La retorica degli "eserciti di pace" è finora del tutto smentita dalla
natura distruttiva delle recenti "guerre umanitarie". Altra cosa sarebbe
l'attuazione della Carta dell'Onu, con una forza di polizia (diversa per
cultura, etica e scopi dagli eserciti di guerra, perché deve limitare e
non estendere la violenza), regolata da una vera democrazia cosmopolitica,
finora impedita dalle grandi potenze. Ma meglio di tutto sarebbe
sviluppare la cultura e l'addestramento alla "difesa civile non armata e
nonviolenta" (come vuole la legge 8 luglio 1998, n. 230, art. 8), e
all'intervento di mediatori civili nei conflitti. I popoli hanno la
possibilità, verificata nella storia anche recente, di svuotare con la
non-collaborazione anche poteri ingiusti e violenti, senza usare
violenza.
L'Italia ha il privilegio civile nel mondo di essersi impegnata per
legge in tale direzione, che prefigura il necessario superamento storico
dell'istituzione guerra, ma invece di procedere in questa civilizzazione,
rende professionale il criterio delle armi, assolutamente impotente a
riconoscere la ragione e il diritto. Ma c'è chi non si arrende.
Enrico Peyretti - e.pey@libero.it
enrico peyretti