CittAgorà
Periodico del Consiglio Comunale di Torino



Torino vista dal suo punto più alto

10-09-2010
Prossima l’apertura del campanile di S. Zita, per salire più in alto della Mole

Il cortile del complesso Faà di Bruno “Speriamo che non si spezzi” è l’assurdo pensiero che si affaccia mentre sali lungo le scalette di legno che si avvolgono, sempre più strette ed esili fino all’ultimo metro all’interno della cuspide. Il campanile di Santa Zita sembra una fragile matita accuratamente temperata: gialla con la punta azzurra della mina rivolta al cielo.
Primo balconcino: cinquanta metri sotto di noi, la vita di via San Donato scorre vivace e minuscola, la cupola di S. Zita e via San Donato ignara dei nostri timori. Sporgendosi dall’esile sagoma del campanile in ristrutturazione, 75 metri di muratura, per l’edificio tradizionale più alto della città, l’idea che la matita possa spezzarsi in due attinge forza dal vuoto che si apre sotto di noi e dalla storia delle colonnine…
Molti anni fa altri uomini, costruttori di torri, chini sui disegni del campanile, di fronte alle 32 inedite colonnine di ghisa della sezione intermedia, avevano scosso la testa, dicevano che quella struttura non avrebbe retto. Ma l’architetto Arboreo Mella e Francesco Faà di Bruno, ideatore dell’opera, eroe risorgimentale, uomo di scienza, musicista e infine sacerdote, che aveva preso in i ponteggi attorno al campanile mano personalmente la realizzazione del campanile, ebbero fede nel progetto. Tagliata in due a 35 metri di altezza da quel colonnato metallico (di una lega all’epoca nuova), la struttura resiste meglio al vento, libera a maggior distanza il suono delle campane e, probabilmente, ne assorbe meglio le vibrazioni. Commissionate alla fonderia Rochat, di Valdocco le colonne erano costate molto: 1612 lire, ma avevano consentito di risparmiare su materiali e mano d’opera per la muratura. Recentemente il Politecnico le ha sottoposte assieme al resto della struttura ad accurati controlli: godono di ottima salute.
cuspide Così da130 anni la chiesa neoromanica col suo campanile ottagonale, voluta dal Beato (tale divenne il Faà di Bruno nel 1988 per iniziativa di Giovanni Paolo II), continua a segnalare da ogni punto della città il cuore di Borgo San Donato, e il grande complesso nato dalla sua fede: le scuole (dalla prima infanzia al liceo), il pensionato ( 95 ospiti), il centro di formazione, il museo, un tempo la lavanderia, i vasti cortili dove hanno giocato e giocano tante generazioni di ragazzi.
Secondo balconcino: 60 metri. Tra poco più di un mese le porte del campanile e le sue scale lignee completamente restaurate, dovrebbero aprirsi ai visitatori che potranno salire fino a qui per godere di una visione croce dall’alto della Città.
Il punto di osservazione, ci dicono in parrocchia, nonostante i “soli” 60 metri di altezza, ha un’altitudine leggermente superiore a quello offerto dalla Mole Antonelliana. Il primato sarebbe dovuto alle pendenze del terreno cittadino: via San Donato sarebbe infatti ben 20 metri più in alto di via Montebello, dove sorge la Mole.
Da quassù la visione della città è completa in ogni direzione grazie alla centralità di via San Donato. Col bel tempo, lo sguardo può risalire verso le vallate alpine piemontesi: a sud-ovest la mole inconfondibile del Monviso, ad ovest un lungo tratto della valle di Susa e proseguendo verso nord-ovest il massiccio del Gran Paradiso e quello del Monte Rosa, ad est la collina.
C’è una continuità ed una attualità nel segno dell’economia e del lavoro, tra l’iniziativa di costruire un campanile altissimo in pieno ‘800 e quella odierna di sala dell'orologio restaurarlo ed aprirlo al pubblico.
I quattro orologi con i loro quadranti enormi (due metri di diametro) dovevano consentire agli operai di allora di misurare la durata della propria giornata di lavoro e difendersi dalle pretese dei loro padroni. Lo confida nella sua corrispondenza il Faà di Bruno. I turisti di domani, in fila ai piedi del campanile, desiderosi di vedute memorabili della città, sono invece una tessera che si aggiunge al mosaico ancora in costruzione della Torino post-industriale e delle sue nuove vocazioni.
Il costo dei restauri supera i 300.000 euro e sarà coperto dal Comune (grazie alla legge 15 per la tutela dei beni artistici), dalla Fondazione San Paolo, dalla Crt, dalla Regione (con fondi per il 150° anniversario Il letto del beato Faà di Bruno dell’Unità d’Italia) e dalla Congregazione delle Suore Minime del Suffragio di Santa Zita.
Accompagnati da Giampiero Cottino, titolare dell’impresa che esegue i restauri e dall’ingegnere Franco Gavinelli fiduciario della congregazione, ci spingiamo con un po’ di fatica sempre più su, in modestissimo omaggio al motto coniato dal Beato e adottato dalle suore ancora oggi: agire, pregare, soffrire.
Ogni segmento del campanile ha una storia da raccontare. Qui siamo all’altezza dei nidi dei gheppi. Gli operai che in primavera si sono spinti quassù per la prima volta dopo chissà quanti anni hanno scoperto, poco più in alto della cella campanaria, una coppia di rapaci con 4 uova. Sentendo forse aria di famiglia si erano sistemati nell’incavo di una statua, proprio sotto una bell’aquila di pietra… Mobilitazione tempestiva di esperti di avifauna (il dottor Leonardo Ariemme del corpo forestale dello Stato ha monitorato assiduamente la situazione) e il gheppio che abitava il campanile adozione della famigliola di rapaci. Il nido è stato così salvaguardato fino alla schiusa delle uova ed all’involo dei giovani gheppi.
L’ultimo segmento ci racconta l’ultima storia, quella dell’arcangelo Michele. Era sceso dalla sua vetta azzurra per restauri, nel 1996 grazie allo spettacolare intervento di un gruppo di scalatori di Bolzano. Questa volta però non ci si aspettava che la doratura fosse così rovinata, invece è stato necessario rifarla tutta utilizzando qualche etto di preziose, impalpabili lamine d’oro da 34 carati, che hanno appesantito parecchio… la spesa finale.
Ora il campanile è rimesso a nuovo e tra breve la città potrà goderselo in alternativa agli osservatori tradizionali della Mole e di Superga.
Per questo però, occorrono buone gambe.

Nelle foto, dall'alto: Il cortille del complesso compreso tra le via San Donato, Vagnone e Medail - La cupola di Santa Zita e via San Donato - Lo smontaggio dei ponteggi attorno al campanile - La sola cuspide del campanile è alta 13 metri - Dalle aperture sulla cuspide - Il meccanismo che muove con i suoi 4 bracci altrettanti orologi - Nel complesso, oltre al pensionato ed al liceo, vi è anche il museo. Qui la stanza di Faà di Bruno - Il gheppio che con la sua compagna aveva nidificato sul campanile

S.L.

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