e raccolgono fondi. Basterebbe rinunciare alla nuova portaerei italiana per acquistare i vaccini antilebbra. Follereau si era impegnava infatti per una riduzione delle spese militari.
·
Legge export bellico. Il 28 gennaio più
di 100 le persone presenti a Roma, dinanzi a Palazzo Madama, per il sit-in
promosso dalla Campagna nazionale “Fermiamo i mercanti di armi - In difesa
della legge 185/90”. Tra i presenti molti i religiosi e le religiose, i
missionari e i rappresentati di associazioni. Molto attivi Alex Zanotelli e
Luigi Ciotti. “Abbiamo fatto quest’azione nonviolenta di disobbedienza
civile sedendoci davanti al senato con uno striscione con scritto “fermiamo i
mercanti di morte”, infatti non possiamo accettare che la legge 185/90 venga
messa in pericolo”, dichiara Alex Zanotelli. “Se viene manomessa la
legge 185 ne faranno le spese milioni di persone in tutto il mondo uccise dalle
armi che noi vendiamo”, conclude il missionario. “Un anno di
mobilitazione ha permesso di resuscitare a livello parlamentare il dibattito
sul commercio delle armi e sulle sue implicazioni politiche, di diritti umani,
umanitarie", afferma Nicoletta Dentico, direttore di Medici Senza
Frontiere e portavoce della campagna. "Questo risultato non può andare
perduto. Abbiamo lanciato anche in Italia la campagna europea per la
trasparenza del commercio delle armi e quale che sia l’esito dell’iter della
185 il Governo dovrà fare i conti con una società civile estremamente attenta”.
Nonostante la mobilitazione a giugno la legge passa, ma il movimento per la
pace dimostra di essere in grado di bloccarla per 18 mesi mettendo i
parlamentari con le spalle al muro e denunciando all'opinione pubblica
connivenze e complicità. Ma la campagna contro i mercanti di morte continua:
consultare il sito www.vita.it/185
·
Diritti umani in Africa. Il 28 gennaio
una delegazione della Campagna Sudan [11]
si reca a Khartoum e in altre città del Sudan del Nord per verificare i
risultati e le conseguenze del processo di pace. La delegazione è composta da
padre Gino Barsella, Cristina Brecciaroli (Amani), Bruna Sironi (Mani Tese),
don Tonio Dell'Olio (Pax Christi), Diego Marani (Nigrizia), padre Michele
Stragapede (Missionari Comboniani) e Matteo Bina (segretario della Campagna
Sudan). Nel corso della visita la delegazione incontra rappresentanti del
Governo e del Parlamento, della società civile, della Chiesa e dei mezzi di
informazione. La Campagna Italiana ha inteso accompagnare la ripresa dei
colloqui di Pace iniziati a luglio 2002 a Machakos, portando la propria
solidarietà a tutti gli attori che si spendono in questo processo e che spesso
si sentono ignorati dall'opinione pubblica internazionale. La Campagna ha
voluto sostenere il coinvolgimento della società civile nella ricerca della
pace e del rispetto dei diritti umani.
· Scudi umani. Parte il 28 gennaio da piazza San Pietro a Roma, diretta a Baghdad, la delegazione di “scudi umani” italiani, il gruppo di volontari pacifisti decisi a piazzarsi in postazioni strategiche in vista dei bombardamenti anglo-americani in Iraq. Il gruppo è collegato all'organizzazione “We The People” (Noi, il Popolo), l'associazione di Ken Nichols, l'ex marine reduce dalla guerra nel Golfo, che oggi si batte per la causa irachena. "Per ora siamo una trentina, ma contiamo di aumentare di numero", dichiara Rodolfo Tucci, presidente di 'Human Shields' (Scudi Umani), che coordina l'iniziativa.
· Denunciato il ministro della Difesa. Il 29 gennaio Peppe Sini, del Centro di ricerca per la pace di Viterbo, scrive un esposto alla procura della Repubblica riscontrando nei confronti del Ministro della Difesa (on. Martino) e del Governo, tra l'altro, quanto segue: "Il Ministro della Difesa, on. Martino, avrebbe annunciato, secondo quanto concordemente riferito oggi dalle principali agenzie di stampa e dai media radiotelevisivi, che "il governo italiano ha dato il via libera all'utilizzo delle basi sul nostro territorio agli aerei USA... in caso di un eventuale attacco all'Iraq" (così la notizia è riportata dal televideo della televisione di Stato). E' del tutto evidente che tale decisione, se effettivamente presa dal governo, confligge flagrantemente con l'articolo 11 della Costituzione della Repubblica Italiana che "ripudia la guerra". Tale decisione implica di fatto la partecipazione dell'Italia ad una guerra manifestamente illegale e criminale tanto per la nostra Costituzione quanto alla luce del diritto internazionale. Lo stesso annuncio è già un atto illegale, non essendo in potere né del ministro, né del governo, assumere simili decisioni e quindi neppure propalare simili notizie, quand'anche fossero false".
· Pacifisti in prefettura. Parte una pressione antiguerra sul governo gestibile individualmente: "La campagna - Filippo Ciardi (filciar@inwind.it) - si propone di far pressione, tramite le Prefetture, sul Governo e il Parlamento affinché l'Italia non conceda alcun tipo di supporto logistico, militare e politico agli Usa e alla Nato per la guerra contro l'Iraq e, se nel frattempo questo supporto fosse stato concesso, esso venga revocato. La campagna continuerà ad oltranza fino al raggiungimento del proprio obiettivo. Chiediamo a tutti i cittadini di recarsi personalmente presso la loro prefettura, oppure di contattarla telefonicamente, per esprimere il proprio no alla guerra e chiedere alla prefettura di farsi portatrice di questo messaggio presso il governo. Basterebbe un numero relativamente basso di persone per creare un impatto significativo”. La campagna si diffonde puntando sul passa-parola e sul passa-email dal sito internet, www.peacelink.it/dillodipersona/ che contiene gli indirizzi ed i numeri di telefono di tutte le prefetture d'Italia nonché una "bacheca elettronica" in cui scambiarsi suggerimenti ed esperienze. Il governo italiano, sotto la crescente pressione dell'opinione pubblica, sarà costretto a fare marcia indietro e a non concedere le basi per azioni di bombardamento.
· Come preparasi al giorno X. Bush ormai non ascolta più gli ispettori Onu. Assieme a Blair, diffonde dossier con informazioni in parte gonfiate e in parte false. La guerra sembra inevitabile e si avvicina sempre più. Fioccano idee e iniziative nonviolente contro la guerra. Nasce "TuttiGiuPerTerra" (www.peacelink.it/tuttigiuperterra/), un sito dove raccogliere le proposte e cercare una risposta. E' una bacheca telematica dove ognuno può rispondere alla domanda: "Il giorno che verrà dichiarata guerra all'Iraq, hai idea di cosa fare nelle 24 ore successive?” Sul sito si può inserire un'idea, proporre un commento, verificare il panorama delle proposte e… votare le idee migliori. Questo software cooperativo e interattivo si rivelerà una delle risorse più utilizzate dal movimento assieme al sito per segnalare le bandiere della pace e al sito per segnalare le menzogne di guerra (Mediawatch).
· Boicottaggio della Esso. Greenpeace, Rete di Lilliput, Nigrizia, Centro Nuovo Modello di Sviluppo e Bilanci di Giustizia promuovono la campagna "Stop Esso War" e lanciano un appello: "Chi compra vota. Sempre più prendiamo consapevolezza della responsabilità collegata ad ogni acquisto. Il comprare è la forma di consenso a un prodotto del mercato e l'approvazione e l'incoraggiamento a tutta la filiera di produzione che sta a monte. Ogni acquisto ci fa diventare "complici" di tutte le vicende che hanno dato origine al prodotto che noi scegliamo. In questo momento, in cui la guerra viene proposta come strumento di sicurezza e ordine nel mondo, chi è convinto che invece essa provochi solo sofferenza e distruzione si interroga su quali imprese economiche siano coinvolte nell'affare guerra. Dire no alla guerra non è sufficiente. E' il momento di affiancare ai gesti simbolici anche azioni nonviolente dirette a incidere su questo mercato. Questa azione sarà efficace se sarà collettiva e orientata verso un prodotto strategicamente importante: il petrolio. La conquista del controllo sul petrolio è sicuramente uno dei principali obiettivi della guerra contro l'Iraq. Ebbene, a fornire il carburante all'esercito americano sarà la Exxon, la più grande multinazionale petrolifera del mondo, che in Europa è proprietaria del marchio Esso. Secondo quanto riportato alla fine di settembre dall'agenzia di stampa Defense Logistic, la Exxon-Mobil ha vinto l'appalto per circa 48 milioni di dollari per la fornitura di benzina, gasolio ed oli lubrificanti per l'esercito, la marina, l'aviazione, la Nato e le altre agenzie afferenti al Dipartimento delle Difesa statunitense. La fornitura comprende anche le basi italiane continentali (Vicenza, Camp Derby, Napoli ecc.) ed insulari (Sicilia, La Maddalena ecc.). Questa cifra è un'inezia per una compagnia con introiti di decine di miliardi di dollari annui, ma assume un aspetto interessante se si considera che la Exxon, per la sua posizione di maggiore compagnia petrolifera, per di più statunitense e con un grande "ascendente" su Bush, sarà la compagnia che più di altre trarrà profitti dalla conquista dell'Iraq e dei suoi campi di estrazione di cui era proprietaria per il 25% prima del conflitto del 1991. La compagnia è già al centro di una campagna di boicottaggio internazionale che coinvolge Gran Bretagna, Usa, Francia, Austria, Germania e Australia. Oggi la Deutsche Bank giudica a rischio investire nelle sue azioni. Nel 2000 la Exxon, in occasione delle elezioni presidenziali, ha dato al partito repubblicano un miliardo e 86 milioni di dollari. Sin dal suo insediamento, è apparso chiaro che il nuovo governo statunitense era guidato da una potente lobby legata al settore estrattivo. Infatti una delle prime decisioni di Bush, così come esplicitamente richiesto dalla Exxon-Mobil, è stato il rifiuto di aderire al Protocollo di Kyoto contro i cambiamenti climatici; quindi ha riaperto la corsa all'estrazione anche in aree protette ed ha rimosso il coordinatore del gruppo di scienziati che sin dal 1995 avevano indicato nell'uso di combustibili fossili la principale causa dei cambiamento climatici. Per tutti questi motivi proponiamo di togliere il nostro consenso a chi fornisce energia alla guerra: così daremo un segnale del reale potere che è in mano ai consumatori".
· Metodisti contro Bush. Melvin G. Talbert, direttore ecumenico della Chiesa metodista cui appartiene il presidente americano, promuove il suo spot pacifista su Cnn e Fox. Dichiara che assalire l'Iraq “viola la legge di Dio e gli insegnamenti di Gesù Cristo”. E aggiunge: “L'Iraq non ci ha fatto nulla di male. La guerra creerà soltanto altri terroristi e contribuirà a stabilire un mondo più pericoloso per i nostri figli”. Lo pacifista di 30 secondi fa parte di una campagna mediatica del valore di un milione di dollari sponsorizzata da un gruppo di associazioni e vip statunitensi, tra cui Susan Sarandon, che si oppongono alla politica bellicista di Bush.[12]
·
Le bandiere della pace dilagano. La campagna
"Pace da tutti i balconi" compie cinque mesi. Il sito www.bandieredipace.it comincia a viaggiare
sull'ordine dei 4.000 accessi quotidiani. Ma solo a febbraio i mass
media si accorgono che in Italia sventolano sempre più le bandiere della pace.
Le bandiere arcobaleno vengono definite un "fenomeno sociologico".
Sono a quota 130 mila ma nel giro di poche settimane si decuplicano per poi
raddoppiare ancora. Scrive Nicoletta
Landi, una delle animatrici della campagna: "E' nata silenziosa, con un
tam tam tra le associazioni e le ong[13],
ma ora che le bandiere cominciano a vedersi, ecco che sta sfondando il muro del
silenzio dei media. Cosa è successo in questi cinque mesi? Il primo passo del
gruppo di coordinamento che ha creato il sito web (www.bandieredipace.org) fu di evitare
che ci fossero paternità specifiche, o leader, neanche in Diego (di "Cem
Mondialità") il suo ideatore. Il lavoro che facemmo cercò invece di
concentrarsi sugli strumenti che avrebbero permesso a chiunque di portare
avanti la campagna, in modo orizzontale ed autonomo. Per prima cosa
individuammo una segreteria centrale (i "Beati i costruttori di pace"
di Padova) a cui tutti potessero fare riferimento per richiedere bandiere da
tutte le parti d'Italia. Carlo di Mani Tese, il grafico del coordinamento, creò
nelle prime 24 ore il logo ed il nome "Pace da tutti i balconi", e
dopo la prima settimana avevamo già i primi manifesti, che adesso sono in tutta
Italia, raffiguranti gli amici ed i parenti di Carlo, con la bandiera alla
finestra. Ricordo che Carlo in quei giorni ci disse: "Guarda che l'idea è
veramente potente. Tutti coloro a cui ho chiesto di posare per le foto sono
stati entusiasti, ed anche i vicini hanno voluto partecipare". L'idea,
portata avanti insieme a padre Alex Zanotelli e poi con i sostenitori della
campagna "Fuori l'Italia dalla guerra" (Emergency, Tavola della pace,
Lilliput, Libera), prese piede nei gruppi; fu pensando a loro che creammo la
sezione del sito che indicava come creare un banchetto, quali volantini
stampare e come diffondere la campagna. Usufruendo dell'ospitalità del server
di Lilliput e del suo webmaster (Andrea), creammo un sistema automatico per
registrare l'elenco dei punti di distribuzione in Italia. Dovevamo rapidamente
far circolare la voce e creare un collegamento tra chi cercava le bandiere e
chi voleva distribuirle. Sarebbe stato impossibile per noi, lo sapevamo, tenere
dietro ad una mappa in tutt'Italia. L'unica possibilità era che la mappa si
creasse da sola. Gli amici di PeaceLink offrirono la loro disponibilità per
raccogliere in un database le segnalazioni di chi appendeva la bandiera. La
gente da tutta Italia scriveva, raccontandoci l'entusiasmo per l'iniziativa.
Poi è arrivato Natale, e lì la campagna ha cominciato a volare da sola. Le
bandiere stavano uscendo dalle manifestazioni del movimento e finalmente
entravano nella vita di tutti i giorni. Perché la bandiera piace? Perché è
cromaticamente vincente, bella, un segnale positivo contro i segni neri e
negativi della guerra. Perché è un'idea semplice, che non ha bisogno di essere
spiegata. Perché veramente la maggioranza degli italiani detesta a tal punto la
guerra preventiva da agire anche con un'azione che appare molto banale. A
gennaio abbiamo visto l'argine rompersi. Le scorte erano esaurite in tutta
Italia, gruppi si moltiplicavano, comparivano le prime interviste, i primi
articoli... Le bandiere erano visibili nelle città, non si potevano più
ignorare. Dopo che i primi sfondano l'argine, poi vi è l'effetto fiume in
piena, passa il timore e arriva la voglia di essere presenti. L'onda ha toccato
anche l'Ansa; quando se ne accorge l'Ansa, vuol dire che la notizia ha assunto
carattere nazionale. La grande onda deve ancora arrivare in tutt'Italia, e
siamo tutti col fiato sospeso guardando all'Iraq. Abbiamo l'emozione di aver
toccato cosa significhi riuscire a tessere una rete, composta di decine di
migliaia di persone in tutto il paese. Sentire e leggere le storie di chi ci ha
creduto, attivisti o casalinghe, insegnanti o genitori, ci ha dato l'idea di
un'umanità che non è sola e isolata come il sistema liberista ci dipinge.
Abbiamo verificato ciò che per scherzo ci siamo detti inizialmente: "Voi
avete le televisioni, noi abbiamo i balconi". Senza soldi, senza stampa,
senza tv, senza radio, senza leader, ma solo credendoci, si può creare qualcosa
di grande se si ha fede e fiducia negli uomini”. Da questa esperienza
nascerà poi il libro "Bandiere di pace" (Chimienti Editore).[14]
· Bandiere ostacolate. Mao Valpiana, direttore di "Azione nonviolenta" (per contatti: azionenonviolenta@sis.it), risponde alla dichiarazione di un assessore regionale veneto che vorrebbe vietare alle scuole della regione di esporre la bandiera della pace: "Anziché avventurarsi in questa impresa proibizionista, l'assessore farebbe bene a dare una ripassatina alla Costituzione Italiana che all'articolo 11 "ripudia la guerra" ed invoca un ordinamento che "assicuri la pace", e all'articolo 21 riconosce ad ogni cittadino la libertà di manifestare il proprio pensiero con la parola, lo scritto "ed ogni altro mezzo" (comprese, quindi, le bandiere). Forse non è inutile ricordare all'assessore che persino l'articolo 1 dello Statuto della Regione Veneto richiama esplicitamente, come legge superiore alla quale uniformarsi, la Costituzione della Repubblica Italiana. Dunque, esporre la bandiera della pace nelle scuole non è affatto in contrasto con il tricolore e con il leone alato (che non a caso porta l'iscrizione "pax tibi..."), anzi ne è il naturale completamento. Forse l'assessore ignora che la bandiera della pace ha una tradizione autorevolissima. Fu il pacifista e filosofo Bertand Russel ad adottare i colori dell'arcobaleno come simbolo della fratellanza fra i popoli; ed è stato poi Aldo Capitini, fondatore del Movimento Nonviolento, ad importare in Italia nel 1961 questa bandiera, in occasione della prima marcia della pace da Perugia ad Assisi". Dopo l'assessore veneto sarà lo stesso governo italiano a diramare disposizioni alle prefetture per far togliere le bandiere arcobaleno dagli edifici pubblici. A Taranto la bandiera della pace verrà raddoppiata e spostata dal pennone del municipio ad un lampione. A Roma rimarrà sul pennone e il sindaco non la sposterà neppure, sfidando il prefetto.
·
Stop ai treni della morte. In tutt'Italia
vengono realizzati blocchi ferroviari contro i "carichi della morte",
quasi tutti nonviolenti. In particolare a Camp Darby e al porto di Livorno
gruppi di pacifisti attivano iniziative di boicottaggio nonviolento per
impedire il passaggio dei carichi di armi destinati alla guerra in Iraq.[15]
Vi partecipano anche preti come don Albino Bizzotto e don Vitaliano della Sala.
Non tutto il movimento per la pace concorda con queste modalità di azione: sul
sito di Vita il sondaggio registra un consenso del 60% dei lettori attorno al
blocco dei convogli. Peppe Sini, un autorevole pacifista nonviolento, condivide
i blocchi nonviolenti e li definisce "un'istigazione a non
delinquere" quelle azioni nonviolente con cui tanti, sdraiandosi
sui binari, rallentano e bloccano i convogli. Scrive Peppe Sini: "Quei
materiali bellici - se non li si fermerà - di qui a poco saranno utilizzati per
commettere crimini di guerra e crimini contro l'umanità. Il loro uso - se non
lo si impedirà - provocherà la morte di innumerevoli innocenti. Il loro
transito nel nostro territorio rende l'Italia favoreggiatrice degli stragisti.
Permettere che giungano a destinazione vuol dire rendersi complici della guerra
onnicida, vuol dire violare il comando supremo della nostra Costituzione:
"ripudia la guerra". E dunque è giusto e necessario bloccare con
l'azione diretta nonviolenta i treni che recano gli strumenti della morte, le
armi delle stragi annunciate. E dunque è un atto di fedeltà, di rispetto e di
inveramento della legge fondamentale del nostro ordinamento giuridico impedire
che le armi efficienti alla guerra illegale e criminale possano giungere a
destinazione, possano essere usate, possano colpire i loro viventi umani
bersagli. Su quei binari a fermare quei treni che trasportano armi ci dovrebbe
essere il capo dello Stato della Costituzione supremo garante, ci dovrebbe
essere ogni pubblico ufficiale che alla Costituzione ha giurato fedeltà. Ci
sono invece dei cittadini italiani che con questa azione diretta nonviolenta si
stanno impegnando per salvare delle vite umane, stanno difendendo la dignità
del nostro popolo e la legge fondamentale del nostro paese, stanno obbedendo
alla Costituzione, stanno adempiendo a un dovere di legalità e di umanità. Si
renda loro onore e li si aiuti".
· Greenpeace blocca i convogli. Anche Greenpeace (www.greenpeace.it) conduce azioni di protesta contro i convogli di armi in Australia, Francia e Gran Bretagna. Nel porto militare britannico di Southampton sette sono arrestati, ma cinque riescono ad arrampicarsi sui carri armati che stavano per essere caricati sulle navi militari destinate al Golfo; una volta entrati sono riusciti a chiudersi all'interno. Altri due attivisti hanno dipinto la scritta "No alla guerra" sulle fiancate e si sono incatenati ai carri armati. Contemporaneamente, nel porto francese di Tolone, attivisti di Greenpeace hanno protestato per la partenza di un aereo militare per la Turchia. "Come mai il presidente Chirac, che si oppone pubblicamente alla guerra in Iraq, manda un caccia in Turchia?", si chiedono a Greenpeace Francia. In Australia Greenpeace innalza una mongolfiera di fronte al parlamento di Camberra. Parlando dal "Rainbow Warrior", a Southhampton, Blake Lee Harwood, di Greenpeace, dice: "Greenpeace userà ogni mezzo pacifico per bloccare l'attacco all'Iraq". Per Greenpeace la soluzione alla minaccia delle armi di distruzione di massa è il controllo internazionale sugli armamenti ed il disarmo: "Gli strumenti ci sono già: Trattato per la non proliferazione nucleare, Convenzione sulle armi chimiche e Convenzione sulle armi biologiche. Anziché essere rafforzati questi strumenti vengono continuamente indeboliti, specialmente dagli Usa”, afferma Domitilla Senni, direttrice generale di Greenpeace Italia.
· Parlamentari tallonati. Per favorire un'opposizione civile ed efficace al conflitto Rete Lilliput lancia una petizione on line per raggiungere i parlamentari italiani con un appello a favore della pace inviato tramite e-mail. Dal sito http://www.retelilliput.org - grazie ad un sistema ideato appositamente dai tecnici “lillipuziani” - è possibile per i cittadini italiani spedire al parlamentare del proprio collegio un messaggio contro la guerra. All'interno dell'appello vengono rivolte tre esplicite domande all'onorevole di turno: "E' favorevole o contrario alla guerra contro l'Iraq? E' favorevole o contrario al coinvolgimento dell'Italia nella guerra contro l'Iraq, anche attraverso un coinvolgimento indiretto (concessione delle basi e dello spazio aereo)? Quali iniziative ha assunto o intende assumere?" Con questo appello Rete Lilliput invita i cittadini ad effettuare pressione presso i deputati e i senatori affinché le istituzioni parlamentari, in quanto rappresentanti della popolazione italiana, agiscano responsabilmente in accordo con il diffuso rifiuto della guerra.
· Religioni per la pace. Il Cipax, ossia il Centro interconfessionale per la pace (per contatti: cipax@romacivica.net) afferma: "La minacciata "guerra preventiva" degli Stati Uniti d'America e dei loro alleati contro l'Iraq non serve a sradicare dal mondo la follia criminale del terrorismo che, con la guerra, invece, dilagherà inarrestabile”. Il Cipax fa proprie le parole del segretario generale del Consiglio ecumenico delle Chiese, Konrad Raiser: "La minacciata "guerra preventiva" contro l'Iraq è immorale, illegale ed inutile". Per il Cipax questa guerra “è immorale perché contro i principi etici; illegale perché contro il diritto internazionale; inutile perché non annienterebbe il terrorismo, ma lo alimenterebbe". Suor Evelina Savini (per contatti: evelinasavini@virgilio.it) diviene l'animatrice di un appello al Papa in cui si chiede: "Ci rivolgiamo a lei perché chieda solennemente, ancora una volta, a governanti e governati di non fare questa guerra. Vorremmo che si levasse la sua voce autorevole per invitare ogni uomo e donna di buona volontà a porre ad essa obiezione di coscienza. Che i parlamentari non la deliberino, che i militari non la combattano, che ogni persona, secondo le sue possibilità, percorra attivamente la strada dell'obiezione e della noncollaborazione". Famiglia Cristiana intanto lancia un sondaggio fra i suoi lettori sulla guerra: "Con il Papa o con Bush?". Il 97 per cento sceglie il Papa.
· Sondaggio. Il 4 febbraio viene reso noto il sondaggio "Eurisko - la Repubblica"[16] sull'intervento militare in Iraq. La Repubblica ne riassume le conclusioni titolando: “No alla guerra, anche con l'Onu”. Il 63% si dice anche convinto che Baghdad nasconda pericolose armi di distruzione di massa e, di conseguenza, costituisca un pericolo per il mondo occidentale (67%). Il 56%, per di più, crede nell'esistenza di un legame tra il paese mediorientale e la rete terroristica di Al Qaeda. Tali convinzioni, tuttavia, non spingono gli italiani a schierarsi a fianco degli Stati Uniti, a favore di intervento nel Golfo Persico. Anche nel caso di un'azione supportata dai principali alleati, svolta sotto l'egida delle Nazioni Unite, solo il 28% delle persone interpellate sarebbe favorevole alla guerra (tale scenario, negli Usa, troverebbe favorevoli ben otto persone su dieci). Una percentuale che scende sotto il 10% in assenza di un pronunciamento favorevole del Consiglio di sicurezza dell'Onu (in questa circostanza, conviene sottolinearlo, le perplessità risultano molto diffuse anche oltreoceano). Meno di una su cinque (19%) pensa che, disarmato l'Iraq, il rischio di attentati in occidente possa diminuire e, anzi, il 77% teme che con il conflitto cresca il rischio di ritorsioni terroristiche. Allo stesso tempo, attaccare l'Iraq senza fondate motivazioni, secondo il 54% degli intervistati, potrebbe spingere altri paesi ad usare la forza per risolvere le tensioni tra nazioni. E poco sembrano convincere gli argomenti utilizzati a favore di un attacco statunitense: appena il 20% pensa che l'esito positivo dell'intervento condurrà a ad un miglioramento dei rapporti internazionali; e solo il 29% del campione interrogato considera probabile un rilancio economico all'indomani della guerra. Proprio a questioni economiche, peraltro, si rivolgono i maggiori sospetti circa le intenzioni americane: ben il 61% associa l'iniziativa degli Stati Uniti al controllo dei pozzi petroliferi iracheni. Gli italiani chiedono al proprio paese di schierarsi con l'asse franco-tedesco, nel tentativo di frenare la macchina bellica ormai in moto (66%).
·
15 febbraio: 3 milioni in piazza. Gino Strada
– di Emergency - aveva detto: "Dovremo essere milioni di cittadini, per
dire che non vogliamo guerra, non vogliamo più guerre, vogliamo vederle sparire
dalla faccia della terra. Vorrei che il 15 febbraio fossero in tanti a
impegnarsi per la pace, uniti solo dall'obiettivo di fermare la guerra, e in
ogni caso di tenerne fuori il proprio paese". E così è stato: a Roma
confluisce la più grande manifestazione mai svoltasi in Italia: 3 milioni di
persone. "E’ la più grande manifestazione che io abbia mai visto",
dice Pietro Ingrao. Il conto della gente confluita è molto complesso
perché mentre una metà dei manifestanti riempie il corteo romano fin dalla
mattina, un’altra metà è nelle viscere della capitale, nella metropolitana. Dal
palco Haidi Giuliani, la madre di Carlo, dice: "La domanda non è
se noi potremo cambiare la strada omicida del potente. No. La domanda che
dovremmo farci è: potremo vivere con la vergogna di non aver fatto tutto il
possibile per evitare o fermare questa guerra?". Presente al corteo il
Wwf e anche Amnesty International con lo striscione: "Non in nome dei
diritti umani". Al corteo – a cui la Rai nega la diretta – vi
sono i “giornalisti Rai contro il silenzio"; la frase campeggia su
un applauditissimo striscione guidato dal segretario della Fnsi, Paolo Serventi
Longhi, e da altri giornalisti tutti rigorosamente imbavagliati. Interviene
l'ex presidente della Rai, Roberto Zaccaria: "Non mandare in diretta tv
la manifestazione è un boomerang che tornerà indietro e farà del male: non
bisogna essere dei geni per capirlo”. Secondo l'ex direttore della Rai, “quando
ci si trova vicino alla guerra, negare l'informazione è violare un diritto
costituzionale”. "La Repubblica" pubblicherà in seguito un
articolo sulla censura praticata nei notiziari della Rai. Per esempio
c'è l'ordine categorico di evitare di usare la parola “pacifisti”,
meglio limitarsi a nominarli come “disobbedienti”. Bisogna evitare di
riprendere le abitazioni dove vengono esposte le bandiere della pace.
Mobilitazione pacifista anche negli Usa, in 250 città: "Finora
- afferma William Grove, vescovo della Chiesa metodista unita, la chiesa
cui appartiene Bush - i mass media americani non hanno dato alcun risalto
alle affermazioni papali contro la guerra e trascurano l'informazione sui
movimenti di opposizione alla guerra che pure sono attivi e diffusi sul
territorio americano. Bush, sollecitato per due volte ad un incontro da ben 47
leader religiosi americani, non solo cristiani, fra cui anche 20 vescovi della
sua chiesa, ha rifiutato di incontrarci. Abbiamo bisogno della stampa
internazionale per superare i filtri posti da un'informazione schierata e
disattenta". Il 15 febbario si svolgono manifestazioni contro la
guerra in tutto il mondo. Massiccia la partecipazione nelle nazioni i
cui governi si schierano per l’intervento Usa. A Londra svolge una manifestazione
imponente con circa un milione e mezzo di persone che hanno risposto
all'appello della "Stop the War Coalition". Ospite d'onore, il noto
reverendo nero statunitense, Jesse Jackson. A Madrid e Barcellona sfilano,
secondo gli organizzatori, in 3 milioni. Ma è tutto il Vecchio Continente a
scendere in piazza contro la guerra: Bruxelles, L'Aja, Vienna, Lisbona, Berna,
Copenhagen, Stoccolma, Oslo, Dublino, Reikyavik, Sofia e molte capitali dell'ex
blocco sovietico sono solo alcune tra le 105 città europee che vedranno sfilare
i manifestanti. Secondo la Cnn si è in pratica trattato della più grande
manifestazione mondiale di tutti i tempi: oltre 110 milioni di persone
in marcia per dire no alla guerra. Il presidente della Camera Casini dice: "Il
governo ascolti questa gente". Fini invece: "Ora la pace è più
lontana". Publio Fiori (AN), vicepresidente della Camera, contesta
Fini in un'intervista al Corriere della Sera e spiega: “Non sono andato alla
manifestazione per non alimentare le polemiche, ma ero lì con il cuore. Più
cresce il dissenso nei confronti di una guerra fatta senza l'autorizzazione
dell'Onu - dice ancora Fior i- e più sarà difficile dare l'ordine di
attacco. Quindi queste manifestazioni favoriscono la pace. Eccome”.
Berlusconi invece contesterà i numeri: per lui non c’erano 110 milioni di
persone nelle piazze di tutto il mondo.[17]
·
15 febbraio a Baghdad. Mirella Ghizzardi e altri
scudi umani sono a Baghdad: “La nostra marcia per la pace è andata
bene, non solo perché non ci siamo mischiati con gli iracheni con i mitra e
l'immagine di Saddam, ma perché abbiamo potuto incontrare le persone comuni e
semplici che chiedono la pace. Non abbiamo partecipato a nessuna manifestazione
promossa dal partito di Baath; la nostra manifestazione avveniva in
concomitanza con le altre manifestazioni che si tenevano in più parti del
mondo”.
· Fuori l’Italia dalla guerra. Il 18 febbraio Luigi Ciotti, Sergio Cofferati, Flavio Lotti, Gino Strada, Tiziano Terzani e Alex Zanotelli si rivolgono ai deputati e ai senatori: “Chiediamo che il Parlamento italiano esprima con un voto la propria fedeltà al ripudio della guerra indicato all'articolo 11 della Costituzione. Chiediamo che il Parlamento italiano esprima con un voto la volontà del nostro Paese di non prendere parte ad alcun atto di guerra. Non un soldo né un uomo, non una base né un permesso di sorvolo. L'Italia, i cittadini italiani, non vogliono guerre: fuori l'Italia dalla guerra, fuori la guerra dall'Italia”. Il parlamento italiano non invierà i bombardieri italiani (come fece invece per il Kossovo) né farà partire la flotta italiana (come avvenne per l’Afghanistan). Né darà il permesso di usare le basi militari per le missioni di bombardamento angloamericane. Tuttavia un certo supporto militare delle basi Usa in Italia (come la partenza di paracadutisti) verrà gestito “di nascosto” e, una volta scoperto, costringerà il governo italiano a dare risibili assicurazioni (“i paracadutisti americani sono partiti per azioni non di guerra”).
· Il fascino nascosto della bandiera arcobaleno. I sondaggi d’opinione danno la bandiera arcobaleno più popolare del tricolore.[18] Tiziano Tissino (per contatti: t.tissino@itaca.coopsoc.it), impegnato nel movimento dei "Beati i costruttori di pace", spiega il segreto fascino nascosto della bandiera e racconta la storia del suo successo: “Non so voi, ma a me si riempie il cuore, ogni volta che vedo esposta una nuova bandiera della pace: non solo perché quel drappo colorato è bello, perché rimanda allo spettacolo sempre affascinante dell'arcobaleno. C'è di più, c'è la scoperta di un'altra persona, un'altra famiglia, che mentre espone la bandiera espone se stessa. Dichiara al mondo che questa guerra non s'ha da fare. Appendere la bandiera della pace fuori dalla propria finestra è un gesto alla portata di tutti. Non serve aver studiato, né allenamento, né disponibilità di tempo o di soldi. Non serve nemmeno aderire ad una ideologia o ad una fede: quella bandiera è di tutti proprio perché non è di nessuno. Al tempo stesso, appendere quella bandiera non è affatto facile: bisogna riuscire a superare la naturale ritrosia ad esporsi, bisogna trovare il coraggio di sfidare il perbenismo delle consuetudini, essere disposti a mettere a rischio la propria reputazione e magari le proprie amicizie. Soprattutto, è una sfida alla propria coerenza, perché ogni volta che tornerai a casa, quel drappo colorato ti spingerà a chiederti se tu, con i tuoi comportamenti quotidiani, sei veramente degno di quel simbolo di pace. E' quindi con stupore e meraviglia sempre crescenti che da settembre seguo da vicino l'impressionante sviluppo della campagna "Pace da tutti i balconi", nata quasi per caso intorno a una tavola imbandita, tra un piccolo gruppo di amici alla ricerca di un segno da proporre a tutti gli italiani per permettere loro di manifestare il loro no alla guerra. Una manciata di persone, che però si lascia trascinare dall'entusiasmo di questa idea semplice e geniale, e si mette a lavorare sodo per realizzarla. Nel giro di pochi giorni è pronto il logo e subito dopo il sito Internet www.bandieredipace.org; "Beati i costruttori di pace" si fa carico di gestire la distribuzione delle bandiere, cominciano ad arrivare le prime adesioni ed i primi ordini. Ogni occasione diventa buona per proporre la campagna e distribuire bandiere: le manifestazioni contro la guerra, lo sciopero generale della Cgil, la marcia di avvicinamento al Social forum europeo. La stupenda manifestazione di Firenze ci fa capire che ormai la bandiera ha messo radici, la campagna si allarga, nuovi gruppi si segnalano come distributori locali. Poi viene il 10 dicembre, con le manifestazioni in tutt'Italia, e poi Natale con tanta gente che sceglie di regalare o regalarsi una bandiera della pace. A gennaio, la campagna è ormai un fiume in piena che straripa da tutte le parti. Le bandiere vanno a ruba, i distributori locali si moltiplicano, alla sede dei "Beati" fanno fatica a star dietro agli ordini in arrivo. In questi giorni (inizio febbraio) il ritmo è ormai di oltre 10.000 bandiere al giorno. Ogni mattina il corriere scarica i pacchi provenienti dalla fabbrica ed il pomeriggio ripassa a prendersi i pacchi confezionati per essere spediti in tutt'Italia”.
· Obiettori di coscienza israeliani. Andreas Speck, della War Resisters' International, comunica: “Le Forze Armate israeliane stanno pensando di deferire gli obiettori di coscienza dinanzi alla corte marziale. Questo è un nuovo sviluppo per gli obiettori ebrei israeliani che si presentano in caserma, ma rifiutano l'arruolamento. Il 19 febbraio i genitori e i sostenitori degli obiettori in carcere, insieme ai giornalisti e fotografi israeliani e stranieri, hanno affollato la piccola hall della corte marziale di Jaffa per seguire gli ultimi sviluppi nel caso dell'obiettore di coscienza Yoni Ben Artzi. Inizialmente Ben Artzi ha guadagnato l'attenzione dei media specialmente perché è il nipote del Ministro degli Esteri Netanyahu. Ma nel tempo ha acquisito una reputazione considerevole per proprio conto, come pacifista dai fermi principi, che è già stato incarcerato per 200 giorni in sette condanne variabili tra i 29 e i 35 giorni di detenzione ciascuna, e sta ora per affrontare la corte marziale”. Adam Keller, dell’associazione pacifista israeliana Gush Shalom, racconta: "Un generale, con tono “amichevole”, ha fatto quella che presumibilmente riteneva una “generosa offerta”: Ben Artzi doveva acconsentire ad arruolarsi e a portare lo status legale di soldato, e in cambio l'esercito gli avrebbe garantito un servizio “facile, senza armi, uniformi o addestramento militare”. Ben Artzi ha ricevuto pochi giorni di tempo per prendere in considerazione questa offerta, ma in realtà non ha avuto dubbi: è intenzionato e pronto a dare tre anni della sua vita per un servizio utile alla società israeliana - ma solo in una organizzazione civile che non abbia niente a che vedere con il sistema militare; è assolutamente determinato a non essere parte, in alcun modo, di un esercito, di una organizzazione il cui principale obiettivo è uccidere e fare violenza; di nessun esercito in generale, e certamente non di un esercito di occupazione impegnato in una oppressione di larga scala nei confronti di un altro popolo. Dopo aver comunicato alle autorità la sua decisione, in cambio Ben Artzi è stato informato che sarebbe dovuto comparire di fronte alla corte marziale, che potrebbe condannarlo a una reclusione fino a tre anni. Inoltre, da quel momento è stato oggetto di umiliazioni mai avvenute prima, durante i suoi periodi di detenzione: venire ammanettato ogni volta che deve essere trasferito da un posto all'altro (anche se non ha mai cercato di scappare); essere tenuto in una cella senza nessun tipo di mobilio, così da doversi sedere sul pavimento; mangiare senza posate...” Durante l'udienza il responsabile del procedimento è uscito dal ruolo e si è lanciato in accuse offensive descrivendo Ben Artzi “niente di meglio di qualsiasi disertore o drogato”. L'avvocato difensore di Ben Artzi ha rifiutato queste argomentazioni, affermando che Yoni Ben Artzi è “il classico, palese caso di pacifista dai fermi principi: una persona che ha scelto il pacifismo e la nonviolenza e che negli anni precedenti la chiamata alla leva si è fatto le ossa sulla storia e la filosofia del pacifismo”. Adam Keller, di Gush Shalom, annota: “Il procedimento a carico di Yoni Ben Artzi di fronte alla Corte Marziale è di vitale importanza e occorre dargli la massima visibilità politica e mediatica". Nel frattempo non è chiaro che cosa l'esercito intenda fare nei confronti degli altri dieci obiettori che sono andati dentro e fuori di prigione negli ultimi sei mesi. Il 19 febbraio l'Acri (Associazione per i diritti civili) presenta un appello alla corte suprema sul conto di Dror Beumel il quale viene incarcerato per la settima volta il 20 febbraio, in attesa del verdetto della corte marziale. Intanto l'obiettore di coscienza druso Rabin Jihad Sa'ad si trova attualmente nella prigione militare n.4 in attesa della corte marziale. Si diffonde quindi anche in Italia via Internet l’appello della War Resisters' International. Dalla newsletter “La nonviolenza è in cammino” parte l’appello: “C'è urgente bisogno di delegazioni di osservatori presso la corte marziale. Le udienze delle corti marziali sono, a rigore, aperte al pubblico, ed è importante una presenza internazionale. Noi chiediamo a chiunque sia interessato di contattare immediatamente gli uffici WRI (tel. 442072784040, e-mail: concodoc@wri-irg.org). La War Resisters' International chiede l'urgente invio di lettere alle autorità israeliane[19] e alle ambasciate di Israele all'estero”. Segue un lungo elenco di e-mail e fax di autorità, carceri e giornali da contattare.
· Carovana antimafia. Promossa da Arci, Libera e Avviso Pubblico, la carovana antimafia parte il 25 febbraio per un viaggio di otto mesi che si concluderà a ottobre in Sicilia, dove è nata nel 1994 su iniziativa dell'Arci e di Rita Borsellino, la sorella di Paolo, il magistrato ucciso dalla mafia il 19 luglio 1992 nella strage di via d'Amelio a Palermo. Nel corso della conferenza stampa di presentazione si annuncia la "Giornata dell'impegno e della memoria", l'appuntamento del 21 marzo per ricordare e pronunciare i 500 nomi delle vittime innocenti della mafia.
· International Peace Bureau (IPB) anche in Italia. A Lugo di Romagna si costituisce IPB Italia quale associazione di raccordo e promozione delle diverse iniziative connesse all'IPB di Ginevra. L’International Peace Bureau di Ginevra - la più antica federazione mondiale impegnata sui temi della pace - riunisce e coordina, tra associazioni e sodalizi, oltre 20 organizzazioni internazionali e 188 nazionali in 54 Paesi. Nel 1910 IPB di Ginevra ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace, premio che, nel corso degli anni, è stato assegnato anche a 13 dei suoi promotori. Il sito Internet di IPB Italia è http://www.ipb-italia.org
· Vietata la maglietta pacifista. Ad Albany, la capitale dello Stato di New York, all’inizio di marzo un uomo di 61 anni, che indossa una maglietta con le scritte “Pace sulla Terra” e “Diamo una chance alla pace”, viene fermato dalle guardie di sicurezza di un centro commerciale e arrestato perché si rifiuta di levarsela.[20]
· Pacifisti uccisi dal fuoco israeliano. Il 16 marzo Rachel Corey[21], 23 anni, pacifista statunitense impegnata in azioni di interposizione con l'International Solidarity Movement (ISM), viene uccisa dai bulldozer dell'esercito israeliano mentre tenta di bloccare la demolizione di una casa palestinese.[22] Qualche giorno prima aveva scritto alla famiglia: “Sono in Palestina da due settimane ed un giorno ed ho ancora poche parole per descrivere ciò che vedo. Un bambino di otto anni è stato ucciso da un carro armato israeliano due giorni prima del mio arrivo e molti bambini mi sussurrano il suo nome, Alì. Ci sono qui più bambini di otto anni consapevoli della struttura del potere globale, di quanto lo fossi io qualche anno fa, almeno riguardo ad Israele. Nonostante ciò, penso che nessuna quantità di libri, di partecipazione alle conferenze, di visione di documentari, né di parole mi avrebbero potuto preparare alla realtà della situazione qui. Oggi ho camminato sulla collina dei detriti dove una volta sorgevano le case, soldati egiziani mi chiamavano dall'altra parte del confine, "Vai!, vai!" perché stava arrivando un carro armato. Ho dei problemi all'accesso di notizie dall'estero, ma sento che un crescendo verso il conflitto in Iraq sembra inevitabile. Alcuni gruppi di insegnanti e di bambini, hanno manifestato il desiderio di corrispondere in e-mail, ma questa è solo la punta dell'iceberg del lavoro di solidarietà che potrebbe essere fatto”.[23] Ma il sacrificio di Rachel non rimane purtroppo isolato. L’11 aprile il pacifista britannico Tom Horindal sarà ucciso dal fuoco israeliano a Rafah (Gaza) durante una protesta contro la demolizione di una casa palestinese nel quartiere di Yebna, alla periferia di Rafah. Al momento della sparatoria Tom Horindal, altro attivista (come Rachel) dell'International Solidarity Movement, fungeva da “scudo umano” per proteggere bambini palestinesi che stavano per attraversare una strada esposta a fuoco. Per la radio militare israeliana il giovane "è entrato nella traiettoria" dei proiettili israeliani. Handoll era uno “scudo umano” di grande esperienza che si era recato in precedenza anche in Iraq per protesta contro l'intervento militare britannico e poi in Giordania, dove ha servito come volontario in un campo profughi. Pochi giorni prima della morte di Horindal a Jenin (Cisgiordania) un altro pacifista statunitense, Brian Avery, era stato colpito alla testa da un proiettile sparato da una pattuglia israeliana intenta ad imporre il coprifuoco. Avery viene ricoverato in un ospedale di Haifa, in condizioni gravi.
· Inizia la guerra. “Oggi 20 marzo 2003 gli USA iniziano formalmente e ufficialmente i propri bombardamenti in Iraq; questa giornata si apre con il lutto di 10 vittime dei bombardamenti, non sono le prime e nemmeno le ultime di questa ondata di violenza inaudita”[24]. Queste parole che appaiono sul sito di Indymedia, uno dei più attivi e aggiornati. E’ da poco iniziata l'azione militare definita dal Pentagono "Shock and Awe", ossia "colpisci e terrorizza". Scatta anche in Italia una mobilitazione generale e permanente fatta di manifestazioni, veglie, azioni di disobbedienza civile, appelli, campagne di boicottaggio, ecc.. Il Ministero degli Interni tiene il conto: dal 20 al 31 marzo si svolgono 516 manifestazioni tra cortei (259), fiaccolate (21), presidi (177), sit-in (20) e assemblee (18).
· Dossier antiwar. Su Internet incominciano ad arricchirsi i dossier sulla guerra e la mobilitazione pacifista, ad esempio:
http://www.informationguerrilla.org/iraq_verso_la_3_guerra_del_golfo.htm
http://www.unimondo.org/crisiglobale/
http://www.altrameta.it/dossier_Iraq.html
Il sito Internet di PeaceLink (www.peacelink.it), che il 20 marzo era schizzato oltre i 20 mila utenti, si mantiene per diversi giorni su una media di 15 mila visitatori al giorno.
· Studenti antiwar. Particolarmente attivo è il portale degli studenti (studenti.it) che dedica un’apposita sezione al movimento antiwar, raccogliendo anche i volantini e i documenti dei giovani:
http://www.studenti.it/noguerra/
La parola d’ordine è “attiviamoci!” e i giovani si dimostrano la grande novità (e la maggioranza numerica) del movimento antiguerra.
· Cattolici antiwar. Il Papa si schiera i maniera esplicita contro l’attacco di Bush. E’ una posizione così netta da risultare sgradita ad una parte del mondo politico. E così accade che – di fronte alla commemorazione dei morti iracheni fatta dall’arcivescovo di Modena mons. Cocchi – una parlamentare perda la bussola. L'on.Isabella Bertolini, vice capogruppo di Forza Italia alla Camera e coordinatore in Emilia-Romagna, infatti dichiara il 21 marzo: “Constatiamo che mons.Cocchi, come del resto tanta altra parte del mondo cattolico italiano, prosegue in quella secolare tradizione cattolica tutta italiana ambiguamente ostile, nei confronti del valori di cui l'Occidente, e gli Usa in primis, sono portatori: l'individualismo, lo sviluppo economico e culturale, il liberalismo, il primato tecnologico, il benessere diffuso ed il pragmatismo anti-ideologico. Mons.Cocchi, nella sua veste temporale, ha fatto liberamente una scelta di campo anti-americana, anti-occidentale ed antimoderna, a favore di un pretestuoso terzomondismo e di un filo-arabismo strabico”. Enrico Peyretti (peyretti@tiscalinet.it), un autorevole pacifista italiano, interverrà per respingere l’accusa di antiamericanismo “perché assolve la volontà di dominio di quel governo, e offende il popolo statunitense, che ha cittadini come Rachel Corrie, identificandolo in quella politica. La chiara risposta delle chiese ha un bel valore ecumenico, sia intracristiano, sia verso l'Islam autentico, e costruisce pace tra civiltà e religioni. Il nuovo popolo della pace, cresciuto dentro questa tragedia, è motivo di forte speranza”.
· Acqua. Il 21 marzo comincia a Firenze il primo Forum alternativo mondiale dell’acqua.[25]
· “Abbiamo salvato la vita di quanti italiani?”. A fine marzo la mobilitazione pacifista raggiunge un importante obiettivo; scrive infatti Riccardo Orioles: “In Italia, abbiamo ottenuto un successo enorme. Abbiamo fermato la spedizione italiana in Iraq (a cui il governo non avrebbe fatto la minima obiezione se non avesse avuto contro il 70 per cento dei sondaggi), abbiamo dunque salvato la vita di non sappiamo quanti concittadini e l'immagine umana del Paese. Questo dobbiamo pensarlo per prima cosa: non è vero che "le manifestazioni non servono a niente". Al contrario, da esse il governo è stato costretto a fermarsi su una classica posizione "andreottiana" ("l'Italia insulta il nemico dal balcone di casa sua") molto lontana dal cowboysmo iniziale. Di questa moderata posizione finale va dato correttamente atto al governo: partito per aggredire la Costituzione, alla fine ne è rimasto - a mio parere - entro i limiti formali, sia pure pagando un tributo al senso del ridicolo di ogni osservatore neutrale. Il transito per le basi non è un peccato di questo governo, ma il frutto "bipartisan" dell'esistenza stessa di esse: che prima erano basi straniere in Italia, ma ora sono basi straniere in Europa”. Riccardo Orioles commenta: “E' nata finalmente la sinistra, questo è certo: non un movimento qualunque, uno dei tanti, ma "il" successore del vecchio movimento operaio e socialista che per tante generazioni ci ha accompagnato, che avrà avuto i suoi errori ma che, nel complesso, ha incivilito e umanizzato il Paese. La nuova bandiera rossa, adesso è la bandiera della pace: non perché essa sia di un partito (chi ha voglia di partiti, adesso?) ma proprio perché non lo è. Come la vecchia bandiera rossa del primo movimento operaio, essa non esprime affatto un partito preciso, un'organizzazione, una setta: ma un'ansia di cambiamento, una gioventù speranzosa, dei valori, che non sono "di" sinistra ma sono "la" sinistra stessa. E come tali, a un certo momento (questo momento) vengono riconosciuti spontaneamente da tutti. E' lì che cambia la storia, che termina il libro vecchio e se ne apre un altro da scrivere, tutto nuovo. A questa nuova bandiera auguriamo di raccogliere tanti dolori, tante speranze e tanta umanità sulla sua strada quanti ne raccolse - nel suo cammino lunghissimo - la vecchia; ma, a differenza di quest'ultima, di non essere mai sporcata da nessuno”. [26]
· Biciclettate nonviolente. Pasquale Pugliese (per contatti: puglipas@interfree.it) impegnato nel Movimento Nonviolento e nella Rete di Lilliput promuove le "biciclettate nonviolente" che si diffondono a Caltanissetta, Fidenza, La Spezia, Lodi, Lucca, Oderzo, Palermo, Pesaro, Prato, Rimini, Riccione, Reggio Emilia, Roma, Torino, Trento, Treviso, Verona. La proposta è promuovere esperimenti di "auto-boicottaggio" nazionale, di una giornata, con biciclettate "contro la guerra per il petrolio" contemporanee in tutte le città d'Italia.
· Obiettori “caschi bianchi”. Il 27 marzo il Cnesc, la Conferenza nazionale enti per il servizio civile, presenta il volume “Quarto rapporto sul servizio civile in Italia”. Il Cnesc ritiene che occorra sostenere a livello nazionale l'esperienza dei “Caschi bianchi” soprattutto in quelle zone del pianeta dove è importante una presenza internazionale di pace. “Ci auguriamo che un numero crescente di Caschi bianchi - afferma il Cnesc - possa partire nei diversi continenti del mondo, al fine ultimo di offrire un contributo allo sviluppo dei popoli e della pace, attraverso i principi della giustizia sociale e dell'uguaglianza”.
· “Piovono mucche”. Il 25 marzo il regista Luca Vendruscolo presenta il suo film “Piovono mucche”. Una commedia realistica e grottesca che parla di barriere sociali, obiezione di coscienza e handicap. Ispirato alla realtà (il servizio civile del regista nella comunità di Capodarco, nel 1995) il film è girato nella comunità della periferia di Roma dopo un anno e mezzo di convivenza con i disabili del luogo.
·
“Salviamo Amina”. L'Unione Donne Italiane (Udi)
il 28 marzo chiama alla mobilitazione per la salvezza di Amina Lawal, la donna
nigeriana condannata a morte per lapidazione per aver generato fuori dal
matrimonio: “Difendiamo il diritto di Amina alla vita e alla dignità che spetta
ad ogni essere umano. La pressione per la salvezza di Amina oggi, deve
diventare il segno visibile di un nostro impegno perché i diritti delle donne
siano considerati diritti umani ovunque secondo la piattaforma di Pechino del
1995”.
· Primi tre obiettori angloamericani. Il 2 aprile Stephen Eagle Funk è il primo riservista dei marine a rifiutare di imbarcarsi per l'Iraq. Ha venti anni ed è cattolico. E’ accompagnato dal suo avvocato e da altri obiettori dell'operazione ‘Desert Storm' del 1991. "So che verrò punito – dice il giovane soldato – ma è meglio subire una punizione ora che vivere con il rimorso per tutta la vita per aver fatto qualcosa che so essere sbagliato". Funk ha raccontato alla stampa la sua personale esperienza con l'esercito statunitense, una storia simile a quella di molti altri ragazzi. "Volevo far parte di qualcosa, dare una direzione alla mia vita, e l'esercito sembrava offrirmi l'occasione", ha detto il ragazzo che un anno fa venne avvicinato da un ufficiale addetto al reclutamento mentre passava un periodo di depressione per essere stato costretto a lasciare l'università per ragioni economiche. "Mi dissero che dopo aver svolto il servizio militare l'esercito mi avrebbe pagato gli studi", ha aggiunto. Ma fin dai primi giorni Funk constatò che quel mondo non parlava la sua lingua. "Durante l'addestramento dovevamo gridare “Kill! Kill!” (Uccidi ! Uccidi!) o passavamo dei guai", racconta il giovane marine. Funk rischia la corte marziale e un periodo di carcere per il suo rifiuto a andare a combattere in Iraq: "Questa guerra è immorale per tutti gli inganni di cui sono stati capaci i nostri leader. L'uso della violenza non è mai una soluzione" ha detto il giovane che ha aggiunto di voler impegnarsi ora a convincere anche altri suoi coetanei a “ragionare con la propria testa” per non aderire alle forze armate con leggerezza. Altri “disertori” anche tra le fila anglosassoni. Dal Regno Unito arriva la conferma che nei giorni scorsi due soldati britannici si sono rifiutati di obbedire agli ordini e di combattere una guerra che "causa la morte di civili innocenti"; per questo sono stati fatti rientrare alla loro caserma di Colchester (Essex). I due appartengono alla sedicesima brigata aerea d'assalto, al momento impegnata in prima linea sul fronte meridionale iracheno. Sono assistiti dall'avvocato Justin Higheston-Roberts, specializzato nella difesa di membri delle forze armate. Rischiano la corte marziale e una condanna a due anni di reclusione per avere disobbedito agli ordini. Ma potrebbero invocare la legislazione europea sui diritti umani e il caso potrebbe diventare un precedente importante oltre che una questione internazionale. Il diritto della coscienza di obiettare non può essere infatti ristretto solo al caso classico del rifiuto totale dell'uso delle armi. Rifiutarsi di uccidere civili inermi è una ragione sufficiente per esercitare l'obiezione di coscienza: questo è il nodo su cui la difesa dei militari affronterà il processo.[27]
· Azioni nonviolente presso le basi militari. War Resisters' International (Wri) lancia un appello per la realizzazione di azioni nonviolente presso le basi militari il 5 e il 6 aprile 2003. War Resisters’ International, la rete internazionale di organizzazioni pacifiste fondata nel 1922, con 90 affiliati in 45 paesi, di cui il Movimento Nonviolento è la sezione italiana, lancia lo slogan "Rivendicare le basi". “E' importante che il movimento per la pace volga la sua attenzione alle infrastrutture militari che saranno utilizzate per la guerra all'Iraq”, sostiene Wri. In precedenza ispettori civili per il monitoraggio delle armi erano riusciti ad entrare in diverse basi statunitensi e britanniche del mondo, tra le altre ad esempio Volkel nei Paesi Bassi e Fairford in Gran Bretagna.[28]
· Bandierona della pace. Domenica 6 aprile a Prato, capitale dell'industria tessile, una bandiera della pace lunga un chilometro e larga tredici metri viene srotolata per le vie del centro della città da una catena umana.
· Morti civili. Il 6 aprile l'Iraq Body Count (http://www.iraqbodycount.net), una organizzazione indipendente che seleziona, controlla e aggiorna in tempo reale i dati relativi alle vittime civili della guerra, calcola già il loro numero fra le 565 e le 724 unità. I morti fra i combattenti iracheni sono migliaia. A metà luglio 2003 il numero dei civili Iracheni uccisi dalle forze armate Usa risulterà circa tre volte superiore alle vittime delle Twin Towers.[29]
· Suore antinucleari. L’8 aprile viene diffusa su Internet la notizia che tre suore americane rischiano trenta anni di prigione per aver dato una martellata su un missile nucleare, come atto dimostrativo contro la guerra. Suor Ardeth Platte, 66 anni, Jackie Hudson, 68 e Carol Gilbert, 55, erano state arrestate il precedente 6 ottobre dopo essere entrate illegalmente in una base missilistica del Colorado, per cercare di danneggiare uno dei missili nucleari Minutemann III, dopo aver saputo che l'esercito progettava di utilizzarli contro l'Iraq. L'iniziativa delle religiose faceva parte di una manifestazione di protesta contro la guerra che allora si stava preparando. Da qui l'arresto e nei giorni scorsi le udienze davanti al giudice federale di Denver. Un lungo reportage, sul Denver Post, testimonia l'interesse della stampa per la vicenda.[30]
· Fuori la guerra dalla spesa. L'11 aprile parte la giornata nazionale di boicottaggio della Esso, multinazionale fornitrice di carburante e di lubrificante per l'esercito degli Stati uniti. Il Centro nuovo modello di sviluppo di Francuccio Gesualdi e la Rete Lilliput diffondono una lista di prodotti di multinazionali che hanno sostenuto la campagna elettorale di Bush o hanno contratti con le forze armate Usa.[31]
· Guerra finita? Il Comitato Fermiamo la guerra coordina un'imponente mobilitazione continua e decide di indire per il 12 aprile una nuova manifestazione di piazza di tutto il movimento per la pace a Roma, in coincidenza con altre manifestazioni a Washington, a Londra, a Madrid e in decine di altre città in tutto il mondo. Tuttavia il 12 aprile Baghdad è già caduta, le truppe Usa sono entrate nei palazzi governativi e la guerra "sembra finita" con l'abbattimento delle statue di Saddam Hussein. I pacifisti vengono accusati da alcuni opinion maker di aver sperato in una guerra "lunga".[32] I servizi che appaiono in tv dicono che "la guerra è finita". Le manifestazioni del 12 aprile in sessanta città del mondo ad alcuni appaiono "fuori tempo massimo". Ma il permanere delle bandiere della pace ai balconi e di un maggioritario orientamento dell'opinione pubblica italiana contro l'intervento angloamericano in Iraq rende meno euforica la celebrazione della vittoria. Le operazioni militari non vengono coronate da un'accoglienza calorosa degli Iracheni e le scene di giubilo "per i media" sono orchestrate ad arte con la partecipazione di poche centinaia di comparse locali, per lo più ladri che - dopo aver inneggiato agli americani - vanno poi a svaligiare gli edifici pubblici, come riconosce lo stesso inviato del Corriere della Sera parlando di “lestofanti”. Sono saccheggiati anche gli ospedali. Il museo archeologico di Baghdad è svaligiato. I marines presidiano con cura solo i pozzi petroliferi. Ma, lontano dalle telecamere, comincia - giorno dopo giorno - a trapelare un'insofferenza verso le truppe angloamericane le quali, ai fini giuridici, comunicano il proprio status di "truppe di occupazione". Non è definita la durata dell'occupazione e le dichiarazioni in merito fluttuano dai sei mesi, ai due anni, ai cinque anni fino all'indeterminato "fin quando sarà necessario". Saddam Hussein, dopo una breve resistenza finale, fugge da Baghdad e si volatilizza. Diviene una primula rossa come Bin Laden. Quello di Baghdad sarebbe dovuto entrare nei libri di tecnica militare come uno dei più lunghi e catastrofici assedi della storia: si risolve invece in un bluff. Non a caso i media più delusi da questo strano epilogo e dalla fredda accoglienza dei "liberatori" cominciano a spostare l'attenzione dall'"allarme guerra" all'"allarme virus". Il virus killer della polmonite atipica - la Sars - giunge in provvidenziale soccorso all'apparato informativo che tenderà così a sostituire alle "emozioni forti" della guerra un surrogato per un equivalente impatto mediatico. Stefania Dalmaso, dell'Istituto superiore di sanità, afferma che l'allarme è eccessivo. A luglio l’Oms dichiara la Sars “arginata”. Ma il virus della polmonite atipica segna la fine della guerra come "prima notizia".
· Appalti umanitari e aiuti indipendenti. Qualche ong si mette al servizio del Pentagono, per ottenere gli appalti "umanitari" del dopoguerra. Netta dissociazione di Giulio Marcon dell'Ics e Tom Benetollo dell'Arci che intendono organizzare gli interventi umanitari in Iraq in forma autonoma dai governi e dagli eserciti di occupazione. Il Tavolo della solidarietà con il popolo iracheno lancia una sottoscrizione nazionale per non dover accettare i soldi dei governi filo-guerra.[33] A giugno il governo Berlusconi susciterà l’ira delle organizzazioni di volontariato internazionale in quanto l’esecutivo intenderà dirottare verso la missione militare in Iraq i pochi fondi italiano destinati alla cooperazione internazionale per la lotta alla povertà.
· Raiwar. Per protesta contro il "Vespa War Show" Giulietto Chiesa annuncia di non accettare mai più inviti alla trasmissione di Bruno Vespa. Il settimanale Carta dedica un'inchiesta su quelle che definisce "le tecniche di disinformazione dell'uomo più potente della Rai", la quale si rifiuta di trasmettere in diretta i giganteschi cortei per la pace. Paradossalmente sulle reti Mediaset vi sono alcune trasmissioni per giovani in cui campeggia la bandiera della pace, che alla Rai è invece rigorosamente bandita.
· Mostra di armi boicottata. “Disarmiamo Exa 2003”, questo è lo slogan del Brescia Social Forum (per contatti: bsf@bresciasocialforum.org) che si mobilita dal 12 al 15 aprile. Infatti Brescia ospita la ventiduesima edizione di Exa, uno degli appuntamenti espositivi più importanti per le maggiori aziende produttrici di armi leggere e di piccolo calibro a livello mondiale. Secondo la pubblicistica degli organizzatori l'esposizione promuove l'uso delle "armi sportive e dell'outdoor". “In realtà – spiega il Brescia Social Forum – l'esposizione è ampliata alle armi da difesa personale (pistole e revolver in grande quantità), articoli antisommossa per le polizie di tutto il mondo (compresi manganelli, gas lacrimogeni, bersagli in forma di sagome umane, abbigliamento per corpi speciali) e fucili Sniper (quelli usati dai cecchini che mirano obiettivi umani), armi che pur non essendo classificate "da guerra", per la legge italiana, sono state vendute illegalmente, spesso sotto la copertura del commercio legale - come ha ricordato mons. R. Martino, rappresentante della Santa Sede all'Onu, nel suo intervento alla cinquantaseiesima Sessione Generale dell'Onu dell'ottobre 2001 - e usate nell'ultimo decennio nei conflitti che hanno insanguinato grandi aree del pianeta”. Il Brescia Social Forum rilancia la lotta contro le modifiche alla legislazione sul controllo e la limitazione del commercio di armi: “Scopo evidente delle proposte di modifica è rendere molto più permissiva la normativa vigente. E' a nostro avviso di grande importanza dare sostegno alle campagne in atto nel Paese a difesa della legge 185/90”. I pacifisti aggiungono infine: “Disarmare Exa significa anche denunciare la finanza armata: le connessioni tra finanza ufficiale e paradisi fiscali, le banche che finanziano il traffico internazionale di armi, gli Stati che destinano quote importanti del loro prodotto interno lordo alle spese militari, sottraendole alla spesa sociale; le lobbies e i potentati che influenzano scelte politiche gravide di effetti distruttivi nel mondo. Nell'ultimo decennio due milioni e mezzo di bambini/e sono stati uccisi/e in conflitti dove sono state usate armi leggere, e cinque milioni sono diventati/e disabili. Oggi nel mondo circolano cinquecentocinquanta milioni di armi leggere oltre a quelle usate da polizie ed eserciti. Nel luglio 2001 il segretario generale dell'Onu ha definito le armi leggere e di piccolo calibro "armi di distruzione di massa". L'Italia è il terzo Paese produttore mondiale di armi leggere. Circa il 90% delle armi leggere prodotte in Italia viene da Brescia. Crediamo sia venuto il momento di avviare una riflessione profonda sulla produzione e il commercio dei sistemi d'arma”. Il Brescia Social Forum sostiene una proposta concreta: un Osservatorio permanente sulle armi leggere (Opal) attraverso il quale monitorare e studiare la produzione e il commercio in quel settore e “riaprire la prospettiva complessa ma ineludibile della riconversione dell'industria armiera di natura bellica a produzioni civili, garantendo reddito e occupazione ai lavoratori”.
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Missile impazzito. L’Unione Sarda del 18 aprile
si interroga sul missile "impazzito" finito fuori dal poligono
militare di Quirra. Si cerca la testata. E non sarà l’unico. Missili
fuori controllo finiranno in seguito su spiagge e vigneti, per
fortuna senza causare vittime ma suscitando la forte protesta del comitato
sardo Gettiamo le basi.
· Kossovo violento. Il senatore Nuccio Iovene va in Kossovo in missione ufficiale. Il settimanale Carta lo intervista: ne esce il ritratto di quel che la guerra lascia dietro si sé. “Un paese per niente pacificato, senza una sua economia, con una democrazia inesistente, tuttora sorvegliato a mano armata dalle truppe della Nato. Come sarà l'Iraq occupato dagli anglo-americani?", si chiede il settimanale.[34]
· Iraq vietato ai pacifisti. La carovana di Ya basta! diretta verso Baghdad viene fermata e minacciata dai militari nordamericani, mentre l'ambasciata italiana ad Amman, in Giordania, non fa nulla.[35]
· Obiezione fiscale. Antonino Drago, Giuliana Martirani, Francesco Ruotolo, don Gennaro Somma e p. Alex Zanotelli lanciano un appello affinché sia rilanciata la Campagna di obiezione alle spese militari. La Campagna (via M. Pichi 1, 20143 Milano, locosm@tin.it, 02 8378817, CCP 13382205), nata nel 1982, è finalizzata ad ottenere una legge, auspicata da molti parlamentari italiani ed europei, affinché divenga legale l'opzione fiscale per la pace: il contribuente deve poter scegliere di pagare il 5% delle tasse per la pace anziché per la guerra. Nella attuale situazione il contribuente può compiere queste azioni per la pace:
1) devolvere l'8 per mille o alla Chiesa Valdese (Moderatore, via Firenze 38, 00184 Roma) o alla Chiesa Cattolica (Mons. Mascarino, Circonvallazione Aurelia 50, 00165 Roma), inviando contemporaneamente una lettera nella quale egli dichiari la destinazione scelta chiedendo che essa sia utilizzata per sostenere iniziative di interposizione nonviolenta nel mondo; la Chiesa Valdese sostiene le Peace Brigades International mentre la Chiesa Cattolica sostiene gli obiettori di coscienza della Caritas all'estero;
2a) devolvere una contribuzione volontaria alle interposizioni nonviolente nel mondo, compiute da una ONG (CEFA di Bologna, Associazione Papa Giovanni XXIII, Beati i Costruttori di Pace, Berretti Bianchi, Un Ponte Per…)
2b) devolvere una contribuzione volontaria alla organizzazione di una Difesa Popolare nonviolenta italiana e all'invio di obiettori all'estero per interposizioni nonviolente, secondo i compiti che la legge 230/98 dà all'Ufficio Nazionale del Servizio Civile (organo statale, separato dal Ministero della Difesa e preposto alla applicazione della legge sul Servizio civile Nazionale, servizio che continuerà anche se in futuro venisse sospeso l'obbligo di leva); il versamento all'UNSC (via S. Martino della Battaglia 6, 00185 Roma) deve indicare questa destinazione: Capo X del capitolo 3694 articolo 17.
Tutto ciò non comporta alcuna sanzione, perché è perfettamente legale. La prima azione è una pressione morale e politica sulle Chiese affinché esse decidano di impegnarsi sempre di più nella cultura e nell'azione di pace. La seconda azione rientra nei versamenti alle ONG e alle ONLUS che la legge prevede che possono essere detratti dall'ammontare dell'imponibile (e alla fine anche dalle tasse; e quindi anche, in una piccola percentuale dalle spese per armi). Solo se il contribuente detraesse la somma direttamente dalle sue tasse da pagare allo Stato, il versamento 2) diventerebbe illegale; in tal caso, dopo cinque anni, egli subirebbe il pignoramento fiscale.
Partendo da queste considerazioni i promotori dell’appello invitano a far conoscere l’obiezione fiscale alle spese militari “diffondendo la conoscenza delle modalità di partecipazione in ogni CAAF, poiché l'azione è del tutto legale e il CAAF può consigliarla e sottoscriverla”. E concludono: “Chiediamo infine una forte pressione affinché la legge 230/98 di riforma della obiezione di coscienza venga attuata nella sua integrità; e che in particolare i finanziamenti annuali di 3 milioni di euro per la formazione degli obiettori e i 200 mila euro per la Difesa Popolare Nonviolenta vengano finalmente spesi e che siano finalizzati all'impiego in campo internazionale di contingenti non armati, formati da obiettori e da volontari”.
· Verità scomode sulla fine della leva. L’AON (Associazione Obiettori Nonviolenti) il 12 maggio rivela un retroscena imbarazzante sulla cosiddetta "riforma della leva": “Finalmente il fumo agitato intorno alla legge di riforma della leva comincia a diradarsi facendo emergere alcune verità scomode, come la difficoltà di trovare i volontari necessari per raggiungere la cifra spropositata di 190.000 uomini per le forze armate, con la possibilità, mancato l’obiettivo, di tornare a reclutare giovani di leva”. E’ quanto dichiara Massimo Paolicelli, Presidente dell’Associazione Obiettori Nonviolenti. “Unica alternativa all’ipotesi di ripristinare la leva prosegue Paolicelli - è quella di gettare dalla finestra tanti soldi dei contribuenti per rendere appetibile ai giovani, una professione che non lo è affatto. Oggi però si raggiunge la schizofrenia assoluta di due rappresentanti dello stesso Governo che con il Ministro Martino annuncia addirittura l’anticipo del congelamento della leva, e con il Ministro Giovanardi, che si butta con le mani avanti, dichiara che se non si raggiungono gli obiettivi prefissati si potrebbe tornare a riparlare di leva".
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Armi: rapporto di Amnesty International. Amnesty
International denuncia la scarsa trasparenza del commercio delle armi. A metà
maggio, alla vigilia del vertice G8 di Evian, Amnesty International presenta un
rapporto dal titolo "Un catalogo di fallimenti: esportazioni di armi
dei paesi del G8 e violazioni dei diritti umani"; in esso Amnesty
Internationa afferma che - con la scusa della “riservatezza commerciale” -
viene a mancare la disponibilità di informazioni utili e tempestive agli organi
legislativi, ai mezzi d'informazione e al pubblico sulle decisioni riguardanti
le esportazioni di armi. In questo modo, il controllo parlamentare e
dell'opinione pubblica risulta fortemente indebolito. Per quanto riguarda
l'Italia, il rapporto di Amnesty International denuncia l’uso repressivo in
Nigeria dei fucili Beretta M12 e pistole Beretta M951 da 9 mm, usate in
risposta alle proteste contro le attività delle compagnie petrolifere; nel 2000
vi sono state uccisioni su larga scala nello stato di Benue.[36]
· Muore Luigi Pintor. Il 17 maggio muore Luigi Pintor, fondatore ed editorialista del Manifesto, una delle menti più lucide e delle penne più efficaci del giornalismo italiano. Fortemente impegnato per la pace, era uno spirito eretico. Ad esempio nel suo ultimo editoriale, pubblicato il 24 aprile, Pintor aveva scritto: "C'è un'umanità divisa in due, al di sopra e al di sotto delle istituzioni, divisa in due parti inconciliabili (…) Bisogna segnare un altro confine e stabilire una estraneità riguardo all'altra parte. Destra e sinistra sono formule superficiali e svanite che non segnano questo confine".[37]
· Ancora parate militari. Il 24 maggio l’AON (Associazione Obiettori Nonviolenti) chiede al presidente Ciampi di sospendere la parata militare del 2 giugno: "Gentile Presidente, Le scriviamo per chiederle di sospendere la parata militare prevista per il prossimo 2 giugno, in occasione della festa della Repubblica e di destinare i soldi risparmiati a sostegno della popolazione irachena. Sin dalla Sua decisione di riprendere a festeggiare il 2 giugno con una parata militare, Le abbiamo sempre espresso la nostra contrarietà. Questo perché siamo convinti, da un lato che sia un modo arcaico e superato dalla storia il fatto che una nazione ostenti la sua forza militare, dall’altro perché riteniamo inopportuno festeggiare la Repubblica, fondata sul lavoro, solo facendo sfilare gli uomini in divisa, di fatto mortificando tutti gli altri cittadini, che nel loro impegno quotidiano, pur non imbracciando un fucile, lavorano per la crescita della Repubblica". Ma Ciampi la parata militare la vuole fare lo stesso. E così il 2 giugno, durante la parata una ventina di nonviolenti apre uno striscione: “Disarmiamo la repubblica”. Lo striscione viene esposto dalla terrazza Cederna, che si affaccia su via dei Fori Imperiali, all’inizio della parata militare. Dalla terrazza sono anche lanciati volantini con scritto: “No all’invio di soldati in Iraq” e vengono sventolate diverse bandiere arcobaleno. All’arrivo delle forze dell’ordine non è stata opposta nessuna resistenza, ma vengono offerte delle bombe alla crema: “L’unica bomba che ci piace”. Della ventina di manifestanti dieci sono fermati, portati in questura e a fine mattinata rilasciati. L’accusa nei loro confronti è quella di manifestazione non autorizzata. “Il due giugno sostengono gli organizzatori dell’iniziativa - è la festa della Repubblica nella cui Costituzione all’articolo 11 si ripudia la guerra".
· Per un voto vincono i mercanti di armi. Il 28 maggio per un voto passa la nuova legge sul commercio delle armi voluta dalle lobby belliche. Dopo un lungo dibattito durato più di un mese nel corso del quale erano intervenuti tutti i parlamentari delle opposizioni, nelle commissioni Difesa ed Esteri della Camera viene approvata la legge di recepimento del trattato di Farnborough, che comporta modifiche alla legge 185 del 1990 sul commercio delle armi. Le defezioni alla Camera al momento del voto (il 3 giugno) portano il missionario Alex Zanotelli a diramare un comunicato molto duro: “Mi sono sentito tradito prima di tutto quando, la scorsa settimana, in Commissione Esteri-Difesa questa riforma della legge è passata per 16 voti contro 15: abbiamo perso per un solo voto. Mi sento tradito perché solo uno della Margherita (uno su dieci) si è presentato in Commissione. Gli altri erano assenti perché la Margherita era spaccata sulla 185. Questo è di una gravità estrema, perché la Margherita durante la guerra all'Iraq aveva promesso, specialmente attraverso il suo segretario Castagnetti, che avrebbe tenuto duro nella sua opposizione alla guerra”. Ma Zanotelli non risparmia critiche anche ad altri parlamentari “assenteisti”: molti i deputati dell'opposizione che hanno preferito non presentarsi a votare.[38] "Questa vicenda - incalza Zanotelli - impone una riflessione al movimento per la pace e all'intera società civile. Non basta, insomma, scendere in piazza contro la guerra in Iraq e dimenticare la questione delle armi. Ciò vale soprattutto per l'opposizione che siede in Parlamento". Il missionario comboniano rilancia: servono una campagna in Italia per ripristinare i contenuti della 185 ed una a livello europeo perché l'UE adotti regole comuni più severe sul commercio delle armi. E poi l'invito a tutti i pacifisti: “Non votate più i parlamentari che hanno scelto il sì o si sono astenuti sulla nuova legge”.
· Iraq: retroscena, dossier e bugie. Il 30 maggio cominciano a trapelare i retroscena della guerra in Iraq. Scrive l'inviata di Repubblica Vanna Vannuccini: "Due mesi dopo la fine della guerra, nemmeno un'arma di distruzione di massa è stata trovata. E mentre escono notizie su come siano stati gonfiati i rapporti d'intelligence americani e britannici, i falchi del Pentagono vanno all'attacco. "Abbiamo messo l'accento sulle armi di distruzione di massa per motivi burocratici. Erano la sola ragione che poteva mettere d'accordo tutti. Ma in realtà non è mai stata questa la motivazione principale della guerra", ha detto chiaro Paul Wolfowitz, che è l'inventore della dottrina della guerra preventiva adottata da Bush. In un'intervista a Vanity Fair il numero due del Pentagono confida che "la ragione principale della guerra era un'altra" passata, a suo dire, "quasi inosservata": "Il rovesciamento di Saddam avrebbe permesso agli Stati Uniti di ritirare le loro truppe dall'Arabia Saudita. Il solo fatto di togliere questo fardello dalle spalle dei sauditi apre la porta a un Medio Oriente più pacifico"”. Ma di pacifico nel futuro si vede ben poco. Vanna Vannuccini racconta infatti: "Wolfowitz è ora il capofila nell'Amministrazione di chi vuole dare avvio ora a una massiccia azione di destabilizzazione in Iran contando anche sull'aiuto delle milizie armate dei Mojaheddin-e Khalq, un'organizzazione che il Dipartimento di Stato annovera tra i gruppi terroristi".[39]
· Resistono anche le bandiere della pace ai balconi., il movimento pacifista non demorde e organizza per il 1° giugno la Giornata della Bandiera Arcobaleno all'Arena di Verona. Per l’occasione viene diffuso il libro “Bandiere di pace” dell’editore Piero Chimenti Editore. Il libro viene poi anche presentato ufficialmente (il 26 giugno) nella Sala Protomoteca del Campidoglio alla presenza di Giulietto Chiesa, Alex Zanotelli e di altri autori.[40] Il libro è un progetto editoriale promosso dal Comitato per la campagna "Pace da tutti i balconi" (www.bandieredipace.org), dall'associazione telematica PeaceLink (www.peacelink.it) e dall'associazione MegaChip di Giulietto Chiesa (www.megachip.it). Pensato allo scopo di rilanciare il dibattito sul movimento delle bandiere della pace, esso traccia un profilo storico e sociologico della bandiera arcobaleno e del suo nuovo “popolo”. Il testo si compone di una prefazione di Nicoletta Landi (Comitato "Pace da tutti i balconi"), di un’introduzione di don Albino Bizzotto ("Beati i Costruttori di Pace") e di vari saggi scritti da Giulietto Chiesa, Giuseppe Goffredo, Gisella Desiderato (che ha raccolto e selezionato i messaggi elettronici inviati da coloro che hanno aderito alla campagna "Pace da tutti i balconi" apparsi sul database http://db.peacelink.it), Carlo Gubitosa e Alessandro Marescotti. Il libro si conclude con una lunga intervista al missionario Alex Zanotelli. Una parte dei proventi derivanti dalla vendita del libro (corrispondente al 10% del prezzo di copertina) sarà destinato al finanziamento di iniziative di pace, solidarietà ed informazione democratica. Un numero elevato di volontari – contattati con l’invio di circa 15 mila e-mail - si è attivato per la promozione e la diffusione del libro sull'intero territorio nazionale. Il libro è disponibile presso le librerie "Feltrinelli", le librerie "Il libraccio" e le botteghe del commercio equo e solidale.
· Storia del pacifismo italiano. A giugno viene stampato "Né un uomo né un soldo. Una cronaca del pacifismo italiano del Novecento" di Antonella Marrone e Piero Sansonetti edito da Baldini & Castoldi (e-mail denicola@baldini.editore.it). Il libro, scritto da due giornalisti dell'Unità, parte dalla constatazione che nel nuovo millennio il pacifismo sia entrato nella sua fase matura e si sia affermato come soggetto politico globale tanto da far scrivere al "New York Times" che con il movimento pacifista si è costituita la seconda "Superpotenza", l'unica che contrasti il dominio unipolare degli Stati Uniti e che si opponga su scala planetaria alla "guerra permanente e globale". È questa la constatazione di partenza degli autori, aggravata dal fatto che il mondo dell'informazione e quello politico non sembrano ancora consapevoli della novità, e che il pacifismo non sembra aver ricevuto mai la dignità di "oggetto" storiografico. Da questa lacuna di fondo è partita l'idea di tracciare un percorso introduttivo del pacifismo italiano del Novecento attraverso le biografie dei personaggi che ne hanno fatto la storia. Dal lontano 1887, e cioè quando il deputato socialista Andrea Costa, in una seduta turbolenta in parlamento, gridò la sua frase più famosa ("Né un uomo né un soldo") contro le "pazzie africane", fino alle gigantesche manifestazioni del 2003. Significativa è la frase con cui si apre la premessa del libro: “Sul pacifismo non è mai stato scritto un libro di storia”.
· Iraq, marines in difficoltà. In Iraq esplode sempre più forte il malcontento popolare e in media ogni giorno viene ucciso un marine. "Il popolo iracheno nel suo complesso è una bomba ad orologeria che scoppierà in faccia agli americani se essi non porranno fine alla loro occupazione", dichiara il 2 giugno da Riyadh al-Asadi uno dei più influenti capi tribù locali.[41] Il giornalista Michael Burke racconta a “Il Manifesto” che i marines americani sono ormai impantanati: “Non riescono a proteggere nemmeno se stessi. Sono impauriti e terrorizzati. Sono stato con un gruppo di loro la notte scorsa e abbiamo girato per Baghdad. Non erano in grado di difendermi per strada ed erano in sei, non possono proteggere nessuno. Né sono in grado tanto meno di fare delle indagini o di prendere chi gli spara addosso. Inoltre i marine sono scontenti perché sanno che adesso è la politica che ha preso il sopravvento, sono i politici i responsabili e questo li fa arrabbiare”.[42] Mentre si profila un futuro fosco per l’Iraq, si intensifica il lavoro di documentazione sulle “bugie” dette da Bush e da Blair per giustificare la guerra, il tutto sulle pagine Internet di Warnews, di Mediawatch e della lista disarmo di PeaceLink e di altri luoghi dell’informazione alternativa.
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Muore Dino Frisullo. Il 5 giugno 2003 viene a mancare a tutti Dino
Frisullo. Era uno dei pacifisti più capaci e coraggiosi. Era
noto fra gli immigrati. "Frizullo" c’era scritto su una carretta del
mare che attraccò a Bari nel 97, ai tempi della sua detenzione in Turchia per
aver manifestato per i diritti della popolazione kurda. Eugenio Melandri ha scritto
di lui: "Non aveva nulla da lasciare, perché nella sua vita non si era mai
legato a nulla. Solo l'indispensabile per vivere. Tutto il resto era di
troppo". Dino Frisullo sarebbe
stato fra i lettori di questo annuario e pertanto la presente cronaca di un
anno di iniziative pacifiste è bello dedicarla a lui.
[2] Su come è nata la campagna delle bandiere di pace si legga il libro AA.VV., Bandiere di Pace, Chimienti Editore (piero.chimienti@tin.it) e anche http://web.vita.it/articolo/index.php3?NEWSID=28911
[6] Per contatti con Testarda: testarda@dada.it
[7] Per approfondimenti: http://www.peacelink.it/emergenza
[13] Organizzazioni Non Governative
[14] L'e-mail della casa editrice è: piero.chimienti@tin.it (Chimienti Editore, via Lago Trasimeno 1, Taranto)
[17] Sulla cifra di 110 milioni, data dalla CNN e contestata da Berlusconi (che parla di 10 milioni al massimo in tutto il mondo), si svolge una “battaglia di numeri” fatta di smentite e conferme successive: vedere http://web.vita.it/articolo/index.php3?NEWSID=29460
[19] Shaul Mofaz, Minister of Defence, Ministry of Defence, 37 Kaplan st.,
Tel-Aviv 61909, Israel, e-mail: mailto:sar@mod.gov.il or
mailto:pniot@mod.gov, fax: 97236962757 / 97236916940 / 97236917915
[21] In alcuni comunicati appare un nome lievemente differente: Rachel Corrie.
[23] L’intera lettera di Rachel è su http://web.vita.it/articolo/index.php3?NEWSID=30126
[25] Vedere il dossier all’indirizzo http://www.carta.org/cantieri/acqua/index.htm
[26] Dalla rivista elettronica del giornalista Riccardo Orioles (per contatti: riccardoorioles@libero.it), "Tanto per abbaiare", n. 171 del 24 marzo 2003, riportiamo alcuni stralci del suo articolo.
[27] Fonte: agenzia Misna 2 aprile e "Corriere della Sera" (31 marzo 2003) che riprende un articolo
del "Sunday Times".
[28] Dal sito del Movimento Nonviolento (www.nonviolenti.org) si possono leggere le iniziative della War Resisters' International (per contatti: WRI, 5 Caledonian Road, London N1 9DX Britain, e-mail: info@wri-irg.org sito: www.wri-irg.org).
[29] Il 15 luglio 2003 il contatore dava un minimo di 6058 vittime civili e un massimo di 7711. “Noi non facciamo i conteggi dei cadaveri” (“We don’t do body counts”) ha dichiarato cinicamente il generale americano Tommy Franks.