Archivio storico della Città di Torino



Mostre

Il Miracolo di Torino

a cura di Luciana Manzo e Fulvio Peirone

Soffitto della Sala del Sindaco "Raccontano adunque le antiche memorie che nel 1453 essendosi dato il sacco alla terra d'Exilles nella valle d'Oulx, che allora apparteneva al Delfinato, si trovò un soldato così sacrilego, che entrato in chiesa, diè di mano al ciborio che racchiudeva l'ostia consacrata, e affardellatolo con altre robe in una valigia, quella pose sur un mulo e si mise in viaggio per alla volta della Lombardia. Pervenuto a Torino il ladro col mulo, e giunto allato alla chiesa di San Silvestro, la bestia incespicò e cadde; e per quanto fosse tirata e picchiata, non poté rialzarsi. Rottasi frattanto la valigia, apparve il sacro vaso coll'ostia, la quale subitamente si levò in alto, cinta di bei fulgori, e tanto vi rimase che il vescovo Ludovico di Romagnano venne processionalmente col clero, e la ricevette nell'aureo calice che umilmente le protendeva".
Luigi Cibrario, Storia di Torino, Torino, 1846.

La devozione per il miracolo eucaristico del 1453 fu ben presto assunta dalla Città che promosse dapprima la costruzione di un'edicola sul luogo dell'evento, ben presto sostituita dalla chiesa dedicata al Corpus Domini. Ma l'espressione più significativa e altisonante è costituita dalle feste organizzate in occasioni dei centenari e dei cinquantenari (del 1653, 1703, 1753, 1853 e - in parte - 1803) che furono costantemente sentite come espressioni autonome della Città.
"Tanti lumi si accesero che al calar del sole pareva rinato il giorno. Ma principalmente la faccia del Palazzo della città […] sfavillava di tanti lumi in diverse figure et cifre compartiti. Nel mezzo della Piazza un'altissima pira pregna di fuochi lavorati, animata con una face da S.A.R. partorì tanti raggi di gioia e da questi nacquero tanti Fulmini, e Comete e Serpenti di fuoco, con strepitoso furor volanti verso il Cielo, et ricadenti, che rinnovavano senza favola la favola de' Giganti di Flegra". Così il letterato di corte Emanuele Tesauro, incaricato dalla Città dell'ideazione dell'apparato e della regia del cerimoniale delle celebrazioni per il duecentesimo anniversario del miracolo del Santissimo Sacramento, descrive il momento saliente della festa.
Dagli studi condotti da Mercedes Viale Ferrero nei volumi della Collana Blu dell'Archivio Storico, Il Palazzo di Città a Torino (1987) e Torino. I percorsi della religiosità (1998), emerge che le strutture effimere variarono nel tempo quanto a forme e stili ma furono sempre localizzate tra il Palazzo di Città e la chiesa del Corpus Domini, mentre una decisiva impronta concettuale fu fornita dal programma steso nel 1653 da Emanuele Tesauro e in cui si congiungevano "alle temporali, le spirituali allegrezze". Gli "apparati" furono, in quella circostanza, strettamente finalizzati all'espressione del sacro mistero. Nella luminaria estesa "per tutte le contrade" e nella "altissima Pira" dei fuochi di gioia si compendiavano le feste "temporali"; a recare "spirituali allegrezze" provvedeva "un'esquisita harmonia di voci, e sinfonia d'instrumenti musicali a due Cori". Nel 1703 i decurioni della Città, avendo constatato quanto le celebrazioni fossero utili a perpetuare la memoria dell'evento miracoloso e a stimolare la devozione popolare, determinarono che le celebrazioni dovessero avvenire ogni cinquant'anni. Dalle descrizioni a stampa che dettagliatamente riportano lo svolgimento delle feste e gli apparati messi a punto per l'occasione appare chiaro come il programma stilato dal Tesauro nell'Anno Secolare si sia conservato nel tempo sia per il rituale che per le strutture. Mutava naturalmente il gusto; mutava il clima politico, tuttavia rimanevano le luminarie, le macchine dei fuochi di gioia, la musica, e i sovrani, ospiti d'onore della manifestazione, intervenivano a dare il via alle feste che si concentravano invariabilmente tra piazza Palazzo di Città e piazza Castello.

La storia del miracolo nei fregi del Palazzo di Città
La storia del Miracolo nei fregi del Palazzo di città

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