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MECC. N. 2005 04393/084


CITTA' DI TORINO
CIRCOSCRIZIONE N. 1


Consiglio Circoscrizionale Giunta Comunale
N. Doc. 60 N. mecc. 2005 - 04393/84

PROVVEDIMENTO DEL CONSIGLIO CIRCOSCRIZIONALE


IL 6 GIUGNO 2005 ALLE ORE 19,30.

Convocato il Consiglio della Circoscrizione 1 “Centro-Crocetta”, nelle prescritte forme, sono intervenuti nella sala delle adunanze consiliari nel Centro Civico in Via dell’Arsenale n. 33, oltre al Presidente PIOVANO Luca, i Consiglieri:

AMBROGIO Paola
MAGLIANO Liliana in FIORIO
SCOTTI Michele
BUCARELLI Elena
MIANO Mirella
STERZA Alberto
DAL DEGAN Roberto
NISIVOCCIA Massimo
STILLITANO Francesco
GAIDO Valerio
PANATERO Rosanna
VALGIUSTI Ugo
GROPPI Giorgio
REBUFFO Monica in BOTTA
VIVIANI Andrea
LEVI SACERDOTTI Sara
SCAPATICCI Alberto Maria
MACAGNO Igino Michele
SCARABOSIO Marcello

In totale, con il Presidente, n. 20 Consiglieri presenti.
Risultano assenti i Consiglieri: INCISA DELLA ROCCHETTA, MONFORTE, PATISSO, RAINERI, TOMASETTO.
Con la Presidenza di ...........................Dr. Luca Giuseppe PIOVANO
e con l'assistenza del Segretario........ Sig.ra Eliana ACERBIS
ha adottato in


SEDUTA PUBBLICA

il presente provvedimento così indicato all'ordine del giorno:


PARERE AI SENSI DELL’ART. 43 DEL REGOLAMENTO DEL DECENTRAMENTO IN MERITO ALLA DELIBERAZIONE DI INIZIATIVA CONSILIARE N. MECC. 2005-02811/002 AVENTE AD OGGETTO : “DIRITTO DI ELETTORATO ATTIVO E PASSIVO DEI CITTADINI STRANIERI NELLE ELEZIONI CIRCOSCRIZIONALI. MODIFICA DELLO STATUTO.”

CITTÀ DI TORINO

CIRCOSCRIZIONE N.1 - CENTRO - CROCETTA

DELIBERAZIONE DEL CONSIGLIO DI CIRCOSCRIZIONE

OGGETTO: PARERE AI SENSI DELL'ART. 43 DEL REGOLAMENTO DEL DECENTRAMENTO IN MERITO ALLA DELIBERAZIONE DI INIZIATIVA CONSILIARE N. MECC.2005-02811/002 AVENTE AD OGGETTO:"DIRITTO DI ELETTORATO ATTIVO E PASSIVO DEI CITTADINI STRANIERI NELLE ELEZIONI CIRCOSCRIZIONALI.MODIFICA DELLO STATUTO".


Il Presidente Luca Piovano, di concerto con il coordinatore della I Commissione di Lavoro Permanente Alberto Sterza, riferisce:

Con nota prot. n. 673 del 22/04/2005, acquisita alla Circoscrizione 1^ con prot. n. 5284/05 del 27/04/2005, la Presidenza del Consiglio Comunale, ha trasmesso copia della deliberazione di iniziativa consiliare n. mecc. 2005 – 02811/002 avente ad oggetto “Diritto di Elettorato Attivo e Passivo dei Cittadini Stranieri nelle Elezioni Circoscrizionali. Modifica dello Statuto”, richiedendo alla nostra Circoscrizione un parere in merito, ai sensi degli artt. 43 e 44 del Regolamento del Decentramento.

Con successiva nota prot. n. 783 dell’ 11 maggio 2005, la Presidenza del Consiglio Comunale ha comunicato la concessione della proroga del parere in oggetto al 10 giugno c.a.

Nel corso di questi ultimi tempi vi è stato in varie parti d’Italia un forte dibattito in merito alla concessione del diritto di elettorato attivo e passivo agli immigrati extracomunitari per le elezioni circoscrizionali, a cui in parte si riferisce la proposta in oggetto, esaminata nella seduta della I Commissione Permanente di Lavoro tenutasi il 1 Giugno 2005.

Cinque sono i punti che è fondamentale considerare nell’esaminare la proposta in oggetto:


REGOLARITA’ E CONTINUITA’ DEL SOGGIORNO
La proposta di modifica dell’art. 47 dello Statuto della Città di Torino approvata dalla maggioranza di centro-sinistra manca di qualsiasi riferimento alle caratteristiche di regolarità e continuità del soggiorno dello straniero nel territorio comunale come requisiti soggettivi per beneficiare dell’estensione dell’elettorato, come invece previsto da tutte le fonti, internazionali e interne, che disciplinano la materia (lettera C della Convenzione Europea sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale firmata a Strasburgo il 5 febbraio 1992, art 2 comma 3 del T. U. sull’immigrazione, art.8 del T.U. sull’ordinamento degli enti locali). L’art 47 bis dello Statuto conferirebbe, così come concepito e formulato, il suffragio attivo e passivo per quanto riguarda le elezioni circoscrizionali anche agli immigrati clandestini che siano comunque soggiornanti, anche illegalmente, da almeno sei anni anche non consecutivi.
La proposta di legge costituzionale (AC4397) del 17 ottobre 2003 sulla medesima materia pretendeva ancora più rigore vincolando la concessione dell’elettorato al possesso della carta di soggiorno (art. 7 T.U. sull’immigrazione), per la cui titolarità sono richiesti sei anni di soggiorno regolare ed ininterrotto, la mancanza a carico dell’immigrato di condanne anche non definitive o di procedimenti penali pendenti per delitti non colposi, la disponibilità di un reddito derivante da fonti lecite sufficiente a mantenere sé e la propria famiglia. Anche il Consiglio di Stato nel parere n. 8007 del 28 luglio 2004, citato dal centrosinistra a fondamento della propria deliberazione, innalza gli anni di regolare soggiorno richiesti dai tre proposti dal Comune di Forlì a sei esplicitamente in relazione all’ottenimento della carta di soggiorno


ADESIONE AI PRINCIPI COSTITUZIONALI E ALLA CULTURA ITALIANA

Manca un qualsiasi riferimento all’integrazione culturale dello straniero come requisito della concessione dell’elettorato. La suddetta proposta di legge cost. che l’accesso al suffragio amministrativo fosse ammesso solo per quegli immigrati che si impegnassero a rispettare i principi fondamentali della Costituzione Italiana per impedire che comunità elettoralmente organizzate di stranieri non integrati culturalmente potessero stravolgere in sede di rappresentanza amministrativa il sistema di valori fondanti della civiltà italiana e occidentale e la sua identità. Ricordiamo che è già prevista un’analoga forma di “giuramento di fedeltà” al momento della concessione allo straniero naturalizzato della cittadinanza italiana (cfr. art. 10 della legge n. 91 del 1992) proprio perché nella Carta fondamentale sono cristallizzati i principi fondamentali, perlomeno quelli condivisi a livello nazionale aldilà delle appartenenze politiche: la Patria, la Bandiera, il sistema repubblicano fondato sul lavoro, lo Stato laico, la dignità della persona e i diritti umani, l’uguaglianza tra i sessi ecc.
Senza tale riferimento a Torino potrebbero tranquillamente votare e candidarsi alle Circoscrizioni fondamentalisti islamici che non rispetterebbero, né sarebbero costretti a farlo, nessuno dei principi citati.
Da sottolineare come anche il Consiglio di Stato nel suddetto parere indichi in una dimostrata integrazione culturale un requisito irrinunciabile per l’estensione del voto


ESERCIZIO DI UNA PROFESSIONE
Nessun riferimento neanche al possesso di un lavoro, che oltre a garantire uno stile di vita legale ed integrato da parte dell’immigrato, come si evince dalla normativa sulla carta di soggiorno, dimostra un attaccamento costante e duraturo al territorio, che non è invece collegato ad esempio alla permanenza temporanea in Italia per motivi di studio, status legale ma estemporaneo.
Anche su questo il Consiglio di Stato lascia pochi dubbi.


ORDINE PUBBLICO: PRESIDENZA DELLA CIRCOSCRIZIONE RISERVATA A CITTADINO ITALIANO
In perfetta coincidenza con la suddetta proposta di legge costituzionale, che proponeva l’estensione dell’elettorato passivo con esclusione della carica di Sindaco e Vicesindaco, di Presidente e Vice presidente, il Consiglio di Stato prescrive esplicitamente l’adozione di una norma che riservi ai cittadini italiani la carica di Presidente del Consiglio Circoscrizionale per impedire che in quartieri ad alta presenza di stranieri i cittadini italiani si trovino in minoranza e subiscano un ingiusto vuoto di rappresentanza
Anche in questo caso il Comune di Torino, in violazione delle prescrizioni del parere del Consiglio di Stato che pure viene citato come fonte giuridica della modifica statutaria, non prevede alcuna misura che impedisca alle Circoscrizioni densamente abitate da stranieri di essere amministrate maggioritariamente da stranieri.


CONTROLLO COMUNALE SU ATTI DELLE CIRCOSCRIZIONI
Il Consiglio di Stato afferma che l’estensione dell’elettorato attivo e passivo nelle consultazioni dei consigli circoscrizionali agli stranieri regolarmente residenti non infrange la disposizione costituzionale che riserva ai soli cittadini l’esercizio della sovranità in quanto “la norma statutaria in esame riguarda (soltanto) l’elezione degli organi comunali circoscrizionali, ovvero di organi ai quali il più volte ricordato articolo 17 del Testo unico sull’ordinamento delle autonomie locali attribuisce compiti esclusivamente partecipativi e consultivi, oltre alla gestione dei servizi di base (ad es. asili nido, giardini, campi sportivi, ed altre analoghe opere di urbanizzazione primaria e secondaria), con esclusione quindi di qualsiasi funzione politica e di governo, ovvero di funzioni che implichino scelte di fondo sulla valutazione comparazione degli interessi delle varie componenti della collettività di quartiere o di frazione che nella circoscrizione si identifica.”
Nel caso dello Statuto comunale di Forlì, sul quale il Consiglio di Stato si esprimeva nel parere n. 8007 del 2004, si esortava quindi il Comune, qualora predisponesse l’estensione del suffragio, ad adottare provvedimenti idonei a garantire la funzione di controllo e di indirizzo politico-amministrativo propria del Consiglio Comunale – votato e composto unicamente da cittadini italiani – nei confronti dei Consigli Circoscrizionali, eletti ed eventualmente composti anche da stranieri
Ancora una volta il Comune di Torino tace in proposito e non si preoccupa di predisporre misure idonee a garantire il rispetto del monopolio sancito a livello costituzionale della sovranità riservato ai soli cittadini, come prescritto dal Consiglio di Stato.


A parte le discussioni di principio sull’opportunità o meno di concedere tali diritti, ampia è stata la discussione sulla reale possibilità da parte degli Statuti Comunali di intervenire in modo così forte sui diritti di elettorato nelle elezioni Circoscrizionali.

Due sono essenzialmente le fonti di discussione a tal riguardo.
La prima è la circolare MIAITSE n. 4/2004 del Ministero dell’interno – Direzione centrale dei servizi elettorali (Allegato 1) che esclude la possibilità di intervento sui diritti di elettorato da parte degli Statuti Comunali, riservando quindi tale competenza alla fonte legislativa superiore.

La seconda è il parere n. 8007 del Consiglio di Stato emesso il 28 luglio 2004 (Allegato 2) che invece sostiene che gli Statuti Comunali possano regolamentare liberamente tale materia.

Prima di entrare nel merito di quanto affermato in tali documenti, appare opportuno riportare i due articoli della nostra Costituzione che regolano i diritti, attivo e passivo, di elettorato.

Art. 48 c. 1 della Costituzione della Repubblica Italiana: “Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età. ... ”.

Art. 51 c. 1 della Costituzione della Repubblica Italiana: “Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. ...”

La Costituzione della nostra Repubblica è quindi chiara. I diritti di elettorato attivo e passivo, per qualsivoglia organo, sono riservati ai cittadini italiani.
La formulazione dei due articoli non pare lasciare spazio ad altre interpretazioni e non specifica per quali organi valga quanto enunciato, facendo quindi presumere che ciò valga per tutti gli organi.

A seguito di direttiva comunitaria si è poi concessa ai cittadini dell’Unione Europea la possibilità di esercitare il diritto di voto per l’elezione del Sindaco e del Consiglio del Comune e della Circoscrizione nonché di essere eleggibili a consiglieri e, qualora eletti consiglieri, di essere altresì nominati come componenti della Giunta, con esclusione della carica di vicesindaco. La legislazione attuale è quindi chiara. Sono al momento esclusi dal diritto di elettorato attivo e passivo i cittadini extracomunitari.

Lo Statuto comunale è chiaramente fonte sott’ordinata rispetto alla legislazione nazionale, e da questa non si dovrebbe pertanto prescindere.

A tal proposito il Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (Decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267), all’art. 17 (Circoscrizioni di decentramento comunale) comma 5 afferma che “Nei comuni con popolazione superiore a 300.000 abitanti lo statuto può prevedere particolari e più accentuate forme di decentramento di funzioni e di autonomia organizzativa e funzionale, determinando, altresì, anche con il rinvio alla normativa applicabile ai comuni aventi uguale popolazione, gli organi di tali forme di decentramento, lo status dei componenti e le relative modalità di elezione, nomina o designazione. ...”.

In tale articolo si fa però chiaramente riferimento soltanto alle “modalità di elezione”, e parrebbe quindi eccessivo identificare la concessione di elettorato attivo e passivo come “modalità di elezione”, e non già come qualcosa di più importante e significativo, che è quindi da ritenere di sola competenza legislativa nazionale e non statutaria.

Dalla lettura degli articoli della nostra Costituzione suesposti e dall’esame di quanto previsto dal Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali sembrerebbe quindi chiaro che la competenza relativa ai diritti di elettorato attivo e passivo sia in ogni caso da attribuirsi alla legislazione nazionale, che al momento non prevede la possibilità di votare e di farsi votare per gli extracomunitari.

Tale parere è inoltre supportato da quanto esposto nella Circolare MIAITSE n. 4/2004 del Ministero dell’Interno – Direzione centrale dei servizi elettorali (Allegato 1), che in conclusione afferma che “ai fini dell’individuazione del corpo elettorale di tali organismi elettivi non può che farsi riferimento alla normativa statale vigente che, come suesposto, in atto non riconosce il diritto di elettorato attivo e passivo ai cittadini extracomunitari.”

Pare inoltre opportuno ricordare l’art. 16 del Codice Civile (Disposizioni sulla legge in generale) in cui si afferma che “Lo straniero è ammesso a godere dei diritti civili attribuiti al cittadino a condizione di reciprocità e salve le disposizioni contenute in leggi speciali. ...”.

La condizione di reciprocità costituisce secondo l’orientamento prevalente, un condizionamento nel trattamento dello straniero, il quale è ammesso a godere dei diritti civili attribuiti al cittadino a condizione che il medesimo trattamento sia accordato al cittadino italiano nello stato d’origine dello straniero. E’ necessario quindi un approfondimento riguardo al rispetto delle condizioni di reciprocità, che secondo la formulazione del suesposto articolo 16 è condizione necessaria per la concessione di diritti civili, fra i quali vi è certamente anche il diritto di elettorato.

La proposta di deliberazione di alcuni Consiglieri Comunali non tiene naturalmente conto di questa impostazione, ma si rifà al parere n. 8007 del Consiglio di Stato emesso il 28 luglio 2004 dietro richiesta della Regione Emilia Romagna in merito all’ammissibilità dell’articolo 50 dello Statuto del Comune di Forlì (concessione dell’elettorato attivo e passivo nelle circoscrizioni comunali degli stranieri extracomunitari residenti) (Allegato 2), secondo il quale “l’attribuzione agli stranieri extracomunitari residenti del diritto di elettorato attivo e passivo ai fini della costituzione dei consigli circoscrizionali ... sia de plano consentita dalle disposizioni di legge ordinaria ... e non trovi ostacolo insormontabile nelle norme e nei principi costituzionali che disciplinano la materia.”.

A sostegno della tesi secondo cui è possibile per lo Statuto Comunale regolamentare i diritti di elettorato, il Consiglio di Stato afferma che il termine “popolazione” riportato all’art. 17 comma 4 del Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (Decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267) [“Gli organi delle circoscrizioni rappresentano le esigenze della popolazione delle circoscrizioni nell’ambito dell’unità del Comune e sono eletti nelle forme stabilite dallo Statuto e dal regolamento”], raccordato con il principio di “partecipazione popolare” di cui all’art. 8 [“i Comuni, anche su base di quartiere o di frazione promuovono organismi di partecipazione popolare all’amministrazione locale”] implica che di essa fanno parte tutti i residenti, cittadini e non, ivi compresi gli stranieri che vivono stabilmente nel territorio comunale.

Tale principio appare certamente condivisibile, ma, contrariamente a quanto affermato dal Consiglio di Stato, non si ritiene che la partecipazione popolare degli stranieri si compia con la concessione del diritto di elettorato attivo e passivo, che alla luce di quanto prima espresso è da ritenersi possibile soltanto per i cittadini italiani.
La partecipazione dei residenti extracomunitari potrebbe quindi avvenire secondo altre forme e modalità, quali possono essere le consulte degli stranieri o i consiglieri comunali o circoscrizionali aggiunti.

Il Consiglio di Stato sostiene inoltre che gli organi circoscrizionali sono privi “di qualsiasi funzione politica e di governo, ovvero di funzioni che implichino scelte di fondo sulla valutazione e comparazione degli interessi delle varie componenti della collettività di quartiere o di frazione che nella circoscrizione si identifica.”

Lo Statuto del Comune di Forlì, a cui si riferisce il parere del Consiglio di Stato, all’art. 51 elenca fra le attribuzioni del Consiglio di Circoscrizione l’attività consultiva e “una attività deliberativa propria nell’esercizio delle funzioni ad esso delegate nelle materie attinenti i lavori pubblici, le aree verdi circoscrizionali ed i servizi comunali che si svolgono nella circoscrizione, con particolare riguardo alle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, all’uso di istituto ed alla gestione dei beni e dei servizi destinati ad attività assistenziali, scolastiche, culturali, sportive e ricreative. La delega nelle materie di cui sopra è conferita in base a programmi di massima approvati dal consiglio comunale nei quali siano previsti i criteri generali ed i fondi disponibili stanziati nel bilancio comunale.”.

Appare quindi chiaro come le competenze assegnate alle Circoscrizioni della Città di Torino siano diverse e ben più ampie. Il Consiglio di Stato nell’esprimere il proprio parere fa riferimento alle competenze delle circoscrizioni del Comune di Forlì e non già a quelle di Torino, e non appare quindi opportuno utilizzare tale parere per supportare la concessione dei diritti di elettorato per le circoscrizioni della nostra Città.

Lo stesso parere del Consiglio di Stato, facendo riferimento all’esercizio di funzioni delegate afferma che “... sembra opportuno prevedere un’apposita misura di controllo sulle delibere adottate dalle circoscrizioni stesse, da parte dell’ente superiore, prima che queste possano in via definitiva imputarsi al Comune.” Pare quindi che un atto circoscrizionale sia “compiuto” soltanto nel momento in cui v’è stato il controllo da parte del Comune, presumibilmente da parte della Giunta.
Per quanto riguarda la Città di Torino, le circoscrizioni deliberano non soltanto in base a competenze delegate come invece fanno le Circoscrizioni del Comune di Forlì, ma anche in base a competenze proprie, che in quanto tali sono sottratte all’esame da parte della Giunta comunale.

E’ quindi chiaro anche in questo caso che non è opportuno rifarsi al parere del Consiglio di Stato per supportare la tesi secondo cui è possibile per lo Statuto Comunale regolamentare i diritti di elettorato quando la realtà oggetto del parere è così diversa da quella della nostra Città.

Il Consiglio di Stato nell’espressione del suo parere riporta ancora che “nemmeno si può ritenere che il ristretto e minimale ambito di competenze che la legge riserva ai consigli circoscrizionali possa dar vita all’espletamento di determinate pubbliche funzioni, di natura tale da doversi ritenere precluse ai non cittadini.”.
Il Pubblico ufficiale è colui che esercita una funzione legislativa, amministrativa o giudiziaria con o senza rapporto di impiego con lo Stato, temporaneamente o permanentemente.
Se quindi per le competenze che il Comune di Forlì assegna alle Circoscrizioni, il Consigliere di Circoscrizione può non ritenersi un pubblico ufficiale, così non è per la Città di Torino. Nella nostra Città infatti, già soltanto per il fatto che le Circoscrizioni hanno competenze proprie, il Consigliere di Circoscrizione esercita una funzione amministrativa, che sarebbe quindi da ritenersi preclusa ai non cittadini.

In ogni caso è chiaro come il Presidente di Circoscrizione eserciti pubbliche funzioni, anche nel Comune di Forlì.
Il Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (Decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267) all’art. 54 (Attribuzioni del sindaco nei servizi di competenza statale) comma 7 prevede infatti che “nella materie previste dalle lettere a), b), c) e d) del comma 1, nonché dall’articolo 14, il sindaco, previa comunicazione al prefetto, può delegare l’esercizio delle funzioni ivi indicate al presidente del consiglio circoscrizionale; ...”.
E’ quindi evidente come al presidente del consiglio circoscrizionale possano essere delegate importanti pubbliche funzioni, che alla luce di quanto espresso dal Consiglio di Stato sono da ritenersi precluse ai non cittadini.

Secondo quanto previsto dallo Statuto della Città di Torino, la carica di presidente del consiglio di circoscrizione potrebbe essere ricoperta, non essendo prevista l’elezione diretta del presidente stesso, da qualsiasi consigliere di circoscrizione. In alcuni casi di decadenza del presidente indicato al momento delle elezioni, è infatti il Consiglio ad eleggere fra i propri componenti il nuovo Presidente, e ciò appare quindi in contrasto con la concessione del diritto di elettorato passivo ai non cittadini.

Ancora per quanto riguarda nello specifico il diritto di elettorato passivo il Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (Decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267), all’art. 55 (Elettorato passivo) comma 1 prevede che “sono eleggibili a sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale e circoscrizionale gli elettori di un qualsiasi comune della Repubblica che abbiano compiuto il diciottesimo anno di età, nel primo giorno fissato per la votazione.” .
Anche nel caso in cui si intendesse far passare il principio secondo cui lo Statuto comunale può regolamentare il diritto di elettorato alle elezioni circoscrizionali, alla luce della previsione del suesposto articolo 55 comma 1 è da escludersi chiaramente il diritto di elettorato passivo, in quanto gli extracomunitari non possono essere “elettori di un qualsiasi comune delle Repubblica”. Gli elettori di un comune sono infatti senza dubbio alcuno individuati dalla Costituzione e dalla legislazione nazionale vigente, e non già dallo Statuto.

Sempre il Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (Decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267), all’art. 77, nel punto in cui definisce gli amministratori locali fa espresso riferimento al termine “cittadino”. Se i cittadini dell’Unione Europea, come visto precedentemente, sono da intendersi in qualche modo “parificati” ai cittadini italiani, almeno per quanto riguarda le elezioni comunali, sono invece da ritenersi esclusi nel modo più assoluto gli extracomunitari, che quindi non possono accedere alla carica di amministratore locale. E per amministratori, ai sensi dell’art. 77 comma 2, si intendono anche “i componenti degli organi di decentramento”. [art. 77 “Definizione di amministratore locale”: 1. La Repubblica tutela il diritto di ogni cittadino chiamato a ricoprire cariche pubbliche nelle amministrazioni degli enti locali ad espletare il mandato, disponendo del tempo, dei servizi e delle risorse necessari ed usufruendo di indennità e di rimborsi spese nei modi e nei limiti previsti dalla legge. 2. Il presente capo disciplina il regime delle aspettative, dei permessi e delle indennità degli amministratori degli enti locali. Per amministratori si intendono, ai soli fini del presente capo, i sindaci, anche metropolitani, i presidenti delle province, i consiglieri dei comuni anche metropolitani e delle province, i componenti delle giunte comunali, metropolitane e provinciali, i presidenti dei consigli comunali, metropolitani e provinciali, i presidenti, i consiglieri e gli assessori delle comunità montane, i componenti degli organi delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali, nonché i componenti degli organi di decentramento.]


Pur accettando, anche senza condividerlo, quanto espresso dal Consiglio di Stato nel suo parere, secondo il quale “non rientrano dunque, in tale competenza riservata allo Stato, le modalità di composizione degli organi delle circoscrizioni, ivi compresa l’individuazione dei soggetti destinatari della capacità elettorale, che sono oggetto viceversa della competenza statutaria ...” emerge un problema di opportunità politica.

Il Sindaco Chiamparino ha più volte dichiarato di voler giungere alla creazione della Città Metropolitana, così come previsto dal Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (Decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267). Nel caso un cui si raggiungesse tale obiettivo, le circoscrizioni della Città e i Comuni limitrofi sarebbero trasformati in Municipi, ai sensi dell’art. 16 del citato Testo unico.
Tale articolo prevede che “si applicano agli amministratori dei municipi le norme previste per gli amministratori dei comuni con pari popolazione”. E’ quindi chiaro come in questo caso - essendo di competenza legislativa nazionale e non statutaria la regolamentazione delle elezioni comunali e i conseguenti diritti di elettorato - non sia possibile, alla luce dell’attuale normativa, concedere il diritto di elettorato attivo e passivo per i Municipi agli extracomunitari.
Considerando il fatto che il Sindaco ha dichiarato di voler giungere all’istituzione della Città Metropolitana appare quindi inopportuno concedere agli extracomunitari i diritti di elettorato attivo e passivo per le elezioni circoscrizionali, quando nel corso di poco tempo, al momento cioè della creazione dei Municipi, ne verrebbero nuovamente privati.

Il parere del Consiglio di Stato aggiunge inoltre “alcune puntualizzazioni e suggerimenti con riguardo al possibile miglioramento del tenore della norma in proposito”, di cui la proposta dei Consiglieri Comunali firmatari non tiene assolutamente conto.
Si fa infatti espresso riferimento “all’evidente esigenza di garantire l’elettorato soltanto agli stranieri di cui sia certa, al di là di ogni dubbio, la duratura permanenza sul territorio”, richiamando a tal proposito l’articolo 9 comma 1 del Decreto Legislativo 286/98, nel testo modificato con Legge 198/02 (legge Bossi/Fini), relativo alla Carta di soggiorno, che può essere rilasciata allo “straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato da almeno sei anni, titolare di un permesso di soggiorno per un motivo che consente un numero indeterminato di rinnovi, il quale dimostri di avere un reddito sufficiente per il sostentamento proprio e dei familiari ...”.
Il Consiglio di Stato esprime ancora che “sembra opportuno precisare preventivamente, con rinvio ad apposito regolamento, sulla base di quali criteri, il più possibile oggettivi, si intenda accertare l’effettività della permanenza sul territorio ... Requisito importante sembra essere altresì una padronanza perfetta della lingua italiana, di per sé indicativa di un’ottimale volontà di integrazione e di adattamento agli usi e costumi del paese che si è scelto per condurvi la propria esistenza.”
Nel parere del Consiglio di Stato si afferma inoltre che “sembrerebbe poi opportuno limitare il diritto a favore dei soli stranieri in Italia per ragioni di lavoro, dovendosi ritenere, ad esempio, quanto meno dubbio l’effettivo radicamento sul territorio di coloro che vengono in Italia, soggiornandovi anche a lungo, per conseguire una laurea o altro titolo di studio, essendo viceversa ben possibile che gli interessati rientrino al paese d’origine al termine degli studi.”
Importante è poi il punto in cui il Consiglio di Stato, ancora con riferimento alla Carta di soggiorno summenzionata, raccomanda che “una particolare attenzione pare poi, ovviamente, dovuta, con riguardo sempre al grado di stabile radicamento nel territorio, alla posizione dello straniero nei confronti dell’autorità di Ps.”
Viene inoltre raccomandata “qualche misura atta ad evitare che possa verificarsi, nel caso non impossibile di presenza nell’ambito circoscrizionale di insediamenti di cittadini stranieri particolarmente consistenti od addirittura maggioritari, un eccessivo squilibrio nei consigli circoscrizionali del rapporto tra italiani e stranieri, squilibrio che potrebbe dar vita a disagi e malumori capaci di pregiudicare o addirittura vanificare il voluto processo di integrazione della popolazione della circoscrizione nelle sue varie componenti.”
Di queste puntualizzazioni e suggerimenti riportati nel parere del Consiglio di Stato non v’è traccia nella proposta di deliberazione in oggetto che, rifacendosi apertamente a tale parere, appare quindi assolutamente carente dal punto di vista sostanziale.
Alla luce di quanto espresso emerge quindi chiaramente come la proposta dei Consiglieri Comunali di maggioranza sia viziata da un eccesso di leggerezza, che ne fa presumere il carattere puramente demagogico.


Per le motivazioni su riportate, si propone di esprimere parere sfavorevole in merito al provvedimento di cui all’oggetto.

Tutto ciò premesso,

LA GIUNTA CIRCOSCRIZIONALE

Visto il Regolamento del Decentramento approvato con deliberazioni del Consiglio Comunale n. 133 (n. mecc. 9600980/49) del 13 maggio 1996 e n. 175 (n. mecc. 9604113/49) del 27 giugno 1996 il quale fra l’altro all’art. 43 elenca i provvedimenti per i quali è obbligatorio l’acquisizione del parere da parte dei Consigli Circoscrizionali ed all’art. 44 ne stabilisce i termini e le modalità.

Dato atto che i pareri di cui all’art.49 del Testo Unico delle Leggi sull’Ordinamento degli Enti Locali, approvato con D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267, sono:
favorevole sulla regolarità tecnica;

Viste le disposizioni legislative sopra richiamate;

PROPONE AL CONSIGLIO DELLA CIRCOSCRIZIONE AMMINISTRATIVA N. 1
“CENTRO - CROCETTA”


di esprimere, per le motivazioni riportate in narrativa che qui integralmente si richiamano, parere sfavorevole in merito alla deliberazione di iniziativa consiliare n. mecc. 2005 – 02811/002 avente ad oggetto “Diritto di Elettorato Attivo e Passivo dei Cittadini Stranieri nelle Elezioni Circoscrizionali. Modifica dello Statuto”.

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Hanno riferito, oltre al Presidente Piovano, i Consiglieri: Sterza, Valgiusti, Panatero, Bucarelli, Magliano, Scapaticci, Stillitano, Miano.

IL CONSIGLIO CIRCOSCRIZIONALE


procede alla votazione per alzata di mano.


Risultano fuori aula al momento della votazione i Consiglieri: Bucarelli, Gaido, Magliano.


Accertato il risultato della votazione palese il Presidente proclama il seguente risultato:


CONSIGLIERI PRESENTI E VOTANTI: N. 17
VOTI FAVOREVOLI: N. 11
VOTI CONTRARI: N. 6


Per l’esito della votazione che precede il Presidente dichiara approvata la proposta della Giunta Circoscrizionale.


Si dà atto, che conformemente all'art. 49 del Testo Unico delle Leggi sull'Ordinamento degli Enti Locali, approvato con D. Lgs. 18 agosto 2000 n. 267, è stato acquisito il parere favorevole in ordine alla regolarità tecnica.

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Allegato 1

OGGETTO: Elettorato attivo e passivo ai cittadini extracomunitari.

Si riporta di seguito la circolare MIAITSE n. 4/2004 del Ministero dell’interno – Direzione centrale dei servizi elettorali, concernente l’oggetto.

“Pervengono in questi ultimi tempi segnalazioni di iniziative poste in essere da diversi comuni finalizzate ad estendere, attraverso modifiche statutarie, il diritto di elettorato attivo e passivo nelle consultazioni amministrative e per il rinnovo di organi di decentramento comunale ai cittadini extracomunitari stabilmente residenti nel nostro paese.

Al riguardo, si ritiene opportuno rappresentare quanto segue.

Il diritto di elettorato attivo e passivo trova una fondamentale previsione nella carta costituzionale, all’art. 48 (per l’elettorato attivo) e all’art. 51 (per quello passivo).

In particolare, l’art. 48 Cost. stabilisce, al primo comma, che “sono elettori tutti i cittadini ....che hanno raggiunto la maggiore età”, soggiungendo che l’esercizio del voto è dovere civico (comma 2); che la legge stabilisce requisiti e modalità per l’esercizio del diritto di voto dei cittadini
residenti all’estero (comma 3); che il medesimo diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per altre cause ben determinate (comma 4).

La legislazione ordinaria, nel disciplinare i singoli procedimenti di consultazione popolare, ha dato attuazione al dettato costituzionale e, in particolare, il vigente testo unico delle leggi per la composizione e l’elezione degli organi delle amministrazioni comunali, approvato con D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, all’art. 13, comma 1, stabilisce che “sono elettori i cittadini italiani iscritti nelle liste elettorali....”

Alla regola secondo la quale la cittadinanza italiana costituisce requisito indispensabile per potere esercitare il diritto di elettorato attivo è stato introdotto un meccanismo derogatorio nell’ambito dell’ordinamento comunitario cui lo Stato italiano aderisce.

Infatti, a seguito e a recepimento della direttiva 94/80/CE del Consiglio dell’Unione Europea del 19 dicembre 1994, con legge 6 febbraio 1996, n. 52 e con successivo decreto legislativo di attuazione n 197 del 12 aprile 1996, sono state fissate le norme che consentono ai cittadini dell’Unione Europea che risiedono in uno Stato membro di cui non hanno la cittadinanza di chiedere l’iscrizione in apposite liste elettorali aggiunte istituite presso il Comune di residenza stessa e, in virtù di tale iscrizione, di esercitare il diritto di voto per l’elezione del Sindaco e del Consiglio del Comune e della Circoscrizione nonché di essere eleggibili a consiglieri e, qualora eletti consiglieri, di essere altresì nominati come componenti della Giunta, con esclusione della carica di vicesindaco.

L’’introduzione di ulteriori deroghe al principio costituzionale e legislativo che correla l’esercizio del diritto di voto, anche nelle consultazioni amministrative comunali, al possesso del requisito della cittadinanza italiana, al fine, ad esempio, di estendere tale diritto agli extracomunitari con regolare permesso di soggiorno, non può che costituire oggetto di valutazioni e di scelte in sede politica, con conseguente necessità di operare le opportune modifiche al dettato costituzionale e alla legislazione ordinaria vigente.

Le suesposte considerazioni si ritiene debbano estendersi alle consultazioni per l’elezione degli organi di decentramento comunale (consigli circoscrizionali o di quartiere).

Tali organismi trovano la propria fonte in una norma statale di rango legislativo (art. 7 del d. lgs. n. 267/2000), pur essendo la loro organizzazione e le loro funzioni disciplinate dallo statuto e dal regolamento comunale.

Ciò posto ai fini dell’individuazione del corpo elettorale di tali organismi elettivi, non può che farsi riferimento alla normativa statale vigente che, come suesposto, in atto non riconosce il diritto di elettorato attivo e passivo ai cittadini extracomunitari.”


Allegato 2


Consiglio di Stato – Adunanza – parere 28 luglio 2004, n. 8007
Presidente Santoro – Estensore Borea


Oggetto: Regione Emilia-Romagna; quesito sull’ammissibilità all’elettorato attivo e passivo, nelle circoscrizioni comunali, degli stranieri extracomunitari residenti (articoli 8 e 17 Tu D.Lgs 267/00, Tu delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, ed articolo 50 Statuto Comune di Forlì)

Premesso

Il Presidente della Regione Emilia-Romagna riferisce che l’articolo 50 dello Statuto del Comune di Forlì, approvato con delibera del C. C. in data 9 aprile 2001, prevede l’estensione dell’elettorato delle circoscrizioni di cui all’articolo 8 del D.Lgs 267/00 (Tu sull’ordinamento degli Enti locali) agli stranieri residenti, ma che la relativa disposizione è stata da ultimo transitoriamente sospesa nei suoi effetti con delibera consiliare del 12 gennaio 2004, a seguito di avviso contrario del ministero dell’Interno su quesito posto sul punto da altro Comune. Nelle more, interpellato dall’Ufficio territoriale del Governo di Forlì-Cesena, il suddetto Ministero, con nota 16 gennaio 2004, ha ribadito il proprio orientamento negativo con riguardo specifico alla citata disposizione contenuta nello Statuto del Comune di Forlì.
Sull’argomento il ministero dell’Interno, Dipartimento per gli Affari interni e territoriali – Direzione centrale dei servizi elettorali, ha poi emanato la circolare Miaitse n. 4/2004 prot. 200400250 fasc. 15600/779 del 22 gennaio 2004, avente ad oggetto “Elettorato attivo e passivo ai cittadini extracomunitari”, in cui è stato ribadito l’orientamento negativo circa la possibilità, in generale, di riconoscere a tali soggetti il diritto di voto per l’elezione del Sindaco e del Consiglio del Comune e della Circoscrizione nonché di essere eleggibili a consiglieri o nominati componenti della Giunta.
Nel fare proprie le argomentazioni svolte in proposito dal suddetto Comune, la Regione richiedente, dopo aver sottolineato la rilevanza giuridica e l’importanza politico-istituzionale del problema, esprime l’avviso che sia da condividere l’interpretazione “aperta” fornita dal Comune, fondata essenzialmente sulle disposizioni contenute negli articoli 8 e 17 del citato Tu, laddove, in generale (articolo 8), si valorizzano e s’incoraggiano, anche su base di quartiere o di frazione, le forme di partecipazione popolare all’amministrazione locale, ed, in particolare (articolo 17) si puntualizza, in armonia con la ratio partecipativa di cui sopra, che gli organi delle circoscrizioni di decentramento comunale “rappresentano le esigenze delle popolazioni delle circoscrizioni nell’ambito dell’unità del Comune e sono eletti nelle forme stabilite dallo statuto e dal regolamento”.
Obietta il Ministero che le disposizioni richiamate consentono, al più, la formazione di appositi organi di supporto degli organi di governo locale rappresentativi degli interessi degli stranieri residenti, quali “consulte degli stranieri”, con compiti consultivi e propositivi, ma sempre privi di diritto di voto, ovvero anche la partecipazione ai referendum consultivi locali di cui all’articolo 8 Tu, comma 3, ma non possono essere intese nel senso di dare libero accesso all’elettorato a favore degli stranieri, a ciò ostando le norme costituzionali che il relativo diritto riservano ai cittadini (articoli 48 e 51), ai quali soltanto spetta l’esercizio di funzioni politiche e di funzioni pubbliche.
Da parte sua il Comune di Forlì, come risulta da un parere in merito reso dal Segretario generale e condiviso dalla Giunta, richiamato il fatto che gli organi circoscrizionali rappresentano la popolazione tutta e sono eletti nelle forme stabilite dallo statuto, ritiene che il corpo elettorale in questo caso coincida con la popolazione del Comune, stranieri residenti compresi, e che la norma rimetta alla volontà statuaria l’individuazione dei soggetti titolari dell’elettorato attivo e passivo. Né a tale ricostruzione, si prosegue, ostano principi costituzionali, dato che il nuovo articolo 117, comma 2, lettera p), prevede la legislazione esclusiva dello Stato in materia di organi di governo degli enti locali, e tali non sarebbero i consigli circoscrizionali, per i quali il Tu rinvia agli statuti comunali, la cui natura di fonte primaria equiordinata alle leggi ordinarie e soggetta soltanto ai principi della Costituzione, tra i quali quello della cosiddetta autonomia normativa degli Enti locali, è sancita dal nuovo articolo 114.

Considerato

Ritiene la Sezione che al quesito posto dalla Regione Emilia-Romagna, sia pur con le precisazioni ed i suggerimenti che in via conclusiva si ritiene di poter proporre, possa darsi risposta nel senso indicato dalla stessa Regione e dal Comune di Forlì, al quale si deve l’impulso iniziale che ha portato alla richiesta di parere a questo Consiglio.
Ritiene cioè la Sezione che l’attribuzione agli stranieri extracomunitari residenti del diritto di elettorato attivo e passivo ai fini della costituzione dei consigli circoscrizionali di cui all’articolo 17 Tu 267/00, così come disposto dall’articolo 50 dello statuto del Comune di Forlì, sia de plano consentita dalle disposizioni di legge ordinaria di cui al citato articolo 17, e non trovi ostacolo insormontabile nelle norme e nei principi costituzionali che disciplinano la materia.
Quanto alle disposizioni di legge ordinaria, il comma 4 del citato articolo 17 recita testualmente: “Gli organi delle circoscrizioni rappresentano le esigenze della popolazione delle circoscrizioni nell’ambito dell’unità del Comune e sono eletti nelle forme stabilite dallo Statuto e dal regolamento”. Il termine “popolazione”, raccordato con il principio di “partecipazione popolare” in base al quale il precedente articolo 8 prevede che “i Comuni, anche su base di quartiere o di frazione promuovono organismi di partecipazione popolare all’amministrazione locale”, implica chiaramente, nella sua onnicomprensività, che di essa fanno parte tutti i residenti, cittadini e non, ivi compresi cioè gli stranieri che, per ragioni di lavoro, vivono stabilmente nel territorio comunale e sono quindi pienamente legittimati, al pari dei cittadini, a far valere di fronte alle istituzioni le proprie particolari esigenze connesse con il loro radicamento nel territorio.
Inoltre, con una disposizione di natura procedurale finalizzata a rendere effettiva la prevista partecipazione popolare, il citato comma 4 demanda all’autonomia statutaria le forme e le modalità elettorali: così definendosi compiutamente la fattispecie.Conclusione questa che trova in sostanza concorde anche il ministero dell’Interno nella nota 16 gennaio 2004 sopra ricordata, nota nella quale, se pur pervenendosi a conclusioni negative sulla questione che qui interessa sulla base di altre considerazioni sulle quali ci si dovrà presto soffermare, si ammette che gli stranieri residenti nel territorio italiano, oltre ad avere il diritto alla libertà di espressione, di associazione e di riunione, hanno altresì il diritto di far valere la propria voce presso gli organi di governo delle collettività locali, secondo varie modalità già in concreto realizzatesi di fatto, quali ad esempio le “consulte comunali di stranieri”, la previsione di “consiglieri comunali aggiunti”, l’accesso ai referendum di cui all’articolo 8, comma 3, Tu cit. ed è particolarmente significativo, a tale ultimo proposito, il fatto che anche il Ministero concordi nel ritenere onnicomprensivo nel senso sopra visto il termine “popolazione”, che anche il comma 3 cit. utilizza ai fini referendari.
Non è del resto privo di significato il disposto dell’articolo 9 del D.Lgs 286/98 (Tu delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), il cui quarto comma, nell’ammettere esplicitamente che, “oltre a quanto previsto per lo straniero regolarmente soggiornare nel territorio dello Stato, il titolare della carta di soggiorno può: partecipare alla vita pubblica locale, esercitando anche l’elettorato quando previsto dall’ordinamento e in armonia con le previsioni del capitolo C della Convenzione sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale, fatta a Strasburgo il 5 febbraio 1992”, ha introdotto nell’ordinamento un principio del tutto conforme a quello affermato dalla Regione Emilia-Romagna e dal Comune di Forlì.
Più delicato discorso richiede la verifica di compatibilità costituzionale della previsione contenuta nell’articolo 50 dello Statuto del Comune di Forlì.
È indubbia la consistenza dell’obiezione di fondo mossa dal Ministero sul punto, ove si ricorda che gli articoli 48 e 51 della Costituzione riservano ai cittadini il diritto di elettorato attivo e passivo, nonché l’accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive.
Ritiene peraltro la Sezione, diversamente opinando rispetto alle conclusioni cui perviene il ministero dell’Interno, che l’obiezione mossa non sia insuperabile. In primo luogo, si osserva che la norma statutaria in esame riguarda (soltanto) l’elezione degli organi comunali circoscrizionali, ovvero di organi ai quali il più volte ricordato articolo 17 del Tu attribuisce compiti esclusivamente partecipativi e consultivi, oltre alla gestione dei servizi di base (ad es. asili nido, giardini, campi sportivi, ed altre analoghe opere di urbanizzazione primaria e secondaria), con esclusione quindi di qualsiasi funzione politica e di governo, ovvero di funzioni che implichino scelte di fondo sulla valutazione comparazione degli interessi delle varie componenti della collettività di quartiere o di frazione che nella circoscrizione si identifica.
Nemmeno si può ritenere che il ristretto e minimale ambito di competenze che la legge riserva ai consigli circoscrizionali possa dar vita all’espletamento di determinate pubbliche funzioni, di natura tale da doversi ritenere precluse ai non cittadini.
Al riguardo non può non ricordarsi che il D.Lgs 165/01 (recante “norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”), all’articolo 38 (accesso dei cittadini degli Stati membri dell’Ue), secondo comma, nel prevedere che “con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, ai sensi dell’articolo 17 della legge 400/88, e successive modificazioni ed integrazioni, sono individuati i posti e le funzioni per i quali non può prescindersi dal possesso della cittadinanza italiana, nonché i requisiti indispensabili all’accesso dei cittadini di cui al comma 1”, attribuisce evidente carattere di specificità ed eccezionalità alla categoria di posti e funzioni preclusi ai non cittadini, la cui consistenza non potrebbe dunque stabilirsi esclusivamente in via interpretativa od addirittura analogica, prescindendo dall’individuazione attraverso il Dpcm ivi indicato.
Vero è che secondo l’articolo 17 del Tu, anche le circoscrizioni possono esercitare funzioni delegate dal Comune. Non sembra peraltro che debba ricondursi ad esercizio di pubbliche funzioni in senso pieno, l’eventuale adozione di delibere concernenti l’espletamento di pubbliche gare per lavori, servizi o forniture ovvero la stipula di contratti, connesso alla gestione dei servizi di base. Tali attività infatti, a quanto risulta nella prassi sono in via di delega affidate alle circoscrizioni per gli ambiti territoriali di loro competenza (in questo senso del resto si muove anche l’articolo 51 dello Statuto forlivese, che prevede la delega per lavori pubblici, aree veri circoscrizionali, servizi comunali, opere di urbanizzazione primaria e secondaria, ecc.). Le relative delibere, al pari degli atti di concreta attuazione delle medesime (indizione appalti, stipula contratti, ecc.), in base all’articolo 107 del Tu 267/00, sono infatti rimesse ai dirigenti, nell’esercizio della loro autonomia, per ciò che attiene ai poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo, e non possono prescindere dal rispetto dei criteri e delle norme dettati a monte dallo Statuto e dagli indirizzo politici voluti dagli organi di governo, quali il Sindaco, il Consiglio e la Giunta. Viceversa, i consigli circoscrizionali di tali indirizzi politici si configurano quindi meri esecutori a livello di quartiere, nell’immanenza, si ripete, del necessario filtro del controllo sulle delibere adottate da parte dei medesimi organi di governo. In materia di parchi e giardini, ad esempio, spetta pur sempre agli organi di governo la determinazione istitutiva, nel quadro delle scelte politiche tese ad assicurare, alla popolazione residente, il godimento di aree di gioco e di riposo. Parimenti, sempre agli organi di governo del Comune spetta l’individuazione delle aree da adibire a tale scopo, nell’ambito delle scelte di pianificazione dell’assetto del territorio: mentre resta affidata alla circoscrizione soltanto la gestione del singolo giardino o parco e delle relative attività complementari e gestionali (arredi, pulizia, ecc.).
Non si vede, quindi, quale vulnus ai principi costituzionali sanciti dai ricordati articoli 48 e 51, possa costituire la disposizione statutaria in esame del Comune di Forlì, dato che lo straniero elettore a livello circoscrizionale non è chiamato a determinare le scelte di fondo dell’ente, né tanto meno a dare vita ad una maggioranza di governo, ma soltanto a far valere le proprie esigenze in forma partecipativa e consultiva in materia di servizi di base, ferma restando nella competenza del Consiglio comunale e degli altri organi di governo la funzione di indirizzo e di controllo politico e amministrativo (articolo 42 Tu).
A conferma delle conclusioni raggiunte soccorre poi il fatto, in ciò condividendosi le argomentazioni svolte dal Comune di Forlì per voce del suo segretario generale in apposita relazione recepita dalla Giunta comunale il 7 ottobre 2003, che gli articoli 48 e 51 della Costituzione, sopra ricordati devono necessariamente essere riletti, per ciò che qui interessa, alla luce della previsione contenuta nel nuovo articolo 117 Costituzione, comma 2 lettera p), ove si prevede la competenza legislativa esclusiva dello Stato con riguardo a “legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane”.
Ora, tenuto conto, da un lato, del principio, sancito poco oltre nello stesso articolo 117, comma 4, secondo il quale è esclusa la riserva allo Stato ove non espressamente prevista, e, dall’altro, dell’autonomia statutaria e organizzatori assicurata ai comuni dall’articolo 114, nel rispetto dei principi fissati dalla Costituzione, è da condividere la lettura fornita dal Comune di Forlì, secondo cui la riserva alla legislazione statale in materia si esaurisce nella disciplina elettorale concernente gli organi di governo e le funzioni fondamentali degli enti locali: organi che, per i comuni, sono il Sindaco, il Consiglio e la Giunta, cui spetta lo svolgimento delle funzioni fondamentali con poteri di rappresentanza, coordinamento e indirizzo politico-amministrativo. Non rientrano dunque, in tale competenza riservata allo Stato, le modalità di composizione degli organi delle circoscrizioni, ivi compresa l’individuazione dei soggetti destinatari della capacità elettorale, che sono oggetto viceversa della competenza statutaria nell’esercizio dell’autonomia sancita dall’articolo 114. Autonomia, si osserva, che in base alle modifiche introdotte al titolo V della Costituzione della legge costituzionale 3/2001, ha come parametro diretto soltanto le norme costituzionali ai sensi dell’articolo 114, essendo stato abrogato l’articolo 128, il quale prevedeva che “le province e i comuni sono enti autonomi nell’ambito dei principi fissati da leggi generali della Repubblica”.
Ferma, dunque, la piena operatività degli articoli 48 e 51 della Costituzione, che riservano ai cittadini l’elettorato attivo e passivo riferito agli organi di governo, tra l’altro, dei comuni, nulla sembra impedire che gli statuti comunali prevedano il diritto di far valere la propria voce anche a favore di quella parte della popolazione costituita dagli stranieri stabilmente radicati nel territorio, limitatamente a quei particolari organi sub-comunali quali sono le circoscrizioni, istituite per offrire alla popolazione tutta idonei strumenti per realizzare una più stretta collaborazione e partecipazione nella gestione dei servizi di base di cui essa è destinataria.
Nei sensi sopra espressi è il parere della Sezione, la quale peraltro ritiene opportuno, ad integrazione delle conclusioni raggiunte, aggiungere alcune puntualizzazioni e suggerimenti con riguardo al possibile miglioramento del tenore della norma in proposito contenuta nell’articolo 50 dello Statuto del Comune di Forlì. In vista dell’evidente esigenza di garantire l’elettorato soltanto agli stranieri di cui sia certa, al di là di ogni dubbio, la duratura permanenza sul territorio, sembra innanzi tutto troppo breve il periodo previsto di tre e due anni (rispettivamente per l’elettorato passivo e attivo) di residenza, ritenendosi dunque preferibile di elevarlo a 6 o più anni, in armonia con il termine previsto dall’articolo 9, comma 1, del D.Lgs 286/98, nel testo modificato con legge 189/02 (cosiddetta legge Bossi-Fini) per poter chiedere la carta di soggiorno, che viene rilasciata a tempo indeterminato proprio in presenza dei presupposti che fanno supporre un duraturo radicamento sul territorio. In secondo luogo, sembra opportuno precisare preventivamente, con eventuale rinvio ad apposito regolamento, sulla base di quali criteri, il più possibile oggettivi, si intenda accertare l’effettività della permanenza sul territorio, ad es. a seconda del tipo di lavoro svolto (stagionale o meno, subordinato o meno, stanziale o ambulante), della composizione del nucleo familiare, dell’eventuale legame di parentela o con altri stranieri da tempo residenti ed eventualmente già in possesso della cittadinanza italiana, ovvero con cittadini italiani. Requisito importante sembra essere altresì una padronanza perfetta della lingua italiana, di per sé indicativa di un’ottimale volontà di integrazione e d’adattamento agli usi e costumi del paese che si è scelto per condurvi la propria esistenza. Per inciso, sembrerebbe poi opportuno limitare il diritto a favore dei soli stranieri in Italia per ragioni di lavoro, dovendosi ritenere, ad es., quanto meno dubbio l’effettivo radicamento sul territorio di coloro che vengono in Italia, soggiornandovi anche a lungo, per conseguire una laurea o altro titolo di studio, essendo viceversa ben possibile che gli interessati rientrino al paese d’origine al termine degli studi. Tanto più che, quanto meno in parte da ritenersi prevalente, i “servizi” di cui tali soggetti usufruiscono, in quanto attinenti alla loro qualità di studenti, non sembrano di competenza comunale. Una particolare attenzione pare poi, ovviamente, dovuta, con riguardo sempre al grado di stabile radicamento nel territorio, alla posizione dello straniero nei confronti dell’autorità di Ps (permesso e carta di soggiorno, cfr. il già ricordato articolo 9 D.Lgs 286/98 cit.).
Ancora, si ritiene che dovrebbe essere prevista qualche misura atta ad evitare che possa verificarsi, nel caso non impossibile di presenza nell’ambito circoscrizionale di insediamenti di cittadini stranieri particolarmente consistenti od addirittura maggioritari, un eccessivo squilibrio nei consigli circoscrizionali del rapporto tra italiani e stranieri, squilibrio che potrebbe dar vita a disagi e malumori capaci di pregiudicare o addirittura vanificare il voluto processo di integrazione della popolazione della circoscrizione nelle sue varie componenti. Ad esempio, si potrebbe introdurre una norma che riservi ad un cittadino italiano la carica di presidente del consiglio di circoscrizione.
Un’ultima osservazione: l’articolo 51 dello Statuto forlivese, già in precedenza ricordato, prevede che le deliberazioni dei consigli di circoscrizione (nell’esercizio di funzioni delegate) “sono a tutti gli effetti atti del Comune”. In armonia con quanto in precedenza si è avuto occasione di osservare in ordine al principio per cui spetta agli organi di governo il controllo politico e amministrativo dell’attività comunale, e quindi anche delle circoscrizioni, sembra opportuno prevedere un’apposita misura di controllo sulle delibere adottate dalle circoscrizioni stesse, da parte dell’ente locale superiore, prima che queste possano in via definitiva imputarsi al Comune.

PQM

Nei sensi sopra espressi è il parere della Sezione.

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