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Divisione Servizi Sociali


"Casa dell'affido"




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Matthias e mamma Maria



È il giugno del 2003 quando Matthias viene al mondo: la sua mamma, una donna di ventidue anni, aveva alle spalle un passato di fallimenti familiari e personali; i genitori si erano separati quando lei aveva solo otto anni e da allora Maria aveva incominciato a sentirsi diversa perché nessuno si occupava di lei. A scuola non andava quasi mai, perché nessuno l’accompagnava; quelle poche volte che le capitava di salire in classe si sentiva un’aliena: tutti gli altri bambini avevano quaderni per fare i compiti e i libri su cui studiare; lei no, lei era semplicemente “fuori posto”, con pensieri che incessantemente vagavano per fissarsi dentro un'altra casa, la sua, dove la mamma, tra un bicchiere e l’altro si trascinava e, quando la sbornia finiva, esplodeva di rabbia verso suo marito che l’aveva tradita e abbandonata e verso lei e le sue sorelle “bocche da sfamare”. Non c’era giorno in cui la collera non l’assalisse, frammista a un disperato bisogno di affetto e di speranza; magari papà, un giorno, sarebbe potuto tornare per stare insieme; oppure la zia, l’amica o una vicina avrebbero potuto aiutare la mamma a farla smettere di bere e a trovare un lavoro.
Quando Maria fu allontana da casa per essere ospitata in una comunità, questa rabbia e insoddisfazione avevano superato ogni limite; non c’era verso di poterla aiutare perché lei rigettava ogni aiuto: voleva solo tornare a casa e basta.
Tutti gli sforzi profusi dagli educatori non sortirono che un unico effetto, quello di renderla ancora più legata e dipendente in tutto e per tutto dal suo contesto familiare, che in realtà nulla era in grado di offrirle.
Quando rientra in casa, ormai adolescente, si rende fatalmente conto che c’è un vuoto intorno a lei, non una carezza, non un’attenzione, non un consiglio, non un rimprovero.
Alcool e droga leniscono lo stato di sofferenza esistenziale, anestetizzano il senso di esistere; almeno, “fatta di sostanza” non si sente di dover appartenere a nessuno e di dover aspettarsi qualcosa dagli altri. E, poi, se i soldi non ci sono, o i portafogli dei familiari incominciano ad essere provocatoriamente senza denaro, non c è problema; rimane sempre la stazione in cui si trova sempre qualcuno che può dare i soldi che occorrono per acquistare ciò che fa stare veramente bene.
Così passano gli uomini e gli anni; inspiegabilmente Maria rimane incinta; pensa dapprima di abortire poi la mamma la convince a desistere ed il bambino diventa per lei da impiccio una ragione di riscatto; qualcosa di giusto dopo molte esperienze sbagliate.
Matthias nasce con la sindrome di astinenza neonatale; viene segnalato al Tribunale per i Minorenni e, dopo due mesi viene inserito in una famiglia del Progetto Neonati (affidamenti di bambini piccolissimi); la mamma ha sei mesi di tempo per poter dare una svolta decisiva alla sua vita.
Si fanno avanti le sorelle; una di loro chiede l’affido del piccino che nel frattempo cresce amorevolmente accudito dalla famiglia affidataria.
Nel frattempo, Maria che non si aspettava che il bambino fosse allontanato da lei, in rotta con la madre e le sorelle, riprende i contatti con il suo giro di “vecchie amicizie”.
Dopo un ennesimo fermo operato dalla polizia, viene posta di fronte ad un aut-aut da parte degli operatori del Servizio per le tossicodipendenze; se tiene al bambino questo è il momento per dimostralo davvero: deve lasciare la vita sbandata ed entrare in una comunità terapeutica: all’ultimo, quando sta per scadere il termine fissato dal Tribunale, la giovane accetta di entrare in una struttura comunitaria.
Qui smette di assumere alcool ed eroina; inizialmente ha un comportamento riluttante verso il contesto e le sue regole poi, frequentando il gruppo di sostegno, prende coscienza che, forse, questa volta, ce la può fare a gestire la sofferenza e l’incertezza di sé, la fragilità dei suoi sentimenti.
Quando Matthias la raggiunge in comunità ha più di un anno e mezzo ; è passato dalle mani della famiglia del “Progetto Neonati” a quelle della zia materna ed ora le mani della mamma sono pronte ad accoglierlo. E’ un’esperienza nuova per entrambi; per Maria è la scoperta di una dimensione di dedizione che non aveva mai avuto modo di sperimentare; lo guarda camminare, correre con gli altri bambini, mangiare la pappa, mentre gli fa il bagnetto e poi se lo tiene tra le braccia quando piange, lo rassicura quando non dorme.
Dopo qualche mese, sempre più fiduciosa delle proprie possibilità, con l’ aiuto delle educatrici trova un lavoro part-time. Ha un debito in denaro enorme con la comunità ma poco per volta non solo il debito si assottiglia fino a scomparire ma riesce a mettere da parte un piccolo gruzzoletto.
A questo punto gli operatori possono proporle un ultimo passaggio; quello della comunità di autonomia. Maria accetta ed entra con il bambino nella nuova struttura; tutto sembra destinato a risolversi nel migliore dei modi … invece, non è così.
La giovane dopo pochi giorni inizia ad addurre scuse, ad inventare falsità; di fatto non si reca al nuovo lavoro né accompagna il bambino alla scuola materna: è sempre in uno stato di alterazione nei confronti di Matthias, non si cura di lui; in casa c’è sempre più disordine, montagne di abiti da lavare, e sempre più spesso si fa colazione all’ora di pranzo oppure si consuma un solo pasto in tutto il giorno fino a che non viene trovato in un cassetto un flaconcino di metadone . È la prova che qualcosa non va, che Maria ha ripreso a far uso di sostanze.
Mentre la si riaccompagna nella comunità terapeutica, Maria è presa dalla disperazione non a causa della superficialità dei suoi comportamenti ma perché il giovane con cui ha intessuto una relazione sentimentale la vuole lasciare e conferma che non l’attenderà per alcun motivo.
Dopo pochi giorni, Maria lascia la comunità terapeutica per potersi ricongiungere con lui.
Il bambino resta lì dove ha trascorso con la madre due anni della sua piccolissima vita .
Il Tribunale decreta che egli venga inserito al più presto in una famiglia avente i requisiti per l’adozione e Matthias dopo poche settimane viene accolto in una famiglia dove tutt’ora si trova.



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