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“I torinesi sono come i loro palazzi: da fuori sembrano così rigidi, misurati, eleganti. Ma poi schiudi il portone, ti affacci e allora t’innamori del calore della vita che fiorisce nel giardino”. Franco lo dice sorridendo e deve trattarsi di un pensiero meditato a lungo perché, quando gli dà voce, si sente l’orgoglio di chi ha scoperto un segreto.

È arrivato in Italia dal Libano trentacinque anni fa e non ha più lasciato Torino perché, dice lui, ha imparato sulla sua pelle che quel che ci fa innamorare di un luogo non è la sua estetica, né la sua geografia, ma l’animo che nasconde. La sensazione con cui ti pervade facendoti sentire a casa. Per ognuno, quella sensazione può schiudersi in maniera diversa: può coincidere con l’inizio di una piccola avventura, può essere ispirata da una certa atmosfera, da un momento di risate inaspettate o magari dal piacere di ritrovarsi nella storia di un’altra persona con cui si condividono aspettative, desideri, valori, malgrado le diverse esperienze alle spalle...

A Torino c’è un luogo che custodisce in sé un animo capace di accogliere: un luogo, anzi, che sembra fatto apposta per questo. Si chiama Porta Palazzo e i motivi che rendono il quartiere così ospitale sono numerosi. Per cominciare, la sua architettura. Quella  che ha colpito Franco quando è arrivato in città, la stessa che gli piace ammirare anche oggi, mentre cammina tra le vie che ormai conosce a memoria.  Prestando attenzione, ci si accorge infatti che il quartiere si raccoglie tutto attorno a una forma inequivocabile, definita dal nome stesso. Una porta. Un’entrata. Un invito a ritrovarsi insieme. Una soglia che, una volta varcata, ci spalanca uno spazio dove passato e presente coesistono. C’è il passato che vive e si rinnova nelle botteghe storiche, nella voce di Cinzia che racconta del padre che le insegnava l’arte del restauro, negli occhi truccati di Ahamed mentre guarda con fierezza le pietre colorate che importa dal Pakistan - lo fa da così tanti anni che ormai ha smesso di contarli… E poi, il tempo splende sulle bancarelle d’antiquariato, agli angoli delle vie più antiche, nella memoria di chi sta lì da sempre.

Ma nello stesso momento, passeggiando per Porta Palazzo s’incontra il presente di un centro animato, pulsante, che si veste dei colori del mercato ortofrutticolo e dei prodotti tipici italiani, di quello delle scarpe, gli abiti, i prodotti casalinghi, persino i fiori. Il presente che si accende grazie all’energia della gente che lo anima: Salvatore, Miriam, Giuseppe, Wayl, Nicoletta, Claudia, Mohammed e tutti gli altri. Un’armonia di persone arrivate da ogni parte del mondo che costruiscono, giorno dopo giorno, il futuro delle nuove forme di convivenza e di comunità.

Per questo il quartiere è un luogo in cui ci si sente a casa, sicuri, un posto in cui ci si aiuta a vicenda, per mostrare come un incontro felice tra idee e culture sia possibile, e forse neanche così difficile. Ed è per questo che Franco è rimasto qui, a Porta Palazzo, dove ha aperto il suo Bistrot. Lì, ogni giorno, Franco aspetta il momento che segue alla cena, quello in cui gli ultimi clienti, invece che pagare il conto e uscire nel buio fresco della città, decidono di rimanere un altro po’, per sorseggiare insieme lui un bicchiere di Arak, il latte di leone, e raccontarsi qualcosa che fa sorridere.

Perché l’anima di Porta Palazzo è la condivisione, il segreto che tiene sempre aperte le porte della città.

I torinesi sono come i loro palazzi: da fuori sembrano così rigidi, misurati, eleganti. Ma poi schiudi il portone, ti affacci e allora t’innamori del calore della vita che fiorisce nel giardino.