04

Gli strumenti del mestiere

Porta Palazzo fatta a mano

04

Sono le sette del mattino e Amin, in sogno, cerca di difendersi da un uomo che l’ha sorpreso alle spalle. In realtà, è sua madre che sta cercando di svegliarlo: “Su, muoviti o farai tardi”. Amin sbadiglia, si stropiccia gli occhi e si tira in piedi con lentezza. La vede sulla soglia della camera - gli sorride, dice di aver già preparato il caffè. Amin annuisce e si veste in fretta: oggi la giornata inizia prima del solito. È il compleanno di suo padre Raghib e, prima di andare ad aprire la sartoria, ha alcune commissioni da sbrigare.

Uscendo di casa, Amin trova il quartiere ancora punteggiato di lampioni accesi, ma il nero del cielo scolora nel blu dell’alba. I commercianti del mercato di Piazza della Repubblica stanno finendo di sistemare frutta e verdura. Amin si infila tra i banchi, compra i limoni e le olive per il pollo arrosto, un po’ di formaggio e anche le melanzane per lo Zaalouk, la salsa preferita di suo padre. Poi fa tappa dal macellaio, prende il pane e infine il tè alla menta da Nicoletta. Quella drogheria gli piace perché le erbe sono vendute sfuse, dunque hanno un gusto più intenso rispetto a quelle in bustina.

Guarda Nicoletta che pesa le foglie sulla bilancia di ottone, un oggetto antico che si trova lì da quando il padre ha aperto il negozio negli anni Sessanta. Amin non ha idea di come funzioni e non smette di ammirare Nicoletta che sposta i minuscoli pesi sui piattelli. “Com’è che si usa?”, chiede. Lei risponde che è un segreto di famiglia e scoppiano a ridere.

Fuori si è fatto giorno e l’ultima tappa di Amin è il negozio di liquori. Essendo di fede musulmana, lui non beve alcol, ma basta dare un’occhiata alla vetrina per capire che lì dentro c’è molto altro: marmellate, cioccolato, biscotti, caramelle, pasta, tutti disposti in ordine, con il cartellino del prezzo scritto a mano, in corsivo. La grafia rotonda ed elegante appartiene all’anziano proprietario che ormai non la esercita più così spesso perché, con l’età, gli occhi si affaticano in fretta, eppure i suoi cartellini fanno talmente colpo sui clienti che i figli gli hanno chiesto di scrivere l’intero alfabeto su un foglio, lettera per lettera, e di scansionarlo… per poter riprodurre gli stessi cartellini con la stampante! Amin lo sa perché gliel’ha raccontato Claudia, la stessa che ora gli fa l’occhiolino dall’altro lato del bancone. “Io lo so già cosa vuoi”, dice, e Amin annuisce perché è vero: poi resta in silenzio mentre lei impacchetta la scatola di Paste di Meliga e quella del Torrone, di cui suo padre è ghiotto: “Fai gli auguri a Raghib”.

Amin ritorna a casa, entra in cucina, consegna la spesa alla mamma, che lo ringrazia. Poi ridiscende subito in strada affrettando il passo perché oggi c’è molto lavoro da fare. E, in effetti, a lui non dispiace affatto. All’inizio non ne voleva proprio sapere della sartoria, ma adesso che ha imparato il mestiere non farebbe nient’altro. Gli piace sedersi al tavolo e stendere il metro sul tessuto, tracciare le sagome col gesso, tagliare, cucire. Alla fine ne viene sempre fuori qualcosa di unico, personale. E quando non si tratta di creazioni e bisogna solo rattoppare un giaccone, ad Amin non dispiace comunque: ogni abito ha una sua storia e, quando lui lo aggiusta, le permette di continuare. A sentire il picchiettio della macchina da cucire gli viene in mente il rumore delle dita sulla tastiera e gli sembra quasi di poterla scrivere lui.

Quel picchiettio è un suono che Amin conosce bene: lo accompagna da sempre. E adesso lo accoglie in sartoria dove suo padre Raghib alza gli occhi dai pantaloni a cui sta facendo l’orlo. “Sono già le dieci…”, lo rimprovera. Non sa che il figlio è in ritardo perché gli ha preparato una sorpresa per stasera.

All’inizio non ne voleva proprio sapere della sartoria, ma adesso che ha imparato il mestiere non farebbe nient’altro. Gli piace sedersi al tavolo estendere il metro sul tessuto, tracciare le sagome col gesso, tagliare, cucire.Alla fine ne viene sempre fuori qualcosa di unico, personale.