Le mine e i bambini
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Le mine uccidono e mutilano tra 8000 e 10000 bambini ogni
anno.
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I bambini rappresentano il 25% dei feriti curati per ferite
da guerra negli ospedali della Croce Rossa in Afghanistan e Cambogia, ed il 75%
dei feriti da mina in un ospedale nel nord della Somalia.
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Molti bambini non riescono a raggiungere gli ospedali - non
sopravvivono in genere all’impatto con l’esplosione delle mine. Alcuni vengono
immediatamente uccisi o muoiono dopo una terribile agonia. Molti non
sopravvivono al dissanguamento che le ferite da mine provocano.
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Un bambino che sopravvive alla ferita da mina resterà
disabile permanente. In genere perde uno o entrambi gli arti inferiori o
superiori, subisce terribili ferite all’addome ed ai genitali. I frammenti di
mine possono determinare la perdita della vista, o sfigurare definitivamente il
volto.
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In Cambogia il numero delle mine (7 milioni) è il doppio del
numero dei bambini.
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Handicap
International ha calcolato che in genere un bambino deve attendere 10 anni
prima di avere una riabilitazione con arto artificiale.
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I bambini mutilati in molti casi non sono più in grado di
frequentare la scuola e spesso si vergognano a tal punto da non lasciare più la
loro casa.
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I bambini sono più esposti al rischio a causa della loro curiosità
- raccolgono e giocano con oggetti sconosciuti, scambiando una mina per un
giocattolo. Nel nord-Iraq, per esempio, i bambini usano le mine per costruirsi
go-carts.
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Alcuni mine antipersona, come le mine farfalla lanciate
dagli aerei, sono disegnate specificamente per attrarre i bambini.
A dieci anni
dalla adozione ed entrata in vigore della Convenzione sui Diritti
dell’Infanzia, le mine terrestri privano ancora i bambini dei loro diritti
fondamentali, violando sistematicamente il diritto alla vita, il diritto alla
assistenza sanitaria, il diritto alla protezione in situazioni di conflitto.
I diritti dei
bambini rivendicano una completa e definitiva proibizione delle mine terrestri.
(Fonte:
"A Child Rights Guide to the 1996 Mines Protocol", Unicef, New York,
1997)
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La Global March against Child Labour
La più vasta iniziativa mondiale mai lanciata contro lo sfruttamento del lavoro infantile
Il 1998 è stato l’anno della Global March against Child Labour: in oltre 90 Paesi decine di migliaia di persone hanno marciato, discusso, proposto. Con la partecipazione di attivisti e bambini lavoratori, la Marcia ha percorso strade e luoghi istituzionali: lo scopo era di mobilitare gli sforzi nel mondo intero per proteggere e promuovere i diritti di tutti i bambini, in particolare il diritto di ricevere un’istruzione gratuita e di essere liberi dallo sfruttamento economico e dall’impiego in quei lavori che potrebbero danneggiarne lo sviluppo fisico, mentale e sociale. I marciatori avevano elaborato un manifesto in sette proposte:
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- sensibilizzazione sul tema dello sfruttamento infantile;
- ratifica e applicazione da parte degli stati delle leggi esistenti e delle convenzioni sul lavoro infantile;
- massimo stanziamento di risorse nazionali e internazionali per garantire l’istruzione a tutti i bambini e le bambine del mondo;
- mobilitazione dell’opinione pubblica per lottare contro le ingiustizie sociali che obbligano i bambini a lavorare;
- eliminazione immediata delle forme più intollerabili di lavoro infantile;
- promozione di azioni concrete da parte di imprenditori e consumatori;
- riabilitazione e reintegrazione sociale dei bambini lavoratori.
Sono stati ottenuti risultati molto significativi: in primo
luogo la Global March ha contribuito, grazie alla sua attività di pressione sui
Governi e sull'OIL, all’approvazione della Convenzione n. 182, adottata il 17
giugno 1999 relativa alla proibizione delle forme peggiori di lavoro minorile.
In secondo luogo, la Global March ha coinvolto un numero di persone e di
organizzazioni della società civile assai superiore alle aspettative, ottenendo
notevole spazio sui media.
In Italia la Marcia è stata coordinata da Mani Tese, che ha raccolto le
adesioni di 1549 associazioni, 915 scuole, 256 enti locali e 835 cittadini a
titolo individuale (tra cui anche il premio Nobel Dario Fo). Ma il dato più
significativo è la partecipazione dei cittadini a questa iniziativa, che ha
portato in piazza 3.000 persone a Napoli e Firenze, 7.000 a Milano e ha
raccolto oltre 40.000 firme affinché il Governo italiano sostenesse
l’approvazione della nuova Convenzione OIL.
La Global March continua a far sentire la voce dei bambini. Dopo il successo
della mobilitazione si è costituito un movimentro internazionale per continuare
a richiamare l'attenzione e l'impegno di tutti contro lo sfruttamento dei
minori. Dal gennaio 2000 Mani Tese ha assunto il coordinamento europeo della
Global March ed ha lanciato la Campagna Global March 2000. Questo è l'appello
che chiediamo ai cittadini di firmare per sostenere la Campagna.
Global March 2000:
appello alle istituzioni
Chiediamo al Parlamento italiano, al Governo e alle principali Istituzioni
politiche del nostro Paese di impegnarsi e farsi portatori in sede
internazionale delle seguenti proposte per eliminare lo sfruttamento dei
bambini in Italia e nel mondo.
CONVENZIONE N.182 RELATIVA ALLA PROIBIZIONE DELLE FORME
PEGGIORI DI LAVORO MINORILE
ED ALL’AZIONE IMMEDIATA PER LA LORO ELIMINAZIONE
L’Italia si impegni a dare immediata attuazione agli impegni previsti dalla
Convenzione OIL n.182 relativa alla Proibizione delle Forme Peggiori di Lavoro
Minorile ed all’Azione Immediata per la loro Eliminazione, e a sostenere presso
gli altri Governi della Comunità Internazionale la necessità di procedere
rapidamente alla ratifica e all’applicazione della Convenzione stessa.
ISTRUZIONE UNIVERSALE
L’Italia si impegni ad intervenire presso la Comunità Internazionale affinchè i
Governi di tutto il mondo si alleino per combattere l’analfabetismo e per
garantire a tutti i bambini e le bambine del mondo l’istruzione di base,
gratuita e di qualità; si impegni, inoltre, ad aumentare il sostegno
finanziario a progetti nel campo dell’educazione primaria, adeguati alla realtà
sociale di ogni Paese.
LOTTA ALLA POVERTÀ
L’accesso ai servizi essenziali ed alle risorse produttive rappresenta il primo
passo nella strategia di lotta alla povertà.
Pertanto l’Italia si impegni a:
- destinare almeno il 50% dei fondi per la cooperazione allo sviluppo sociale
salute, istruzione, acqua, terra, piccolo credito, etc… (oggi il nostro Paese
investe solo lo 0,3% per l’istruzione primaria);
- tener fede finalmente all’impegno di devolvere lo 0,7% del Prodotto Interno
Lordo alla cooperazione allo sviluppo;
- cancellare il debito estero dei Paesi più poveri, impegnando i Paesi debitori
a convertire il debito condonato in programmi sociali;
- agire all’interno delle Istituzioni Internazionali (ONU, Banca Mondiale,
Fondo Monetario Internazionale, UE, Organizzazione Mondiale del Commercio, G7)
perché vengano tenuti in considerazione i diritti delle popolazioni povere.
AZIONI MIRATE
L’Italia si impegni a:
- adottare una normativa per controllare il comportamento all’estero delle
imprese italiane, affinchè utilizzino sempre lavoratori adulti, a condizioni di
retribuzione eque e nel pieno rispetto delle Convenzioni internazionali
esistenti;
- sostenere progetti di sviluppo nel Sud del mondo, realizzati dalle ONG e dai
Movimenti impegnati nella lotta allo sfruttamento del lavoro infantile;
- favorire il commercio equo e solidale e la diffusione dei marchi di qualità
sociale dei prodotti;
- incentivare il sistema preferenziale dell’Unione Europea che prevede sgravi
tariffari per le merci provenienti dai Paesi che si impegnano contro il lavoro
infantile;
- incrementare il sostegno economico al Programma IPEC, appositamente promosso
dall’OIL per combattere lo sfruttamento dei bambini.