Archivio storico della Città di Torino



Mostre

BACHECA N. 9

La fine dell'elefante Fritz segnò la fine del primo vero giardino zoologico italiano, sacrificato all'intento di Vittorio Emanuele II di realizzarne uno a Torino presso il giardino reale, aperto al pubblico, sul modello di quelli esistenti presso altre capitali europee.
Nel 1863 il progetto fu messo a punto, collocato nell'area del parco sottostante i bastioni, lungo il muro di cinta presso l'attuale corso San Maurizio.
Grosse voliere a forma di pagoda decorate in stile moresco ospitavano i volatili, mentre casotti dotati di una zona coperta e una aperta, munita di inferriate erano destinati agli animali feroci. Per ovviare al freddo invernale la grande gabbia dei primati era munita di vetrate e di impianto di riscaldamento, e riscaldati erano pure i casotti delle bestie feroci.
L'ingresso al pubblico era gratuito; l'accesso, da corso San Maurizio, consentito in alcuni giorni della settimana.
Per tutta la sua durata i rapporti tra il giardino zoologico e il museo di zoologia furono strettissimi: Filippo De Filippi e il suo successore, Michele Lessona, ricoprirono la carica di direttore di entrambi gli istituti, ruolo che consentì, come già nel caso di Stupinigi, approfonditi studi corroborati da osservazioni dirette sugli animali.
Nel 1878, con la scomparsa di Vittorio Emanuele II iniziò il declino del Reale Giardino Zoologico di Torino. Invano si tentò il passaggio della struttura al Municipio, che non andò in porto a causa degli altissimi costi di gestione.
Lo smantellamento fu condotto a termine nel 1886; la zona trasformata in maneggio reale e i fabbricati che avevano ospitato gli animali furono adibiti a serre.

Fotografia del 1870

Veduta del giardino zoologico reale in una fotografia di Giacomo Brogi, circa 1870
(Collezione Simeom, D 2686)


Guida alle Gallerie del Museo Zoologico di Torino

Guida alle Gallerie del Museo Zoologico di Torino, Torino, Stamperia dell'Unione Tipografico-Editrice, 1890
(Collezione Simeom, C 4875)


L'uso di allevare e mantenere animali esotici per mostrarli in pubblico e utilizzarli in spettacoli circensi ha radici molto antiche: già presso i romani era frequente l'utilizzo di grossi felini nei combattimenti nell'arena. In epoca più recente i centri urbani furono meta di compagnie ambulanti che mostravano animali esotici in spettacoli di piazza in occasione di fiere e feste patronali, riscuotendo enorme successo e meraviglia e lasciando spesso testimonianze iconografiche attestanti il loro passaggio. E' questo il caso dell'elefante che si esibì nel "baraccone dietro piazza Castello" dal 15 luglio al 16 agosto 1774. Lo spettacolo riscosse notevole successo e fruttò 744 lire, 2 soldi e 10 denari, pari a un quinto del ricavato, alla Società dei cavalieri, incaricata della gestione dei teatri e dei pubblici spettacoli per conto della Città.
Dovette destare minor interesse lo spettacolo con cani e scimmie svoltosi nello stesso anno al teatro delle marionette sotto la guida di Antonio Chiesa, che incassò soltanto 516 lire, 103 delle quali andarono alla Società dei cavalieri.


Spettacolo di cani e scimmie: pag. 15 spettacolo di cani e scimmie: pag. 16

Stato delli prodotti ricavati dalli Legagneur, e Trevisani, per aver fatto vedere un elefante nel Baracone dietro Piazza Castello e Stato delli prodotti ricavati dalle spettacolo de' Cani, e Scimie nel Teatro delle Marionette dato da Antonio Chiesa, 1774-1775
(Collezione IX, vol. 59, pp. 15 e 16)


In primo piano: orsi e cani ammaestrati

Palazzo creduto augustale in Torino, incisione in rame di P. Giarré, 1845
(Collezione Simeom, D 717)


Locandina illustrata

Locandina illustrata del Circo Hagenbeck esibitosi a Torino nel maggio 1911
(Collezione Simeom, C 13098)

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