Città di Torino

PROVVEDIMENTI DEL MUNICIPIO SUI CANI

Il sodalizio millenario tra uomo e cane si interrompe con lo sviluppo della città moderna. Poiché non è più indispensabile per la caccia, per sorvegliare le greggi o per fare la guardia alle cascine, il cane viene considerato un elemento inutile e pertanto la sua presenza non è più tollerata. Si trasforma anzi in pericoloso portatore di una malattia, la rabbia, che, presente da sempre, nelle statistiche abborracciate e mistificatorie degli amministratori del tempo assume le caratteristiche della malattia per antonomasia.
A partire dalla fine del Settecento la normativa abbonda di provvedimenti contro il randagismo, che assumono la dimensione di una vera e propria crociata a metà Ottocento quando, allo scopo di ridurre drasticamente i cani in città, si approva una esosa tassa di possesso e in contemporanea si dà il via a una sistematica campagna di distruzione con la distribuzione di bocconi avvelenati. Il 7 marzo 1852 è istituita una tassa sui cani di 15 lire all'anno.

Manifesto del Vicario, 8 luglio 1834
(Carte Sciolte, n. 6042)

Lettera di Chiapirone, segretario del magistrato del Consolato al sindaco di Torino, 28 giugno 1852
(Affari Polizia, cart. 25, fasc. 20, n. 30)

Lettera anonima al sindaco di Torino, 7 agosto 1852
(Affari Polizia, cart. 25, fasc. 20, n. 51)

Contrada di Dora Grossa presa dall'atrio di Palazzo Madama, litografia di Demetrio Festa su disegno di Enrico Gonin, 1835
(Collezione Simeom, D 333)